Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3848 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3848 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Gangi il 04/04/1950
avverso la sentenza del 14/09/2023 della Corte di appello di Trieste visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procurat generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito il difensore, avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 14/09/2023 la Corte di appello di Trieste confermava la sentenza del Tribunale di Pordenone del 25/09/2019, che aveva condannato NOME COGNOME per il reato di tentata estorsione aggravata.
L’imputato, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge in relazione a ritenuta sussistenza del dolo di concorso e degli elementi costitutivi del r tentata estorsione, oltre che alla omessa valutazione di prove a disca Osserva che la Corte territoriale non ha valutato il verbale di interrogatori dall’imputato ed acquisito agli atti del dibattimento di primo grado, oltre memoria difensiva; che, invero, il COGNOME ha evidenziato come sia stato “inconsapevole burattino” nelle mani di NOME COGNOME, il quale, senza spiegare le finalità del suo intervento, gli aveva fatto impersonare il ru
rappresentante di un gruppo di imprenditori di Castelfranco Veneto, al fin comprendere se NOME e NOME COGNOME fossero coinvolti o meno nella sparizion del denaro di NOME COGNOME; che, dunque, l’odierno ricorrente non er stato edotto che ad un certo punto il Bitonti si fosse determinato ad est insieme ad altri una somma di denaro agli COGNOME; che l’imputato, nel co dell’interrogatorio reso al Pubblico Ministero in data 16/03/2013, ha sem negato che nell’incontro del 29/11/2012 si fosse mai parlato dei trecento euro, oltre che dei duecentomila euro, che dovevano essere restituit Lucchese, circostanza questa ritenuta dai giudici di appello, nonostante molte trascrizioni della registrazione dell’incontro non fosse emerso alcun c a somme e importi; che, dalle stesse trascrizioni, non fossero rinvenibili mi portate dall’odierno ricorrente alle persone offese, né riferimenti a cont criminalità organizzata; che, anche le dichiarazioni rese in dibattiment NOME COGNOME andavano nella stessa direzione, avendo questi attribuito COGNOME unicamente il ruolo di raccogliere informazioni dagli COGNOME, al fin accertare un loro eventuale coinvolgimento nella truffa perpetrata ai suoi dan
Rileva, inoltre, la difesa che la Corte territoriale ha omesso l’ana plurime conversazioni telefoniche da cui emergerebbe l’estraneità dell’imput al tentativo di estorsione; che, oltre a quelle intercorse tra il Centi Bitonti, significative risultano anche quelle captate sulla utenza di NOME COGNOME cui contenuto imporrebbe di escludere che il ricorrente abbia mai formalizza richieste economiche o comunque estorsive.
2.2. Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma lett. b), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 56, 629 e 393 cod. pen.
Osserva in proposito che erra la Corte territoriale laddove afferma ch mero intervento del terzo per il recupero di un credito costituisce in ma necessitata un’estorsione; che, del resto, il COGNOME non aveva ricevuto incarico in tal senso, avendo solo il compito di verificare se gli COGNOME av partecipato alla truffa; che, invero, la decisione di passare alle vie di presa da Bitonti, COGNOME e COGNOME; che, dunque, mai il COGNOME ha richi agli COGNOME la restituzione delle somme, né la sua azione è stata finalizz ottenere un ulteriore profitto; che il ricorrente non è stato mosso da un in proprio ed ultroneo rispetto a quello vantato dal creditore mandante; ch conversazione citata nella sentenza impugnata a pagina 35 non è diriment posto che l’imputato ha comunque agito nei limiti del mandato ricevuto, assenza di un interesse proprio e che, solo in una visione prospettica, altri hanno discusso di come una parte del denaro recuperato avrebbe potuto esser investito, circostanza quest’ultima che al più attiene al movente dell’azione.
