Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43306 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43306 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Verbicaro il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/03/2024 della Corte d’appello di Catanzaro
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta l’erronea applicazione della legge penale con riguardo all’asseritamente erronea qualificazione del fatto di cui al capo a) dell’imputazione come tentata rapina impropria anziché come tentato furto e «altro autonomo reato che abbia come elemento costitutivo la violenza o la minaccia», è manifestamente infondato, atteso che la qualificazione del suddetto fatto, operata dalla Corte d’appello di Catanzaro, come tentata rapina impropria è pienamente conforme all’ormai da tempo affermato orientamento delle Sezioni unite della Corte di cassazione (Sez. U, n. 34952 del 19/04/2012, Reina, Rv. 253153-01);
che il secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo all’individuazione dell’imputato come autore della tentata rapina impropria di cui al capo a) dell’imputazione non è consentito in questa sede, atteso che è fondato su argomentazioni che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello e, diversamente da quanto
.4
è sostenuto dal ricorrente, motivatamente e logicamente disattese dalla Corte di merito, la quale ha puntualmente e del tutto logicamente argomentato in ordine agli indizi, gravi, precisi e concordanti che l’hanno indotta a ritenere che il COGNOME fosse l’autore della tentata rapina (si vedano, in particolare, le pagg. 7-8 della sentenza impugnata), con la conseguenza che le censure del ricorrente si sostanziano, in realtà, nella sollecitazione di una diversa valutazione del significato probatorio da attribuire ai suddetti indizi, ciò che, come si diceva, non è possibile fare in questa sede;
che il terzo motivo, con cui si deduce l’inosservanza della legge processuale con riguardo al rigetto del motivo di appello con il quale era stata eccepita la nullità della sentenza per la genericità del capo b) dell’imputazione (ricettazione), non è consentito, atteso che, posto che la nullità del decreto che dispone il giudizio per insufficiente enunciazione del fatto ha natura di nullità relativa, sicché non può essere rilevata d’ufficio, ma deve essere eccepita, a pena di decadenza, entro il termine previsto dall’art. 491 cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 50098 del 24/10/2013, C., Rv. 257910-01), dall’esame del verbale dell’udienza del 31/10/2018 davanti al Tribunale di Paola non risulta che il COGNOME avesse eccepito la suddetta nullità per genericità del capo b) dell’imputazione, con la conseguente decadenza dell’imputato dalla possibilità di farla valere successivamente;
che il quarto motivo, con cui si lamenta la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo alla denunciata insussistenza del reato presupposto della ricettazione, è manifestamente infondato, atteso che, posto che l’affermazione della responsabilità per il delitto di ricettazione non richiede l’accertamento giudiziale della commissione del delitto presupposto, né dei suoi autori, né dell’esatta tipologia del reato, potendo il giudice affermarne l’esistenza attraverso prove logiche (Sez. 2, n. 29685 del 05/07/2011, COGNOME, Rv. 251028-01; Sez. 2, n. 10101 del 15/01/2009, COGNOME, Rv. 243305-01; Sez. 4, n. 11303 del 07/11/1997, COGNOME, Rv. 209393-01), nel caso in esame, la Corte d’appello di Catanzaro ha puntualmente e del tutto logicamente argomentato in ordine alla provenienza furtiva dei beni, sulla considerazione, del tutto congrua e logica, che gli stessi erano stati riconosciuti come propri dai proprietari che ne avevano denunciato la sottrazione, senza che, contrariamente a quanto mostra di ritenere il ricorrente, la prova della suddetta provenienza richiedesse necessariamente l’acquisizione delle suddette denunce;
che il quinto motivo, con cui si lamenta la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo al diniego della circostanza attenuante della ricettazione del fatto di particolare tenuità (quarto comma dell’art. 648 cod. pen.), è manifestamente infondato, atteso che, posto che, ai fini della configurabilità della suddetta ipotesi attenuata della particolare tenuità del fatto, non ci si può riferire
esclusivamente al valore della cosa ricettata, ma si deve avere riguardo a tutt componenti oggettive e soggettive dello fatto, complessivamente considerato, sicché, fra gli elementi da prendere in considerazione, vanno compresi tutti que indicati nell’art. 133 cod. pen., inclusa, quindi, la capacità a delinquere dell (per tutte, tra le moltissime: Sez. 6, n. 7554 del 02/02/2011, Marfé, Rv. 2492 01), la Corte d’appello di Catanzaro ha del tutto logicamente argomentat l’esclusione della suddetta circostanza attenuante sulla considerazione de molteplicità dei beni di provenienza furtiva che erano stati trovati nella disponi del COGNOME (i quali erano stati sottratti a diverse persone offese), in q logicamente dimostrativa di una sua dedizione sistematica alla commissione dei reati contro il patrimonio;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con l condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2024.