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Tentativo di estorsione: quando scatta il reato?

La Procura ha impugnato una decisione che negava una misura cautelare per un indagato accusato di tentato di estorsione aggravata dal metodo mafioso. I giudici di merito avevano ritenuto che, non essendo la vittima stata contattata, il proposito criminale fosse rimasto nella fase preparatoria non punibile. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, affermando che anche gli atti preparatori, come l’attivazione di intermediari e il recarsi presso la sede della vittima, costituiscono un tentativo punibile quando manifestano in modo inequivocabile l’intenzione di commettere il reato e hanno una probabilità significativa di successo. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentativo di Estorsione: La Cassazione Chiarisce il Confine tra Preparazione e Reato

Il tentativo di estorsione rappresenta una delle figure di reato più delicate da accertare. La linea di demarcazione tra un’intenzione criminale non ancora punibile e un’azione che integra il tentativo di reato è spesso sottile. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 6607/2024) offre un’analisi cruciale su questo tema, stabilendo che anche atti preparatori possono essere sufficienti a configurare il reato, a patto che siano idonei e diretti in modo inequivocabile a realizzarlo. Vediamo nel dettaglio il caso e i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Caso: un Progetto Estorsivo nel Settore Funebre

La vicenda ha origine da un’indagine su un’associazione di stampo mafioso interessata a controllare le attività delle agenzie di onoranze funebri operanti presso un ospedale locale. Il reggente di una cosca mafiosa, insieme a un complice, aveva pianificato di avvicinare la titolare di un’impresa funebre. Per farlo, si erano rivolti a un collaboratore occasionale della stessa imprenditrice, incaricandolo di fare da tramite.

Il piano prevedeva che questo intermediario organizzasse un incontro. Gli indagati si erano persino recati presso la sede dell’impresa per attendere la vittima, che però non si era presentata. Le conversazioni intercettate hanno rivelato chiaramente il progetto criminale e i tentativi di contattare la persona offesa, sebbene il contatto diretto non sia mai avvenuto.

La Decisione dei Giudici di Merito: un Tentativo Non Punibile?

Inizialmente, sia il Giudice per le Indagini Preliminari (G.i.p.) che il Tribunale del riesame avevano rigettato la richiesta di applicazione di una misura cautelare nei confronti di uno degli indagati. La loro motivazione si basava sull’assunto che, non essendoci stato alcun contatto con la vittima, il proposito estorsivo fosse rimasto confinato nella sfera interna dei coindagati, senza mai manifestarsi all’esterno. Di conseguenza, l’azione non avrebbe superato la soglia degli atti preparatori, configurandosi come un tentativo non punibile.

L’Appello della Procura e il focus sul Tentativo di Estorsione

La Procura ha impugnato questa decisione, sostenendo che le azioni compiute dagli indagati avessero già raggiunto una fase esecutiva. Secondo l’accusa, il coinvolgimento di un intermediario, la pianificazione dettagliata e il recarsi sul luogo di lavoro della vittima costituivano atti idonei e diretti in modo non equivoco a commettere l’estorsione. Questi elementi, nel loro insieme, avrebbero dovuto essere valutati come sufficienti a integrare gli estremi del tentativo di estorsione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della Procura, annullando l’ordinanza impugnata e rinviando il caso per un nuovo giudizio. I giudici supremi hanno chiarito un principio fondamentale: per la configurabilità del tentativo non rilevano solo gli atti esecutivi in senso stretto, ma anche quelli preparatori, a determinate condizioni.

Il punto centrale della motivazione risiede nella valutazione oggettiva della condotta. Secondo la Corte, il giudice non deve focalizzarsi solo sull’esito finale (il mancato incontro con la vittima), ma deve analizzare ‘ex ante’ se le azioni compiute avevano la potenzialità concreta di realizzare il delitto. In questo caso, gli elementi raccolti erano significativi:

* Piano criminoso dettagliato: L’intenzione di controllare le agenzie funebri era chiara.
* Attivazione di terzi: Il coinvolgimento di un intermediario, collaboratore della vittima, per recapitare il ‘messaggio’ era un passo concreto verso l’esecuzione.
* Azioni materiali: Il recarsi presso la sede dell’impresa dimostrava che il proposito non era più solo un’intenzione, ma si era tradotto in un’azione esterna.

La Corte ha specificato che quando un piano criminoso è stato definito in ogni dettaglio e la sua attuazione è iniziata, l’azione ha già una probabilità significativa di raggiungere l’obiettivo. Il reato si sarebbe consumato se non fossero intervenuti eventi imprevedibili e indipendenti dalla volontà degli agenti (in questo caso, l’assenza della vittima). Pertanto, il Tribunale avrebbe dovuto valutare unitariamente tutte queste circostanze per stabilire se fosse stata superata la soglia della punibilità.

Conclusioni: le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un orientamento giurisprudenziale cruciale nella lotta alla criminalità, specialmente quella organizzata. Stabilisce che non è necessario attendere che la minaccia estorsiva giunga a destinazione per poter intervenire. Azioni concrete e inequivocabilmente dirette a commettere il reato sono sufficienti per configurare il tentativo punibile.

Le implicazioni sono notevoli: questo principio rafforza gli strumenti a disposizione degli inquirenti, permettendo di agire in una fase precedente e di interrompere i piani criminali prima che producano i loro effetti dannosi. La decisione sottolinea l’importanza di una valutazione complessiva e oggettiva degli indizi, che vada oltre il mero risultato dell’azione, per accertare la reale pericolosità della condotta e la sua idoneità a ledere il bene giuridico protetto.

Quando un atto preparatorio diventa un tentativo di estorsione punibile?
Un atto preparatorio diventa un tentativo punibile quando, pur non essendo un atto esecutivo, fa ritenere fondatamente che l’agente abbia iniziato ad attuare un piano criminoso definito, e l’azione ha una probabilità significativa di raggiungere l’obiettivo, salvo eventi imprevedibili e indipendenti dalla sua volontà.

È necessario che la vittima dell’estorsione sia effettivamente contattata perché si configuri il tentativo?
No, la sentenza chiarisce che il contatto diretto con la vittima non è un requisito indispensabile. Il reato di tentativo di estorsione può configurarsi anche se la richiesta non perviene al destinatario, a condizione che siano stati compiuti atti idonei e inequivocabilmente diretti a tale scopo, come recarsi sul posto o attivare un intermediario.

Quali elementi deve valutare il giudice per stabilire se si è superata la soglia del tentativo punibile?
Il giudice deve compiere una valutazione oggettiva ‘ex ante’ (a priori) per verificare l’idoneità dell’atto e l’univocità della sua direzione. Deve considerare unitariamente tutti gli elementi, come le conversazioni intercorse, l’attivazione di terzi per raggiungere la vittima e le azioni materiali compiute (es. recarsi sul luogo del reato), per determinare se la condotta aveva la potenzialità concreta di realizzare il delitto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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