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Tentata truffa CTU: la Cassazione sui compensi falsi

Un consulente tecnico d’ufficio (CTU) è stato accusato di tentata truffa per aver richiesto al giudice la liquidazione di compensi basati su fatture false. La Corte di Cassazione ha confermato che tale condotta integra il reato, distinguendolo dalla ‘truffa processuale’. La Corte ha anche respinto l’eccezione di prescrizione, chiarendo il calcolo dei periodi di sospensione, inclusi quelli legati all’emergenza Covid-19. I ricorsi degli imputati sono stati dichiarati inammissibili.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentata truffa CTU: la Cassazione sui compensi falsi

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21062/2024, affronta un caso significativo di tentata truffa CTU, delineando i confini tra questo reato e la cosiddetta “truffa processuale”. La decisione chiarisce quando la richiesta di liquidazione di compensi, basata su documentazione fittizia e presentata al giudice, integra gli estremi del delitto di truffa. Questo articolo analizza i fatti, il percorso giudiziario e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I fatti del processo

La vicenda giudiziaria ha origine da due distinti capi d’accusa. Il primo riguardava un reato di falsa perizia in concorso tra un consulente tecnico d’ufficio (CTU) e una delle parti del processo civile. Secondo l’accusa, il CTU avrebbe firmato una perizia in realtà redatta dalla parte processuale. Il secondo capo d’imputazione, fulcro della decisione della Cassazione, contestava al solo CTU il reato di tentata truffa. Nello specifico, il consulente, al termine del suo incarico, aveva depositato un’istanza di liquidazione dei propri onorari allegando fatture e giustificativi per spese mai sostenute, con l’intento di indurre in errore il giudice e ottenere un rimborso indebito.

Il Tribunale di primo grado aveva condannato entrambi gli imputati. Successivamente, la Corte d’Appello aveva dichiarato prescritto il reato di falsa perizia, ma aveva confermato la responsabilità del CTU per la tentata truffa, pur rideterminando la pena. Contro questa decisione, gli imputati hanno proposto ricorso in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili entrambi i ricorsi, confermando la condanna per il consulente. Le argomentazioni della difesa sono state respinte punto per punto, fornendo chiarimenti cruciali su due aspetti principali: la qualificazione giuridica della condotta e il calcolo della prescrizione.

La qualificazione della tentata truffa CTU

Il difensore del CTU sosteneva che la condotta non potesse integrare una tentata truffa CTU, in quanto la richiesta di pagamento era rivolta a un giudice, soggetto che non compie un atto di disposizione patrimoniale libero ma esercita un potere giurisdizionale. La Cassazione ha rigettato questa tesi, operando una distinzione fondamentale con la “truffa processuale”.

Secondo la Corte, la truffa processuale (che non costituisce reato) si verifica quando si inganna il giudice per ottenere una sentenza favorevole in una controversia. In quel caso, manca l’atto di disposizione patrimoniale. Nel caso di specie, invece, il CTU non mirava a vincere una causa, ma a ottenere la liquidazione di somme di denaro. L’atto del giudice che liquida i compensi è un vero e proprio atto dispositivo a contenuto patrimoniale. Di conseguenza, gli artifici e raggiri (le fatture false) posti in essere per indurre in errore il giudice su tale liquidazione integrano pienamente il reato di tentata truffa.

Il calcolo della prescrizione e l’impatto del COVID-19

Un altro motivo di ricorso riguardava la prescrizione del reato di tentata truffa. La difesa sosteneva che il termine fosse maturato prima della sentenza d’appello. La Cassazione ha ritenuto infondata anche questa eccezione, ricostruendo meticolosamente il calcolo. Al termine di prescrizione ordinario sono stati aggiunti due periodi di sospensione: uno di 24 giorni per un legittimo impedimento del difensore e uno di 64 giorni per la sospensione dei termini processuali disposta dalla normativa emergenziale per la pandemia da Covid-19. Grazie a questa sospensione complessiva di 88 giorni, la sentenza d’appello è stata pronunciata l’ultimo giorno utile, prima che il reato si estinguesse.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale. Viene ribadito che la condotta dell’extraneus che, con artifici e raggiri, induce in errore il giudice a liquidare somme non dovute, integra il reato di truffa. Il provvedimento di liquidazione del compenso del CTU non è espressione di potere giurisdizionale che dirime una controversia, ma un atto dispositivo che incide sul patrimonio. Pertanto, il deposito dell’istanza corredata da documentazione mendace costituisce un atto idoneo e diretto in modo non equivoco a trarre in inganno il giudice, configurando così il tentativo.

Per quanto riguarda gli altri motivi di ricorso, la Corte li ha giudicati inammissibili in quanto tendenti a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. In particolare, è stato ritenuto inammissibile il motivo con cui si contestava la qualificazione del reato di falsa perizia (ormai prescritto), poiché l’imputato non ha dimostrato un interesse concreto e attuale alla diversa qualificazione ai fini della responsabilità civile.

Le conclusioni

La sentenza n. 21062/2024 della Cassazione è di notevole importanza pratica. In primo luogo, consolida il principio per cui la richiesta di liquidazione di compensi gonfiati o basati su spese inesistenti da parte di un ausiliario del giudice, come il CTU, costituisce tentata truffa CTU e non una non punibile truffa processuale. In secondo luogo, offre un prezioso riferimento sul calcolo dei termini di prescrizione, chiarendo l’applicazione delle sospensioni legate sia a impedimenti specifici sia a normative emergenziali come quella per il Covid-19. La decisione riafferma la necessità di correttezza e trasparenza da parte dei professionisti che operano al servizio della giustizia, sanzionando penalmente le condotte fraudolente volte a ottenere un ingiusto profitto.

La richiesta di liquidazione di compensi non dovuti da parte di un CTU al giudice costituisce tentata truffa?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, tale condotta integra il reato di tentata truffa. A differenza della ‘truffa processuale’ (che mira a ottenere una sentenza favorevole), in questo caso il CTU, tramite artifici come fatture false, cerca di indurre in errore il giudice per ottenere un provvedimento di liquidazione, che è un atto dispositivo a contenuto patrimoniale.

Come si calcolano i periodi di sospensione della prescrizione legati all’emergenza Covid-19?
La Corte ha confermato che la sospensione del termine di prescrizione prevista dall’art. 83, comma 4, del d.l. n. 18/2020 (64 giorni) si applica ai procedimenti per i quali era fissata un’udienza nel periodo compreso tra il 9 marzo e l’11 maggio 2020. Questo periodo di sospensione si somma ad altri eventuali periodi (come quelli per legittimo impedimento del difensore) posticipando la data di estinzione del reato.

Un imputato può contestare la qualificazione giuridica di un reato se questo è stato dichiarato prescritto?
No, a meno che non dimostri di avere un interesse concreto e attuale a farlo. La Corte ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso sulla qualificazione del reato di falsa perizia, poiché, essendo il reato estinto per prescrizione, una diversa qualificazione non avrebbe eliminato la responsabilità civile dell’imputato, che sarebbe comunque potuta derivare da un’altra fattispecie di reato (es. falso ideologico).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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