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Tentata truffa aggravata: assegni e ricorso in Cassazione

Una donna è condannata per tentata truffa aggravata per aver tentato di incassare assegni falsificati di un parente defunto. La Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, confermando che i motivi sollevati riguardavano una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentata Truffa Aggravata: Assegni Falsi e Limiti del Ricorso in Cassazione

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sez. 2 Penale, n. 5723 del 2025, offre un’analisi chiara sui confini del reato di tentata truffa aggravata e sui limiti del giudizio di legittimità. Il caso riguarda il tentativo di incassare due assegni falsificati, per un valore complessivo di 110.000 euro, ai danni dell’asse ereditario di un parente defunto, destinato a un ente ecclesiastico. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo principi fondamentali sia in materia penale sostanziale che processuale.

I Fatti: la Tentata Truffa Aggravata con Assegni Falsificati

Il caso ha origine dalla condanna di un’imputata, in concorso con un’altra persona, per il reato di tentata truffa aggravata. Secondo l’accusa, confermata nei primi due gradi di giudizio, l’imputata aveva falsificato due assegni bancari non trasferibili, ciascuno dell’importo di 55.000 euro, emessi sul conto corrente di un parente deceduto. Successivamente, aveva tentato di incassarli.

La falsificazione, secondo la perizia grafica, consisteva nella compilazione a mano del nome del beneficiario e dell’importo. Questi atti sono stati considerati ‘artifizi e raggiri’ idonei a indurre in errore l’istituto di credito sulla regolarità dei titoli e sulla volontà del titolare del conto. Lo scopo era quello di sottrarre illecitamente somme destinate all’erede universale, un ente ecclesiastico nominato tramite testamento olografo.

I Motivi del Ricorso: un Tentativo di Riaprire il Merito

La difesa dell’imputata ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su diverse doglianze, sia di natura procedurale che di merito.

Questioni Procedurali

In primo luogo, è stata contestata la tardività dell’opposizione alla richiesta di archiviazione, presentata oltre il termine di venti giorni. In secondo luogo, è stata messa in dubbio la legittimazione a querelare del rappresentante dell’ente ecclesiastico, poiché non era stata prodotta in giudizio la relativa procura.

Questioni di Sostanza

Nel merito, la difesa ha sostenuto l’insussistenza degli elementi costitutivi del reato di tentata truffa aggravata, l’errata valutazione della perizia grafica e un vizio di motivazione generale sulla colpevolezza, sostenendo che non vi fosse prova della falsificazione della firma del correntista.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità e il Ruolo del Giudizio di Legittimità

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte. I giudici hanno chiarito che la maggior parte dei motivi sollevati non erano altro che un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, un’attività preclusa in sede di legittimità. Il ruolo della Cassazione, infatti, non è quello di riesaminare il merito della vicenda, ma di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha smontato punto per punto le eccezioni della difesa. Per quanto riguarda la tardività dell’opposizione all’archiviazione, ha ribadito l’orientamento consolidato secondo cui il termine di venti giorni non è perentorio. L’opposizione, anche se tardiva, è ammissibile finché il giudice non abbia già emesso il decreto di archiviazione.

Sulla legittimazione del querelante, i giudici hanno affermato che la qualifica di ‘presidente e legale rappresentante’ dichiarata nella querela è sufficiente e si presume veritiera fino a prova contraria, che la difesa non ha fornito.

Infine, per tutti gli altri motivi, la Corte ha sottolineato come i giudici di merito avessero logicamente motivato la loro decisione, basandosi sulle conclusioni della perizia grafica che attribuiva in modo inequivocabile la compilazione degli assegni all’imputata. La falsificazione dei titoli è stata correttamente inquadrata come l’artifizio idoneo a integrare il reato di truffa, anche nella sua forma tentata, poiché l’azione era chiaramente diretta a ingannare la banca per ottenere un profitto ingiusto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza riafferma principi cardine del nostro ordinamento. Innanzitutto, conferma che la compilazione abusiva di un assegno costituisce un artificio sufficiente per configurare il reato di tentata truffa aggravata, anche se l’operazione viene bloccata dalla banca. In secondo luogo, delimita nettamente il campo d’azione del ricorso per cassazione, che non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito. Infine, offre importanti chiarimenti procedurali sulla natura non perentoria del termine per l’opposizione all’archiviazione e sulla presunzione di veridicità dei poteri di rappresentanza dichiarati in querela.

Un’opposizione alla richiesta di archiviazione presentata in ritardo è sempre inammissibile?
No. Secondo la sentenza, che richiama un orientamento consolidato, il termine di venti giorni previsto dall’art. 408, comma 3, cod. proc. pen. non ha natura perentoria. Pertanto, la persona offesa può proporre opposizione, anche se tardiva, fino a quando il giudice non abbia emesso il decreto di archiviazione.

Chi presenta una querela per conto di un ente deve allegare obbligatoriamente la prova dei suoi poteri di rappresentanza?
No. La Corte ha chiarito che, ai fini della validità della querela, è sufficiente l’indicazione della fonte dei poteri di rappresentanza da parte del soggetto che la presenta. La veridicità di tale dichiarazione si presume fino a prova contraria, che deve essere fornita dalla difesa.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove, come una perizia grafica, fatta dai giudici di primo e secondo grado?
No. Il ricorso per cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Non è possibile chiedere alla Corte di rivalutare le prove (come una perizia, le testimonianze o i documenti) già esaminate dai giudici dei gradi precedenti. La Cassazione può intervenire solo se la motivazione della sentenza impugnata è manifestamente illogica, contraddittoria o carente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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