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Tentata estorsione: ricorso inammissibile in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentata estorsione aggravata. I giudici hanno confermato la corretta qualificazione giuridica del fatto, respingendo la richiesta di derubricazione a truffa. È stata inoltre negata l’attenuante del risarcimento del danno, poiché l’offerta economica è stata ritenuta insufficiente rispetto alla gravità delle minacce. La Corte ha ritenuto i motivi del ricorso una mera ripetizione di argomenti già respinti in appello, confermando la decisione impugnata.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentata estorsione: quando il ricorso in Cassazione è solo un’eco dell’appello

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre lo spunto per analizzare i requisiti di ammissibilità di un ricorso e le condizioni per il riconoscimento di alcune circostanze attenuanti. Il caso riguarda una condanna per tentata estorsione aggravata, in cui la difesa ha cercato, senza successo, di ottenere una riqualificazione del reato e una pena più mite. Vediamo perché i giudici hanno respinto le richieste, fornendo chiarimenti importanti sulla specificità dei motivi di ricorso e sulla valutazione del risarcimento del danno.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale nasce da una condanna per il reato di concorso in tentata estorsione aggravata, emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato, non rassegnato alla decisione, ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a tre principali motivi:

1. Errata qualificazione giuridica: La difesa sosteneva che i fatti dovessero essere inquadrati nel più lieve reato di truffa (art. 640 c.p.) anziché in quello di tentata estorsione.
2. Mancato riconoscimento di un’attenuante: Si lamentava la mancata applicazione della circostanza attenuante del risarcimento del danno (art. 62 n. 6 c.p.), nonostante un’offerta economica fosse stata avanzata alla vittima.
3. Eccessività della pena: Si contestava il trattamento sanzionatorio, chiedendo che la pena fosse contenuta nel minimo edittale.

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi e li ha dichiarati tutti manifestamente infondati, dichiarando il ricorso inammissibile.

La Decisione della Cassazione sulla tentata estorsione

La Suprema Corte ha adottato una linea di rigore, evidenziando come i primi due motivi di ricorso non fossero altro che una “pedissequa reiterazione” di argomenti già presentati e puntualmente respinti dalla Corte d’Appello. Questo approccio rende il ricorso non specifico, ma solo apparente, poiché manca di una critica argomentata e mirata contro le ragioni della sentenza impugnata.

Le Motivazioni della Sentenza

Analizziamo nel dettaglio le ragioni giuridiche che hanno portato alla declaratoria di inammissibilità.

1. Sulla qualificazione del reato e l’attenuante del risarcimento

I giudici di legittimità hanno ribadito la correttezza della qualificazione del fatto come tentata estorsione, in linea con quanto ricostruito nelle sentenze di merito.
Per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte ha confermato la decisione dei giudici d’appello di non concedere l’attenuante del risarcimento. La motivazione è cruciale: l’offerta economica fatta alla vittima è stata ritenuta insufficiente. I giudici hanno sottolineato che la valutazione della congruità del risarcimento, specialmente in reati plurioffensivi come l’estorsione, deve considerare non solo il danno patrimoniale, ma anche quello morale. Tale valutazione è rimessa all’apprezzamento del giudice di merito e non può essere messa in discussione in sede di legittimità se, come in questo caso, è congruamente e logicamente motivata.

2. Sulla determinazione della pena

Anche il terzo motivo, relativo alla misura della pena, è stato giudicato infondato. La Cassazione ha ricordato un principio consolidato: la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita seguendo i criteri degli articoli 132 e 133 del codice penale. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva adempiuto al suo onere di motivazione. Anzi, i giudici d’appello avevano persino osservato che la pena inflitta in primo grado appariva sproporzionata per difetto (cioè troppo bassa), ma non potevano aumentarla a causa del divieto di reformatio in peius, che impedisce di peggiorare la condizione dell’imputato quando è il solo a impugnare la sentenza.

Conclusioni

Questa ordinanza della Corte di Cassazione offre tre importanti lezioni pratiche:

1. Specificità del ricorso: Un ricorso in Cassazione non può essere una semplice fotocopia dell’atto d’appello. Deve contenere critiche specifiche, pertinenti e argomentate contro la motivazione della sentenza impugnata, pena l’inammissibilità.
2. Congruità del risarcimento: Per ottenere l’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p., il risarcimento del danno deve essere integrale e adeguato. In reati come la tentata estorsione, questo include anche il danno morale, e una valutazione sulla congruità dell’offerta spetta al giudice di merito.
3. Discrezionalità del giudice sulla pena: La determinazione della pena è un potere discrezionale del giudice di merito. Se la decisione è supportata da una motivazione adeguata e non illogica, è molto difficile che possa essere riformata in sede di legittimità.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è inammissibile quando si limita a ripetere passivamente (pedissequa reiterazione) le stesse argomentazioni già respinte nel precedente grado di giudizio, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza impugnata.

Perché l’offerta di risarcimento non è stata considerata sufficiente per concedere l’attenuante?
L’offerta è stata ritenuta insufficiente perché i giudici di merito hanno valutato la gravità della minaccia e il contesto delle richieste estorsive. In un reato plurioffensivo come l’estorsione, il risarcimento deve essere congruo a coprire non solo il danno patrimoniale ma anche quello morale, e la valutazione di tale congruità è rimessa al giudice di merito.

La Corte di Cassazione può modificare la quantità della pena decisa dai giudici di merito?
La Corte di Cassazione non può modificare la pena basandosi su una diversa valutazione di merito. Il suo compito è verificare che la decisione del giudice sia stata presa nel rispetto della legge e con una motivazione logica e adeguata, secondo i criteri stabiliti dagli artt. 132 e 133 del codice penale. Se la motivazione è corretta, la quantificazione della pena non è sindacabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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