Tentate Lesioni: i Limiti del Ricorso in Cassazione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, offre importanti chiarimenti sui confini del giudizio di legittimità, in particolare quando si discute di tentate lesioni e delle relative attenuanti. Il caso riguarda un ricorso dichiarato inammissibile perché basato su motivi che richiedevano una rivalutazione dei fatti, compito precluso alla Suprema Corte. Analizziamo la decisione per comprendere meglio i principi applicati.
I Fatti del Caso: Il Lancio dell’Oggetto Incendiario
I fatti alla base della vicenda processuale vedono un imputato condannato nei gradi di merito per il reato di tentate lesioni. L’azione contestata consisteva nell’aver lanciato una bomboletta, avvolta in garza e data alle fiamme, all’interno di una cella. Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, articolando tre motivi principali: la riqualificazione del fatto in semplice minaccia, l’applicazione dell’attenuante della provocazione e la contestazione della ritenuta recidiva.
L’Analisi della Corte sulle Tentate Lesioni
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. I giudici hanno sottolineato come le argomentazioni della difesa fossero dirette a ottenere una nuova e diversa valutazione del compendio probatorio, un’attività che esula dalle competenze della Corte di legittimità. Quest’ultima, infatti, può solo verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non riesaminare le prove.
La Distinzione tra Tentate Lesioni e Minaccia
Sul primo punto, la difesa chiedeva di considerare l’azione come una minaccia e non come un tentativo di lesione. La Corte ha respinto questa tesi, confermando la valutazione dei giudici di merito. Il lancio di un oggetto incendiato è stato considerato un atto oggettivamente e soggettivamente idoneo e diretto in modo non equivoco a ledere l’integrità fisica della vittima. La natura stessa del gesto superava ampiamente i confini della semplice intimidazione.
La Provocazione Esclusa per Sproporzione della Reazione
L’imputato sosteneva di aver agito in reazione a una frase provocatoria e omofoba. Tuttavia, la Corte ha confermato la decisione dei giudici di appello di non concedere l’attenuante della provocazione (art. 62, n. 2, c.p.). La motivazione è duplice: in primo luogo, è emerso che la frase non era rivolta direttamente all’imputato; in secondo luogo, e in modo decisivo, è stata ravvisata un’evidente sproporzione tra la presunta offesa verbale e la reazione violenta, consistente nel lanciare un ordigno incendiario.
La Conferma della Recidiva
Infine, anche la contestazione sulla recidiva è stata respinta. La Corte ha evidenziato come i giudici di merito avessero adeguatamente motivato la sua applicazione, richiamando i numerosi e specifici precedenti penali dell’imputato. Tali precedenti dimostravano, secondo la Corte, una ‘perdurante inclinazione a delinquere’ e una sostanziale indifferenza al rispetto della legge, giustificando così l’aggravante.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Corte si fonda sul principio consolidato secondo cui il ricorso per cassazione non è un ‘terzo grado’ di giudizio nel quale si possono riesaminare i fatti. Il ricorrente, secondo la Corte, ha proposto argomenti meramente reiterativi di quelli già esaminati e logicamente respinti dalla Corte d’Appello. La motivazione della sentenza impugnata è stata giudicata coerente, logica e priva di vizi, rendendo il ricorso insindacabile in sede di legittimità. La condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende è la diretta conseguenza della declaratoria di inammissibilità.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un concetto fondamentale del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione è giudice della legge, non del fatto. Le richieste di riqualificazione di un reato come le tentate lesioni o di applicazione di attenuanti devono basarsi su vizi di legittimità della sentenza e non su una diversa interpretazione delle prove. Il caso evidenzia inoltre come il principio di proporzionalità sia cruciale nella valutazione della provocazione: una reazione violenta e pericolosa non può mai essere giustificata da una semplice offesa verbale, soprattutto se non diretta all’autore del gesto.
Quando un’azione violenta può essere considerata tentate lesioni e non semplice minaccia?
Secondo la Corte, si configurano le tentate lesioni quando gli atti compiuti sono, per loro natura e contesto, idonei e diretti in modo non equivoco a ledere l’integrità fisica di una persona, come nel caso del lancio di un oggetto incendiato, superando la mera intimidazione.
Perché l’attenuante della provocazione non è stata riconosciuta in questo caso?
La Corte ha escluso la provocazione per due ragioni: la presunta frase offensiva non era rivolta direttamente al ricorrente e, soprattutto, la reazione di lanciare un ordigno incendiario è stata ritenuta palesemente sproporzionata rispetto a un’offesa verbale.
Cosa rende un ricorso in Cassazione inammissibile?
Un ricorso è inammissibile quando, invece di denunciare vizi di legittimità della sentenza (come violazioni di legge o errori logici nella motivazione), si limita a chiedere alla Corte di rivalutare le prove e i fatti già esaminati dai giudici di merito, un compito che non rientra nei poteri della Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9331 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9331 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato a CANTU il 04/06/1979
avverso la sentenza del 10/09/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che il ricorso risulta proposto con motivi non deducibili, in qua diretti a una rivalutazione della piattaforma probatoria, in un’ottica mer reiterativa a fronte di una motivazione della Corte territoriale coerente con istruttorio e scevra di illogicità e quindi insindacabile in questa sede;
che, quanto al primo motivo, che sollecita la riqualificazione delle t lesioni a titolo di minaccia, la sentenza impugnata ha congruamente esplica ragioni per cui nel contegno tenuto dal COGNOME (lancio di una bomboletta avv da garza e incendiata all’interno di una cella) siano chiaramente ravvisabili, piano soggettivo che su quello materiale, atti idonei diretti in modo non eq a ledere l’integrità fisica della vittima (pp. 3-4);
che, quanto al secondo motivo di ricorso, con cui si contesta l’om applicazione dell’art. 62, n. 2, cod. pen., la Corte di appello s congruamente come la frase provocatoria ed omofoba non fosse rivolta all’indiri del ricorrente, data la sua estraneità all’alterco nel cui contesto es pronunciata, e comunque sussista un’evidente sproporzione tra la reazione presunta offesa verbale (p. 4);
che, quanto al terzo motivo di ricorso, con cui si contesta la ritenuta r i giudici di appello, contrariamente a quanto contestato, hanno congruame motivato, richiamando i numerosi precedenti anche specifici, tali da dimostra perdurante inclinazione a delinquere e l’indifferenza al rispetto dell nonostante le pregresse condanne (p. 4);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento d spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa ammende.
Così deciso, il 4 febbraio 2025.