Tentata Rapina Impropria: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
La distinzione tra furto e rapina è un concetto fondamentale nel diritto penale, ma le sfumature diventano cruciali quando la violenza non precede la sottrazione del bene, ma la segue. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta proprio un caso di tentata rapina impropria, chiarendo i rigidi confini del ricorso in sede di legittimità e i criteri per la qualificazione del reato. Analizziamo insieme questa importante decisione per comprendere quando un furto si trasforma in rapina e perché un ricorso può essere dichiarato inammissibile.
I Fatti: Dal Furto alla Violenza per la Fuga
Il caso ha origine da un episodio in cui un individuo, dopo aver sottratto un bene, veniva inseguito da un addetto alla vigilanza. Per garantirsi la fuga e mantenere il possesso di quanto rubato, l’uomo non esitava a lanciare un televisore contro il vigilante. Questa azione violenta, posta in essere subito dopo la sottrazione, è stata l’elemento chiave che ha portato i giudici di merito a condannarlo non per semplice furto, ma per il più grave reato di tentata rapina impropria. L’imputato, non condividendo tale qualificazione e lamentando il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, ha deciso di presentare ricorso alla Suprema Corte di Cassazione.
La Decisione della Corte: Ricorso Dichiarato Inammissibile
La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione conferma integralmente la sentenza della Corte d’Appello, sia per quanto riguarda la qualificazione del reato sia per il diniego delle circostanze attenuanti. L’imputato è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Cassazione sulla Tentata Rapina Impropria
La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri argomentativi principali, corrispondenti ai motivi di ricorso presentati dalla difesa.
Il Primo Motivo: Limiti del Giudizio di Legittimità
Il ricorrente lamentava un’errata valutazione delle prove e chiedeva una riqualificazione del fatto in furto. La Cassazione ha definito questo motivo ‘aspecifico’ e ‘reiterativo’. In pratica, l’imputato si è limitato a riproporre le stesse identiche obiezioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza sollevare vere questioni di diritto. I giudici hanno ribadito un principio cardine del nostro sistema: la Corte di Cassazione svolge un ‘giudizio di legittimità’, non di merito. Ciò significa che non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici precedenti, a meno che la motivazione di questi ultimi non sia manifestamente illogica o contraddittoria. In questo caso, la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte d’Appello era solida, basata su plurimi elementi come denunce, riconoscimenti e dichiarazioni confessorie.
La Corretta Qualificazione Giuridica come Tentata Rapina Impropria
La Corte ha confermato senza esitazioni la qualificazione del reato. La tentata rapina impropria si configura proprio quando la violenza o la minaccia sono esercitate immediatamente dopo la sottrazione per assicurarsi il bene rubato o l’impunità. Il lancio del televisore contro il vigilante non è stato un gesto casuale, ma un’azione finalizzata a ‘frapporre un ostacolo’ tra sé e l’inseguitore per ‘agevolare la propria fuga’. Questa stretta continuità temporale e funzionale tra la sottrazione e la violenza è ciò che trasforma un furto in rapina.
Il Secondo Motivo: il Diniego delle Attenuanti Generiche
Anche la richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.) è stata respinta. La Cassazione ha ritenuto corretta la valutazione della Corte d’Appello, che ha negato il beneficio sulla base di due elementi:
1. La gravità dei fatti: l’uso della violenza contro una persona per un futile motivo.
2. L’intensa capacità criminale: desunta dalla ‘mancanza di resipiscenza’ (assenza di pentimento) dell’imputato.
La Corte ha colto l’occasione per ribadire che il giudice, nel motivare il diniego delle attenuanti, non è tenuto ad analizzare ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole, ma è sufficiente che si concentri su quelli ritenuti decisivi.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza offre due importanti lezioni. La prima è di carattere processuale: un ricorso in Cassazione non può essere una semplice riproposizione delle argomentazioni già sconfitte in appello. Deve invece concentrarsi su specifiche violazioni di legge o vizi logici della motivazione, senza chiedere una nuova valutazione delle prove. La seconda è di carattere sostanziale e ribadisce la linea di demarcazione tra furto e rapina impropria: è la finalità della violenza a fare la differenza. Se questa è usata per assicurarsi la fuga o il bottino subito dopo il furto, il reato commesso è quello, ben più grave, di rapina impropria.
Perché il fatto è stato classificato come tentata rapina impropria e non come furto?
Perché la violenza, consistente nel lancio di un televisore contro l’addetto alla vigilanza, è stata posta in essere subito dopo la sottrazione del bene con lo scopo specifico di ostacolare l’inseguitore e garantirsi la fuga. Questa finalità trasforma il reato da furto a rapina impropria.
Per quale motivo la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una mera ripetizione di argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Inoltre, il ricorrente chiedeva una nuova valutazione delle prove, attività che non rientra nei poteri della Corte di Cassazione, la quale svolge unicamente un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge.
Per quale ragione non sono state concesse le circostanze attenuanti generiche?
Le attenuanti generiche non sono state concesse a causa della gravità dei fatti e dell’intensa capacità criminale del ricorrente, dimostrata dalla sua mancanza di pentimento (resipiscenza). I giudici hanno ritenuto che questi elementi negativi prevalessero su ogni possibile circostanza a favore.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12894 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12894 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 07/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a MASSAFRA il 27/05/1993
avverso la sentenza del 10/09/2024 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
ritenuto che il primo motivo di impugnazione con cui il ricorrente lamenta travisamento della prova, vizio di motivazione in ordine all’affermazione della responsabilità penale in relazione al reato di cui all’art. 56-628 cod. pen. nonché alla mancata riqualificazione del fatto nel reato di furto, è aspecifico in quanto reiterativo di medesime doglianze inerenti alla ricostruzione dei fatti e all’interpretazione del materiale probatorio già espresse in sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale nonché articolato esclusivamente in fatto e, quindi, proposto al di fuori dei limiti del giudizio di legittimità, restando estranei ai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi probatori posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti;
rilevato che i giudici di appello, con motivazione esaustiva e conforme alle risultanze processuali, che riprende le argomentazioni del giudice di primo grado come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, hanno indicato la pluralità di elementi (denunce sporte dalle persone offese, plurimi riconoscimenti da parte della polizia giudiziaria e dichiarazioni sostanzialmente confessorie del Tateo) idonei a dimostrare la penale responsabilità del ricorrente in ordine ai reati contestati (vedi pag. 2 della sentenza impugnata); tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede;
rilevato che non appare revocabile in dubbio la correttezza della qualificazione giuridica operata dalla Corte territoriale, deliberazione fondata sul fatto che le condotte di sottrazione ed uso della violenza si sono succedute senza soluzione di continuità e che il lancio del televisore contro l’addetto alla vigilanza è stato posto in essere per «frapporre un ostacolo tra sé ed il vigilante che lo stava inseguendo, al fine di agevolare la propria fuga» (pag. 2 della sentenza impugnata).
rilevato che il secondo motivo di impugnazione, con cui il ricorrente lamenta violazione dell’art. 62 – bis cod. pen. nonché vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, non è consentito in sede di legittimità. I giudici di appello hanno correttamente valorizzato, ai fini del diniego delle invocate attenuanti, la gravità dei fatti e l’intensa capacità criminale del ricorrente desumibile dalla mancanza di resipiscenza (vedi pag. 3 della sentenza impugnata). Deve esser, in proposito, ribadito il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è
sufficiente che, come nel caso di specie, la motivazione faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 3, n. 2233 del 17/06/2021, COGNOME, Rv. 282693 – 01; Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02-);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 7 marzo 2025
Il Consigl e, GLYPH ensore
La Presidente