Tentata Estorsione o Ragion Fattasi? La Cassazione Traccia il Confine
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sulla linea di demarcazione tra il grave delitto di tentata estorsione e quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, noto come ‘ragion fattasi’. La decisione sottolinea un principio fondamentale: l’assenza di un diritto giuridicamente tutelabile esclude in radice la possibilità di qualificare la condotta come ragion fattasi, facendola rientrare a pieno titolo nell’ambito dell’estorsione.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato, condannato dalla Corte d’Appello per il reato di tentata estorsione. La difesa ha impugnato la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il ricorso su due argomentazioni principali. In primo luogo, si contestava la valutazione sulla piena capacità di intendere e di volere dell’imputato al momento dei fatti, chiedendo una rinnovazione dell’accertamento peritale sulla base di nuova documentazione prodotta. In secondo luogo, si sosteneva un’errata qualificazione giuridica del fatto: secondo il ricorrente, la sua condotta non configurava una tentata estorsione, bensì il reato meno grave di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto integralmente il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Di conseguenza, la condanna per tentata estorsione è stata confermata. L’imputato è stato inoltre condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come previsto in caso di inammissibilità del ricorso.
Le Motivazioni: la distinzione cruciale nella tentata estorsione
Le motivazioni fornite dalla Corte sono chiare e si articolano sui due punti sollevati dalla difesa.
Per quanto riguarda la capacità di intendere e di volere, i giudici hanno ritenuto la motivazione della Corte d’Appello ‘congrua ed esaustiva’. La decisione di non disporre una nuova perizia era legittima, poiché basata sulle solide conclusioni di un precedente accertamento svolto in sede di incidente probatorio. La nuova documentazione presentata dalla difesa non è stata considerata sufficiente a scalfire la validità di quella valutazione.
Il punto centrale della decisione, tuttavia, riguarda la qualificazione del reato. La Cassazione, in linea con l’orientamento consolidato (in particolare con la sentenza delle Sezioni Unite ‘Filardo’), ha ribadito che l’elemento distintivo tra la tentata estorsione e la ragion fattasi risiede nella natura della pretesa dell’agente. Il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni presuppone che il soggetto agisca per far valere un diritto che, almeno in astratto, potrebbe essere tutelato davanti a un’autorità giudiziaria. Nel caso di specie, invece, la Corte ha evidenziato ‘l’assenza di un qualsivoglia diritto suscettibile di tutela giudiziaria’ in capo all’imputato. La pretesa era quindi ingiusta e illegittima in sé, e la minaccia utilizzata per perseguirla configurava pienamente il delitto di tentata estorsione.
Conclusioni
Questa ordinanza rafforza un principio cardine del diritto penale: non è possibile invocare la scriminante della ‘ragion fattasi’ quando la pretesa sottostante è completamente priva di fondamento giuridico. L’uso della minaccia o della violenza per ottenere un profitto che la legge non riconosce né tutela integra il più grave reato di estorsione. La decisione serve da monito, chiarendo che l’autotutela violenta è ammessa entro limiti ristrettissimi, che iniziano e finiscono con l’esistenza di una pretesa legittima.
Quando un’azione minacciosa è considerata tentata estorsione e non esercizio arbitrario delle proprie ragioni (ragion fattasi)?
Secondo la Corte, si tratta di tentata estorsione quando la pretesa avanzata dalla persona che minaccia è ingiusta, ovvero quando non corrisponde a un diritto che potrebbe essere tutelato in sede giudiziaria. La ‘ragion fattasi’ presuppone, invece, l’esistenza di tale diritto.
Una nuova documentazione medica è sufficiente per ottenere una nuova perizia sulla capacità mentale in appello?
No, non necessariamente. La Corte ha stabilito che la valutazione del giudice di merito, basata su un accertamento peritale già effettuato, era completa ed esaustiva. La nuova documentazione non è stata ritenuta idonea a mettere in discussione le conclusioni già raggiunte sulla piena capacità dell’imputato al momento del fatto.
Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile perché manifestamente infondato?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la Corte non esamina la questione nel merito. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10268 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10268 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a TORINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/06/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo ed il secondo motivo del ricorso, tra loro intimamente connessi, sono manifestamente infondati alla luce della congrua ed esaustiva motivazione con cui la Corte d’appello (cfr., pagg. 5-6 della sentenza) ha preso in esame le doglianze difensive articolate in punto di capacità di intendere e di volere dell’imputato, richiamando a tal fine le risultanze dell’accertamento peritale espletato in sede di incidente probatorio e la ininfluenza, rispetto alle conclusioni del perito (che aveva affermato la piena capacità del ricorrente al momento del fatto), della documentazione prodotta dalla difesa a sostegno della richiesta di rinnovazione del medesimo accertamento;
rilevato che il terzo motivo del ricorso è manifestamente infondato avendo la Corte d’appello confermato la qualificazione giuridica della condotta descritta nella imputazione in termini di tentata estorsione e non già di ragion fattasi, in coerenza con le linee direttive dettate dalla giurisprudenza di questa Corte e, segnatamente, dell’arresto delle SS.UU. “NOME“; in particolare, pur avendo fati:o riferimento alle modalità della condotta, la Corte ha comunque evidenziato l’assenza di un qualsivoglia diritto suscettibile di tutela giudiziaria che l’imputato, o il corre potessero vantare nei confronti della persona offesa;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 09/01/2024
Il Presidente