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Tentata estorsione: ricorso inammissibile in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati condannati per tentata estorsione. La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso erano una mera ripetizione di argomenti già respinti in appello e privi della necessaria specificità. La decisione conferma la responsabilità penale basata su intimidazioni e minacce volte a ottenere il pagamento di debiti, evidenziando come la partecipazione attiva e la consapevolezza dell’attività illecita siano sufficienti a configurare il reato.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentata estorsione: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’ordinanza n. 13180/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla tentata estorsione e sui requisiti di ammissibilità del ricorso per cassazione. La Suprema Corte ha confermato la condanna per due individui, respingendo i loro ricorsi perché ritenuti una semplice ripetizione di argomenti già esaminati e rigettati dalla Corte d’Appello. Questo caso sottolinea l’importanza di presentare motivi di ricorso specifici e critici, anziché limitarsi a riproporre le stesse difese.

I Fatti alla Base della Vicenda Giudiziaria

La vicenda trae origine da una serie di atti intimidatori posti in essere nei confronti di una persona offesa per costringerla a saldare dei debiti pregressi, maturati in un contesto di rapporti di usura. Due soggetti sono stati condannati nei gradi di merito per il reato di tentata estorsione aggravata.

Il primo imputato è stato ritenuto coinvolto sulla base delle dichiarazioni della vittima e delle visite intimidatorie effettuate presso il suo domicilio. Il secondo imputato, genero del mandante principale (non ricorrente), è stato condannato per aver pienamente compreso l’attività illecita del suocero e per aver dato la sua disponibilità a recarsi dall’offesa armato di una mazza da baseball per minacciarla. Inoltre, era presente mentre la vittima veniva malmenata, senza mostrare alcun segno di dissociazione.

La Decisione della Corte sulla tentata estorsione

Entrambi gli imputati hanno proposto ricorso in Cassazione, contestando la correttezza della motivazione della sentenza d’appello e la configurabilità del reato di tentata estorsione. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda su un principio cardine del processo penale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha ritenuto che i motivi presentati dai ricorrenti fossero una ‘pedissequa reiterazione’ di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte territoriale. Mancava, in altre parole, quel carattere di specificità e critica argomentata che è requisito essenziale per l’ammissibilità del ricorso.

La Posizione del Primo Ricorrente

Per il primo imputato, la Corte ha specificato che le dichiarazioni della persona offesa e la natura intimidatoria delle visite a domicilio, inserite nel contesto di debiti usurai, erano elementi sufficienti a dimostrare il suo pieno coinvolgimento nel reato. La presunta errata interpretazione di una testimonianza, sollevata dalla difesa, è stata ritenuta non decisiva rispetto all’intero impianto accusatorio.

La Posizione del Secondo Ricorrente

Anche per il secondo imputato, la Corte ha confermato la valutazione della Corte d’Appello. La sua perfetta conoscenza dell’attività illecita del suocero, la disponibilità a usare una mazza da baseball per intimidire e la sua presenza passiva durante l’aggressione alla vittima sono stati considerati elementi che escludono la possibilità di una ‘desistenza’ volontaria. Rimanere al fianco dell’autore materiale del reato è stato interpretato come una forma di concorso morale e materiale.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chi intende adire la Corte di Cassazione: non è sufficiente riproporre le stesse lamentele già esaminate e respinte. È necessario formulare censure specifiche che evidenzino vizi di legittimità (come l’errata applicazione di una norma di legge) o vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata. La condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende è la conseguenza diretta di questa inammissibilità. La decisione serve da monito sull’importanza di un approccio tecnico e rigoroso nella redazione dei ricorsi, evitando di trasformare il giudizio di legittimità in un’ulteriore valutazione del merito dei fatti.

Quando un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi proposti sono una ‘pedissequa reiterazione’ di quelli già dedotti e respinti nei gradi precedenti, risultando così privi del necessario carattere di specificità e di critica argomentata rispetto alla sentenza impugnata.

In che modo la presenza sulla scena del crimine può configurare un concorso in tentata estorsione?
Secondo la Corte, rimanere al fianco del coimputato mentre questi malmena la vittima, dopo aver assicurato la propria disponibilità a compiere atti intimidatori (come usare una mazza da baseball), costituisce una forma di partecipazione che esclude la desistenza e configura il concorso nel reato.

Quali elementi provano il coinvolgimento in una tentata estorsione legata a debiti pregressi?
Il coinvolgimento è provato da un insieme di elementi, tra cui le dichiarazioni della persona offesa, la portata intimidatoria delle visite effettuate presso il domicilio della vittima e la correlazione di tali azioni con un contesto di pregressi rapporti di usura e intimazioni al pagamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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