Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 5723 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 5723 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nata a MILANO il 03/08/1987 avverso la sentenza del 19/06/2024 della CORTE di APPELLO di MILANO
Esaminati gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN FATTO
Con sentenza del 19/06/2024 la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano emessa il 29/09/2021, ha assolto l’imputata appellante NOME COGNOME NOME dal reato ascrittole sub b), confermando il giudizio di responsabilità per il reato di tentata truffa aggravata di cui al capo a) e rideterminando la pena in mesi quattro di reclusione ed euro 400,00 di multa, previo riconoscimento di circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità.
In sintesi, l’imputata è stata ritenuta responsabile, in concorso con altra persona, di aver falsificato due assegni bancari non trasferibili, ciascuno dell’importo di euro 55.000, emessi sul conto corrente di un parente defunto, e di aver tentato di incassarli, ponendo in essere, in tal modo, atti diretti in modo non
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equivoco a trarre in errore la Banca, in danno dell’ente ecclesiastico (Istituto per il sostentamento del clero), nominato erede universale con testamento olografo.
Avverso la sentenza di appello propone ricorso per cassazione il difensore di fiducia e procuratore speciale dell’imputata, sulla base di sei motivi, eccependo:
l’esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri (art. 606, comma 1, lett. a, cod. proc. pen.), con riferimento alla mancata dichiarazione di tardività dell’opposizione alla richiesta di archiviazione, proposta oltre il termine perentorio di venti giorni, con conseguente instaurazione del procedimento penale;
violazione di legge circa la legittimazione del soggetto, procuratore delegato del Vescovo, che aveva denunciato la truffa, non essendo stata prodotto in giudizio la relativa procura;
violazione di legge con riferimento ai requisiti del delitto di truffa, in relazion alla prova della partecipazione alla falsificazione del titolo, in circostanze di tempo e di luogo incompatibili con la presenza altrove dell’imputata; insussistenza degli artifizi e raggiri (in ogni caso, la mera compilazione della parte relativa al luogo ed all’importo in lettere non integrava alcuna fattispecie di reato), all’induzione i errore (l’operazione di incasso dell’assegno era stata comunque bloccata dalla banca), all’ingiusto profitto e al danno, mai arrecato a terzi (le presunte truffatric erano in realtà esse stesse eredi, beneficiarie dei titoli di credito in questione);
mancata assunzione e valutazione corretta di una prova decisiva (perizia grafica, avente valore indiziario, contraddetta dalle conclusioni del consulente di parte e dalle dichiarazioni di testimoni);
vizio di motivazione circa il giudizio di colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio, non essendo stata provata, in particolare, la falsificazione della firma del correntista;
vizio di motivazione circa l’interpretazione delle dichiarazioni testimoniali e l’esame della documentazione prodotta.
RITENUTO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi non consentiti e, comunque, privi della specificità necessaria ex artt. 581, comma 1, e 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
1.1. Con il primo motivo, si eccepisce ai sensi della lettera a) del comma 1 dell’art. 606 cod. proc. pen. la tardività dell’opposizione all’archiviazione in quanto presentata oltre il termine di venti giorni, previsto dall’art. 408, comma 3, cod. proc. pen., con conseguente pretesa inammissibilità della stessa e di tutti gli atti conseguenti.
La doglianza riguarda, quindi, l’esercizio di un’attività tipicamente giurisdizionale (l’archiviazione per infondatezza della notizia di reato e l’interpretazione delle norme che disciplinano il relativo procedimento), per cui non viene in rilievo l’esercizio da parte del giudice di alcuna potestà riservata ad altri organi ovvero non consentita al pubblico potere.
Sotto il profilo della violazione di legge penale, l’eccezione è aspecifica, perché non si confronta con le argomentazioni a riguardo della Corte di appello che ha correttamente richiamato l’indirizzo giurisprudenziale circa la natura non perentoria del termine previsto dall’art. 408, comma 3, cod. proc. pen (Sez. 2, n. 43229 del 07/10/2022, COGNOME, Rv. 284050; in motivazione la Corte ha precisato che la persona offesa è legittimata a proporre opposizione, sia pur tardiva, fintanto che non sia adottato il decreto di archiviazione).
Infine, la Corte territoriale ha opportunamente osservato come rientri nei poteri del giudice la valutazione della fondatezza dell’archiviazione, a prescindere dalle sollecitazioni della persona offesa.
1.2. Anche il secondo motivo è generico, in quanto si limita a reiterare doglianze proposte in appello, senza confrontarsi con il provvedimento impugnato.
La Corte territoriale ha rilevato, infatti, che il querelante si è qualificato come “presidente e legale rappresentante” dell’Istituto diocesano, con ciò affermando la propria legittimazione, atteso che l’art. 337 cod. proc. pen. non richiede l’allegazione dell’atto di conferimento dei poteri di rappresentanza; ha osservato, inoltre, che la difesa non ha dimostrato la non veridicità della dichiarazione resa in ordine ai poteri di rappresentanza.
Tali conclusioni sono in linea con i principi espressi a riguardo dalla giurisprudenza di legittimità, in base ai quali, ai fini della riferibilità della quer ad una persona giuridica, la previsione di cui all’art. 337 cod. proc. pen. si limita a richiedere l’indicazione della fonte dei poteri di rappresentanza da parte del soggetto che la presenta e non già la prova della veridicità delle dichiarazioni di quest’ultimo sul punto, con la conseguenza che detta veridicità deve presumersi fino a contraria dimostrazione (Sez. 2, n. 23534 del 18/04/2019, Diaz, Rv. 276663).
1.3. Gli ulteriori motivi attengono al merito ed introducono in sede di legittimità una rivalutazione non consentita delle risultanze istruttorie.
Con argomentazioni immuni da vizi di logici, i giudici del merito hanno accertato l’abusiva compilazione dei titoli di credito da parte delle due imputate, richiamando le conclusioni del perito, nominato a seguito delle contestazioni della difesa circa l’esame grafologico eseguito su incarico del PM, attestante che “le parole cinquantacinquemila e NOME COGNOME, presenti sul recto di entrambi gli assegni sono riconducibili alla scrittura della sig.ra NOME“.
La perizia ha confermato che “le manoscritture in stampatello a compilazione del nome e del cognome del beneficiario e dell’importo, nonché le manoscritture a compilazione dell’importo in cifre sono opera grafica di NOME“, affermazione ribadita in dibattimento, nel contraddittorio delle parti.
Tale falsificazione, a ragione, è stata ritenuta integrativa degli artifici e raggiri idonei ad indurre in errore l’istituto di credito sulla regolarità degli assegni e sull’effettiva volontà del titolare del conto corrente di disporre pagamenti in favore delle imputate; in tal modo la ricorrente, in concorso con l’altra imputata, a lei legata da rapporto di parentela, ha cercato di sottrarre somme facenti parte dell’asse ereditario e destinate all’ente ecclesiastico, nominato erede universale.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di C 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Il Presidente
Così deciso in Roma il 16/01/2025
Il Consigliere estensore