2.3. Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 311 cod. pe
relazione all’art. 629 cod. pen., evidenziando che – tenuto conto estemporaneità della condotta, della modestia dell’offesa personale alla vit della esiguità delle somme estorte e dell’assenza di profili organizzativi è senz’altro inquadrabile nell’ipotesi di lieve entità, a seguito della sente Corte costituzionale n. 120 del 2023.
2.4. Con il quarto motivo si duole della violazione dell’art. 606, comm lett. b), cod. proc. pen., in relazione all’art. 7 legge n. 203/1991, r come, nel caso di specie, non sia dato rilevare un comportamento minaccios concretamente evocativo del metodo mafioso, sia in ragione del contest territoriale in cui sono maturati i fatti (la tranquilla e pacifica ci Pordenone), sia della estrazione territoriale dei protagonisti della pr vicenda, quali il Bitonti e gli COGNOME, tutti legati da rapporti economici e d calabresi. Osserva, sul punto, che ai fini della configurabilità del metodo maf il riferimento indiretto ed evocativo della consorteria mafiosa potrà rilevanza solo in un territorio in cui è radicata un’organizzazione mafiosa st che esprime un potere noto alla collettività, circostanza questa che non ri nel caso di specie; che, del resto, gli COGNOME non hanno subito passivament richieste, ma hanno instaurato un rapporto dialettico con il creditore e soggetti operanti nell’interesse di quest’ultimo, senza dar seguito alla rich pagamento.
2.5. Con il quinto motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, l b), cod. proc. pen., in relazione all’art. 62-bis cod. pen.
Rileva che la Corte territoriale ha negato il riconoscimento delle circost attenuanti generiche valorizzando una serie di elementi fattuali non riferib ricorrente, che si è limitato ad intervenire in una sola occasione (l’incon 29/11/2012), circostanza questa che esclude quella perfetta intraneità co Bitonti, richiamata dai giudici di appello; che, dunque, non corrisponde a v processuale che il COGNOME abbia partecipato “a lungo” nell’attività crimin che abbia manifestato una particolare intensità del dolo, non avendo utiliz violenza; che nemmeno può essere richiamata la condotta successiva, posto che al Centineo non è stato addebitato nessun reato consumato e che, dop l’incontro in contestazione, è sparito dalla scena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è destituito di fondamento per le ragioni che seguono.
1.1. Il primo motivo non è consentito, atteso che per un verso è costit da mere doglianze di fatto, tutte finalizzate a prefigurare una rivaluta alternativa delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità, p
verso, è aspecifico.
1.1.1. Ed invero, sotto il primo profilo, secondo il consolidato orientam della giurisprudenza della Suprema Corte, anche a seguito della modifi apportata all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., dalla legge n 2006, resta non deducibile nel giudizio di legittimità il travisamento del stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la pr valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gra merito. In questa sede di legittimità, infatti, è precluso il percorso argome seguito dal ricorrente, che si risolve in una mera e del tutto generica alternativa o rivalutazione del compendio probatorio, posto che, in tal ca demanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimità, quale è quella di reinterpretazione degli elementi d valutati dal giudice di merito ai fini della decisione. In altri termini, e limiti di cognizione della Corte di cassazione ogni potere di revisione elementi materiali e fattuali, trattandosi di accertamenti rientranti nel esclusivo del giudice di merito, posto che il controllo sulla motivazione rimes giudice di legittimità è circoscritto, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., alla sola verifica dell’esposizione delle ragioni giuridicamente apprez che l’hanno determinata, dell’assenza di manifesta illogicità dell’esposizi quindi, della coerenza delle argomentazioni rispetto al fine che ne ha giusti l’utilizzo e della non emersione di alcuni dei predetti vizi dal testo impug da altri atti del processo, ove specificamente indicati nei motivi di gr requisiti la cui sussistenza rende la decisione insindacabile (cfr., Sez. 3, del 24/01/2023, NOME COGNOME Rv. 284556 – 01; Sez. 5, n. 26455 de 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283370 – 01; