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Tentate lesioni: quando il ricorso è inammissibile

Un soggetto condannato per tentate lesioni per aver lanciato un oggetto incendiario in una cella, ha presentato ricorso in Cassazione chiedendo la riqualificazione del reato in minaccia e il riconoscimento dell’attenuante della provocazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, sostenendo che le richieste miravano a una non consentita rivalutazione dei fatti. È stato confermato che l’atto era inequivocabilmente diretto a ledere, la reazione era sproporzionata rispetto a qualsiasi offesa verbale e la recidiva era stata correttamente applicata sulla base dei numerosi precedenti.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentate Lesioni: i Limiti del Ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, offre importanti chiarimenti sui confini del giudizio di legittimità, in particolare quando si discute di tentate lesioni e delle relative attenuanti. Il caso riguarda un ricorso dichiarato inammissibile perché basato su motivi che richiedevano una rivalutazione dei fatti, compito precluso alla Suprema Corte. Analizziamo la decisione per comprendere meglio i principi applicati.

I Fatti del Caso: Il Lancio dell’Oggetto Incendiario

I fatti alla base della vicenda processuale vedono un imputato condannato nei gradi di merito per il reato di tentate lesioni. L’azione contestata consisteva nell’aver lanciato una bomboletta, avvolta in garza e data alle fiamme, all’interno di una cella. Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, articolando tre motivi principali: la riqualificazione del fatto in semplice minaccia, l’applicazione dell’attenuante della provocazione e la contestazione della ritenuta recidiva.

L’Analisi della Corte sulle Tentate Lesioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. I giudici hanno sottolineato come le argomentazioni della difesa fossero dirette a ottenere una nuova e diversa valutazione del compendio probatorio, un’attività che esula dalle competenze della Corte di legittimità. Quest’ultima, infatti, può solo verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non riesaminare le prove.

La Distinzione tra Tentate Lesioni e Minaccia

Sul primo punto, la difesa chiedeva di considerare l’azione come una minaccia e non come un tentativo di lesione. La Corte ha respinto questa tesi, confermando la valutazione dei giudici di merito. Il lancio di un oggetto incendiato è stato considerato un atto oggettivamente e soggettivamente idoneo e diretto in modo non equivoco a ledere l’integrità fisica della vittima. La natura stessa del gesto superava ampiamente i confini della semplice intimidazione.

La Provocazione Esclusa per Sproporzione della Reazione

L’imputato sosteneva di aver agito in reazione a una frase provocatoria e omofoba. Tuttavia, la Corte ha confermato la decisione dei giudici di appello di non concedere l’attenuante della provocazione (art. 62, n. 2, c.p.). La motivazione è duplice: in primo luogo, è emerso che la frase non era rivolta direttamente all’imputato; in secondo luogo, e in modo decisivo, è stata ravvisata un’evidente sproporzione tra la presunta offesa verbale e la reazione violenta, consistente nel lanciare un ordigno incendiario.

La Conferma della Recidiva

Infine, anche la contestazione sulla recidiva è stata respinta. La Corte ha evidenziato come i giudici di merito avessero adeguatamente motivato la sua applicazione, richiamando i numerosi e specifici precedenti penali dell’imputato. Tali precedenti dimostravano, secondo la Corte, una ‘perdurante inclinazione a delinquere’ e una sostanziale indifferenza al rispetto della legge, giustificando così l’aggravante.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda sul principio consolidato secondo cui il ricorso per cassazione non è un ‘terzo grado’ di giudizio nel quale si possono riesaminare i fatti. Il ricorrente, secondo la Corte, ha proposto argomenti meramente reiterativi di quelli già esaminati e logicamente respinti dalla Corte d’Appello. La motivazione della sentenza impugnata è stata giudicata coerente, logica e priva di vizi, rendendo il ricorso insindacabile in sede di legittimità. La condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende è la diretta conseguenza della declaratoria di inammissibilità.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un concetto fondamentale del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione è giudice della legge, non del fatto. Le richieste di riqualificazione di un reato come le tentate lesioni o di applicazione di attenuanti devono basarsi su vizi di legittimità della sentenza e non su una diversa interpretazione delle prove. Il caso evidenzia inoltre come il principio di proporzionalità sia cruciale nella valutazione della provocazione: una reazione violenta e pericolosa non può mai essere giustificata da una semplice offesa verbale, soprattutto se non diretta all’autore del gesto.

Quando un’azione violenta può essere considerata tentate lesioni e non semplice minaccia?
Secondo la Corte, si configurano le tentate lesioni quando gli atti compiuti sono, per loro natura e contesto, idonei e diretti in modo non equivoco a ledere l’integrità fisica di una persona, come nel caso del lancio di un oggetto incendiato, superando la mera intimidazione.

Perché l’attenuante della provocazione non è stata riconosciuta in questo caso?
La Corte ha escluso la provocazione per due ragioni: la presunta frase offensiva non era rivolta direttamente al ricorrente e, soprattutto, la reazione di lanciare un ordigno incendiario è stata ritenuta palesemente sproporzionata rispetto a un’offesa verbale.

Cosa rende un ricorso in Cassazione inammissibile?
Un ricorso è inammissibile quando, invece di denunciare vizi di legittimità della sentenza (come violazioni di legge o errori logici nella motivazione), si limita a chiedere alla Corte di rivalutare le prove e i fatti già esaminati dai giudici di merito, un compito che non rientra nei poteri della Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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