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Tentata rapina: inammissibile l’appello generico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due individui condannati per tentata rapina aggravata. I ricorsi sono stati giudicati generici e ripetitivi, in quanto si limitavano a chiedere un nuovo esame dei fatti, attività preclusa al giudice di legittimità. La Corte ha confermato che, in presenza di una ‘doppia conforme’, i motivi di ricorso devono confrontarsi specificamente con la logica della sentenza impugnata, non riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentata rapina: perché la Cassazione respinge un ricorso generico?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23457/2024, offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, specialmente in casi di reati gravi come la tentata rapina. La decisione sottolinea un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Approfondiamo la vicenda e le ragioni giuridiche alla base della decisione.

I Fatti del Processo

Due individui venivano condannati in primo grado e in appello per il reato di tentata rapina in concorso, aggravata dalla presenza di più persone riunite. Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, i due avevano bloccato con la propria auto quella della vittima e, con un’azione violenta, avevano tentato di impossessarsene. Contro la sentenza della Corte di Appello, gli imputati proponevano ricorso per cassazione, affidandosi a diversi motivi.

I Motivi del Ricorso

I difensori degli imputati contestavano la decisione della Corte d’Appello su più fronti:

* Un ricorrente lamentava un’errata applicazione della legge riguardo all’aggravante delle ‘più persone riunite’, sostenendo che, sulla base delle dichiarazioni della persona offesa, non fosse dimostrata la presenza simultanea e percepita dei due aggressori sul luogo della violenza.
* L’altro ricorrente denunciava una violazione di legge e un travisamento della prova. A suo dire, la Corte d’Appello aveva interpretato erroneamente le parole della vittima, la quale non avrebbe mai percepito una reale intenzione di sottrarle l’auto. Sosteneva, inoltre, la propria estraneità ai fatti, essendo rimasto per lo più all’interno del veicolo.

In sostanza, entrambi i ricorsi miravano a ottenere una nuova valutazione delle dichiarazioni della persona offesa e una diversa ricostruzione della dinamica dei fatti, proponendo una lettura alternativa delle prove già ampiamente esaminate nei gradi di merito.

Le Motivazioni della Cassazione: il divieto di un nuovo esame del merito

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, ritenendoli generici e manifestamente infondati. La motivazione della Corte si basa su principi consolidati della procedura penale.

Innanzitutto, i giudici hanno evidenziato la presenza di una ‘doppia decisione conforme’. Questo significa che sia il Tribunale che la Corte d’Appello erano giunti alla medesima conclusione, condividendo le argomentazioni sulla responsabilità degli imputati. In questi casi, le due sentenze formano un unico corpo argomentativo, rendendo ancora più stringente l’onere per il ricorrente di confrontarsi con le ragioni della condanna.

Il punto centrale della decisione, però, risiede nella natura stessa del giudizio di Cassazione. La Corte Suprema non è un ‘terzo giudice del fatto’. Il suo compito non è quello di stabilire se i fatti si siano svolti in un modo o in un altro, né di valutare la credibilità di un testimone. Questo è compito esclusivo dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il giudizio di legittimità, invece, serve a verificare che i giudici precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio.

I ricorsi presentati, secondo la Corte, si limitavano a reiterare le stesse doglianze già respinte in appello, senza criticare specificamente la logica della sentenza impugnata. Gli imputati proponevano una ‘lettura alternativa’ delle prove, chiedendo di fatto alla Cassazione di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito, un’operazione non consentita in sede di legittimità. Tale approccio rende il ricorso generico e, di conseguenza, inammissibile.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce che per avere successo in Cassazione, un ricorso non può limitarsi a contestare la ricostruzione dei fatti. Deve, invece, individuare vizi specifici nella sentenza impugnata, come un’evidente illogicità nella motivazione o un’errata applicazione di una norma di legge. Nel caso della tentata rapina in esame, i giudici di merito avevano logicamente spiegato perché le azioni degli imputati, compresa la loro presenza simultanea, costituissero un tentativo inequivoco di sottrarre il bene con violenza. Di fronte a tale motivazione, la semplice riproposizione di una tesi difensiva alternativa non è sufficiente. La decisione ha comportato la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e la testimonianza della vittima?
No, la Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità e non può riesaminare nel merito i fatti o le prove. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione delle sentenze dei giudici precedenti.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione si limita a ripetere gli stessi argomenti dell’appello?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile per genericità e mancanza di specificità. Esso deve infatti confrontarsi criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata, evidenziandone i vizi, e non semplicemente riproporre le stesse doglianze già respinte.

Quando si configura l’aggravante delle più persone riunite nella tentata rapina?
Secondo la sentenza, l’aggravante sussiste quando vi è la presenza simultanea e percepita dalla vittima di più persone al momento dell’azione violenta o minacciosa, poiché tale circostanza aumenta la forza intimidatrice e la pericolosità della condotta criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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