Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 33415 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 33415 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 15/07/1990
avverso la sentenza del 23/02/2024 della CORTE APPELLO di BARI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza del Tribunale di Foggia, emessa il 22 gennaio 2020, che in esito a giudizio abbreviato aveva condannato il ricorrente alla pena di giustizia in relazione al reato di tentata rapi impropria in concorso, per essersi introdotto con un complice presso una abitazione privata ed avere tentato di colpire con una spranga di ferro, al fine di assicurarsi il possesso dell cose sottratte e l’impunità, due carabinieri intervenuti sul luogo.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME deducendo:
violazione di legge ed, in particolare, degli artt. 112 e 113 cod. proc. pen., vizio motivazione e nullità della sentenza impugnata e dell’ordinanza che ha disatteso l’istanza di patteggiamento proposta nell’interesse dell’imputato.
Si assume che il ricorrente, tramite il proprio difensore di fiducia, aveva depositato, in dat 23 febbraio 2017, un’istanza di patteggiamento corredata dal parere favorevole del Pubblico ministero.
A seguito di ciò, il fascicolo era stato trasmesso alla cancelleria del Giudice per le indagi preliminari.
Prima che venisse fissata l’udienza, l’istanza di patteggiamento, con il consenso del Pubblico ministero, era stata smarrita dalla cancelleria e, tuttavia, la prova della su esistenza si sarebbe dovuta trarre dal fatto che il GIP aveva fissato l’udienza per decidere sulla istanza dando atto della sua presenza, di essa era stata fatta copia dal difensore ed il giudice aveva revocato la misura cautelare in previsione della concessione della sospensione condizionale della pena contenuta nell’istanza di patteggiamento, beneficio che, altrimenti, non sarebbe stato possibile concedere.
All’udienza preliminare del 22 gennaio 2019, il Giudice, errando, aveva preso atto della mancanza di parere del Pubblico ministero e rispedito gli atti alla Procura della Repubblica, irrilevante essendo la circostanza che il rappresentante della pubblica accusa di udienza non avesse espresso il proprio consenso, essendosi già avuto il primo parere positivo nella originaria istanza, non modificabile o ritrattabile.
Per tali ragioni, sia il Giudice per l’udienza preliminare che il Tribunale, al quale era st reiterata la richiesta, avrebbero dovuto procedere alla surrogazione di copie degli atti mancanti e alla ricostituzione di essi, cosa che non era avvenuta e che era stata censurata con il primo motivo di appello, ingiustamente disatteso dalla Corte territoriale senza una adeguata valutazione;
vizio della motivazione in ordine alla qualificazione giuridica del fatto come tentata rapina impropria anziché come tentato furto in concorso con altro reato commesso mediante minaccia.
Il ricorrente sottolinea che la sottrazione dei beni della persona offesa non si sarebbe realizzata e si sarebbe trattato di una condotta indipendente rispetto alla minaccia rivolta nei confronti dei carabinieri intervenuti sul luogo.
In ogni caso, sarebbe mancata la minaccia, posto che l’imputato ed il suo complice non conoscevano l’italiano, essendo di nazionalità rumena, circostanza desumibile dal fatto che la Corte di appello aveva disposto la traduzione della sentenza;
vizio della motivazione in ordine al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62, primo comma, n. 4 cod. pen. e delle circostanze attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, proposto con motivi complessivamente infondati, deve essere rigettato.
Quanto al primo motivo, dal controllo degli atti – anche in relazione a quanto documentato dalla difesa – reso necessario dalla natura processuale della questione, risulta che il Pubblico ministero procedente, in data 15 febbraio 2017, aveva presentato la richiesta di giudizio immediato alla quale aveva fatto seguito il decreto di giudizi immediato emesso il 22 febbraio successivo.
In data 23 febbraio 2017, il ricorrente aveva fatto istanza di patteggiamento chiedendo applicarsi la pena finale di anni uno, mesi quattro di reclusione ed euro 600 di multa, con il beneficio della sospensione condizionale.
