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Tentata Estorsione: Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza di condanna per tentata estorsione. L’imputato lamentava la mancata applicazione delle attenuanti della lieve entità del fatto e del danno patrimoniale. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, ritenendo la loro motivazione logica e priva di vizi, in quanto il valore economico del bene non era esiguo e gli elementi del caso non indicavano una lieve entità del fatto.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tentata Estorsione: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso di tentata estorsione, fornendo chiarimenti cruciali sui limiti del giudizio di legittimità e sui criteri di valutazione delle circostanze attenuanti. La decisione sottolinea come una motivazione logica e coerente da parte dei giudici di merito sia sufficiente a rendere un ricorso inammissibile, specialmente quando le doglianze si concentrano su una nuova valutazione dei fatti.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo contro la sentenza della Corte d’Appello di Roma. L’imputato era stato condannato per il reato di tentata estorsione e, attraverso il suo ricorso, chiedeva alla Suprema Corte di riconsiderare la decisione dei giudici di secondo grado, i quali avevano negato l’applicazione di due importanti circostanze attenuanti.

I Motivi del Ricorso e le Attenuanti Negate

Le lamentele del ricorrente, definite tecnicamente “doglianze”, si concentravano su due punti specifici:

La Circostanza del Danno di Speciale Tenuità

Il primo motivo di ricorso riguardava la mancata applicazione della circostanza attenuante prevista dall’art. 62 n. 4 del codice penale, relativa al danno patrimoniale di speciale tenuità. I giudici di merito avevano rigettato tale richiesta sottolineando la “non esiguità del valore economico del bene” oggetto del reato. Secondo la difesa, questa valutazione era errata e meritava una revisione.

L’Attenuante della Lieve Entità per la tentata estorsione

Il secondo punto, di grande interesse giuridico, verteva sulla mancata applicazione della diminuente della lieve entità del fatto, specificamente introdotta per il delitto di tentata estorsione da una pronuncia della Corte Costituzionale (n. 120 del 2023). Anche in questo caso, la Corte d’Appello aveva escluso l’attenuante fornendo una motivazione analitica, basata su elementi concreti che, a suo giudizio, dimostravano una gravità del fatto non trascurabile.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le doglianze. La decisione si fonda su un principio cardine del giudizio di legittimità: la Suprema Corte non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella compiuta dai giudici di merito, a meno che la motivazione di questi ultimi non sia manifestamente illogica, contraddittoria o carente.

Nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse fornito una “motivazione esente da vizi logici”. Per quanto riguarda la prima attenuante, la valutazione sul valore economico del bene è stata considerata un giudizio di fatto, adeguatamente motivato e quindi non sindacabile in sede di Cassazione.

Analogamente, per la diminuente della lieve entità nella tentata estorsione, la Corte ha rilevato che i giudici di merito avevano analiticamente indicato gli elementi che li avevano portati a escluderla, rendendo la loro decisione immune da censure. Il ricorso, pertanto, si risolveva in una richiesta di nuova e diversa valutazione delle prove, compito che esula dalle funzioni della Corte di Cassazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per ottenere l’annullamento di una sentenza in Cassazione non è sufficiente dissentire dalla valutazione compiuta dai giudici di merito. È necessario dimostrare un vizio logico o giuridico nella loro motivazione. In assenza di tali vizi, il ricorso è destinato all’inammissibilità. La conseguenza per il ricorrente è stata la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a conferma della definitività della decisione impugnata.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte di Cassazione ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse logica e priva di vizi. Le lamentele del ricorrente si limitavano a contestare la valutazione dei fatti, un’attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.

Qual è la ragione per cui non è stata concessa l’attenuante del danno di lieve entità?
L’attenuante non è stata concessa perché i giudici di merito hanno valutato che il valore economico del bene oggetto del reato non era esiguo. Questa valutazione di fatto, essendo stata adeguatamente motivata, non è stata ritenuta modificabile in sede di legittimità.

Perché è stata negata l’attenuante della lieve entità per la tentata estorsione?
L’attenuante è stata negata perché la Corte d’Appello ha fornito una motivazione analitica, basata su specifici elementi del caso, che dimostravano come il fatto non potesse essere considerato di lieve entità. La Corte di Cassazione ha considerato tale motivazione corretta e priva di vizi logici.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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