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Tentata rapina impropria: appello inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro l’ordinanza che confermava la misura degli arresti domiciliari per tentata rapina impropria. La Corte ha ritenuto il motivo di ricorso manifestamente infondato, sottolineando come la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza fosse adeguatamente motivata, basandosi non solo sulle dichiarazioni della persona offesa ma anche su elementi concreti emersi dal verbale di arresto. La decisione rafforza il principio che una mera eventualità di futuri chiarimenti testimoniali non inficia la solidità del quadro indiziario.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentata Rapina Impropria: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15166 del 2024, ha affrontato un caso di tentata rapina impropria, fornendo importanti chiarimenti sui presupposti per l’applicazione delle misure cautelari e sui limiti del ricorso per cassazione. La decisione sottolinea come la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza debba basarsi su un’analisi complessiva degli elementi disponibili, e come un ricorso fondato su motivi manifestamente infondati venga dichiarato inammissibile. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un’ordinanza del Tribunale di Roma che aveva respinto l’istanza di riesame presentata da un individuo. A quest’ultimo era stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione al delitto di tentata rapina impropria. Secondo l’accusa, l’indagato, dopo aver sottratto un bene, avrebbe usato violenza o minaccia per assicurarsi il possesso della refurtiva o l’impunità. L’indagato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una presunta mancanza e manifesta illogicità della motivazione del provvedimento del Tribunale del riesame. In particolare, la difesa sosteneva che la valutazione sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza si fondasse in modo acritico sulle dichiarazioni della persona offesa, proponendo una versione alternativa secondo cui gli indagati si trovavano sul posto solo per consumare sostanze stupefacenti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicandolo basato su un motivo manifestamente infondato. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende. La decisione conferma in toto la validità del provvedimento impugnato, ritenendo che il Tribunale del riesame avesse correttamente e adeguatamente motivato la sussistenza dei presupposti per la misura cautelare.

Le Motivazioni: la Valutazione sulla Tentata Rapina Impropria

Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nella valutazione della solidità del quadro indiziario. La Corte ha chiarito che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la decisione del Tribunale non si basava esclusivamente sulle dichiarazioni della persona offesa. Gli elementi a carico dell’indagato emergevano anche da altri dati fattuali, in particolare quelli riportati nel verbale di arresto.

Il Tribunale aveva applicato correttamente i principi valutativi, spiegando in modo logico e coerente perché la fattispecie di tentata rapina impropria fosse, a livello indiziario, provata. La tesi difensiva (la presenza sul luogo per fumare uno spinello) è stata giudicata “del tutto inconsistente” e “ragionevolmente esclusa” alla luce degli elementi raccolti.

Un punto cruciale affrontato dalla Corte riguarda un’apparente contraddizione sollevata dal ricorrente: il Tribunale aveva valorizzato le dichiarazioni della vittima, pur prospettando la possibilità che la stessa venisse nuovamente sentita per chiarimenti. La Cassazione ha smontato questa tesi, spiegando che non vi è alcuna contraddizione. La possibilità di un futuro chiarimento era stata menzionata come una “mera eventualità”, giustificata dalla concitazione del momento in cui la vittima aveva fornito le prime indicazioni e dalla sua esigenza primaria di ottenere un aiuto immediato. Tale eventualità, quindi, non indeboliva la credibilità di base delle sue dichiarazioni nel contesto della fase cautelare.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce alcuni principi fondamentali in materia di misure cautelari e di ricorso per cassazione. In primo luogo, la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza deve fondarsi su una lettura integrata di tutti gli elementi disponibili, come le dichiarazioni della vittima e le risultanze oggettive degli atti di polizia giudiziaria. In secondo luogo, il ricorso per cassazione non può limitarsi a proporre una diversa lettura dei fatti o a sollevare critiche generiche, ma deve individuare vizi logici o giuridici specifici e palesi nella motivazione del provvedimento impugnato. Infine, la mera possibilità che un testimone venga risentito in futuro non costituisce, di per sé, un elemento di contraddittorietà tale da invalidare un quadro indiziario ritenuto solido e coerente dal giudice del merito.

Su quali elementi si basa un giudice per confermare una misura cautelare come gli arresti domiciliari?
La conferma di una misura cautelare si basa sulla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, che possono derivare da una pluralità di fonti, come le dichiarazioni della persona offesa e gli elementi fattuali contenuti nel verbale di arresto. Non è necessario basarsi su una sola fonte di prova.

Se la testimonianza della vittima presenta delle incertezze, il quadro indiziario viene meno?
Non necessariamente. La Corte di Cassazione ha chiarito che la mera eventualità che la persona offesa debba essere risentita per chiarimenti (ad esempio, a causa della concitazione del momento) non costituisce una contraddizione tale da invalidare la solidità del quadro indiziario, se questo è supportato anche da altri elementi.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso per manifesta infondatezza?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, tremila euro) in favore della cassa delle ammende, poiché il ricorso è stato ritenuto privo di qualsiasi fondamento giuridico o logico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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