In calce alla richiesta, contrariamente a quanto sostenuto dalla sentenza impugnata, risulta il consenso del Pubblico ministero ma risulta anche, a destra, nella stessa pagina, il rigetto della richiesta di patteggiamento da parte del Giudice per le indagini preliminari provvedimento datato 1 marzo 2017.
Quest’ultimo provvedimento – sulla cui esistenza il ricorso sorvola ma che il Tribunale aveva tenuto in conto all’udienza del 5 novembre 2019, richiamando la precedente istanza – consente di ritenere privo di vizi il secondo rigetto di una nuova istanza di patteggiamento avanzata dal ricorrente al Tribunale sulla base di diversi presupposti rispetto alla prima.
In tema di patteggiamento, la rinnovazione della richiesta in caso di dissenso del pubblico ministero può essere formulata dall’imputato, prima dell’apertura del dibattimento di primo grado, solo in termini diversi da quelli dell’istanza precedentemente avanzata (Sez. 5, n. 21877 del 16/03/2023, Tofan, Rv. 284516- 01).
Successivamente, l’imputato è stato ammesso al rito abbreviato.
Ne consegue che nessuna violazione di legge si era verificata e nessuna ricostituzione di atti era necessaria, essendo stata valutata dal Tribunale la prima istanza di patteggiamento rigettata dal Giudice per le indagini preliminari.
Quanto al secondo motivo, la Corte, con valutazioni di merito non rivedibili in questa sede essendo inerenti al fatto, ha ritenuto che il ricorrente – il quale conosceva l’italiano così come si è dato atto, indipendentemente dalla successiva traduzione della sentenza, avvenuta, come si precisa, solo per ragioni di opportunità – avesse proferito delle minacce nei confronti dei carabinieri intervenuti sul luogo del delitto nelle stesse circostanze tempo in cui questo si stava realizzando.
Di tal che, in ordine alla qualificazione giuridica del fatto come tentativo di rapina, si è f buon governo del principio di diritto secondo il quale, è configurabile il tentativo dì rap impropria nel caso in cui l’agente, dopo aver compiuto atti idonei alla sottrazione della cosa altrui, non portati a compimento per cause indipendenti dalla propria volontà, adoperi
violenza o minaccia per assicurarsi l’impunità (Sez. 2, n. 35134 del 25/03/2022, COGNOME Rv. 283847-01).
In ordine al terzo motivo, se ne deve rilevare la genericità avuto riguardo all precisazioni fornite dalla Corte di appello, nell’ultima pagina della sentenza, quanto a mancato riconoscimento della attenuante della speciale tenuità del fatto e delle circostanze attenuanti generiche, richiamandosi alcuni dei parametri di cui all’art. 133 cod.pen.
Il ricorrente non si confronta minimamente con la motivazione della sentenza, che risulta corretta in punto di diritto.
Ai fini della configurabilità dell’attenuante del danno di speciale tenuità con riferimento delitto di rapina, non è sufficiente che il bene mobile sottratto sia di modestissimo valor economico, ma occorre valutare anche gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona contro la quale è stata esercitata la violenza o la minaccia, attesa la natura plurioffensiv del delitto de quo, il quale lede non solo il patrimonio, ma anche la libertà e l’integrità fi e morale della persona aggredita per la realizzazione del profitto. Ne consegue che, solo ove tale valutazione complessiva del pregiudizio sia di speciale tenuità, può farsi luogo all’applicazione dell’attenuante, sulla base di un apprezzamento riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità se immune da vizi logico-giuridici (Sez.2, n. 50987 del 17/12/2015, COGNOME, Rv. 265685; Sez. 2, n. 19308 del 20/01/2010, COGNOME, Rv. 247363).
Inoltre, ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame quello, tra gli elementi indicati dall’ 133 cod. pen., che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno la concessione del beneficio; ed anche un solo elemento che attiene alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente per negare o concedere le attenuanti medesime (da ultimo, Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 2, n. 4790 del 16.1.1996, Romeo, rv. 204768).
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 12/09/2025.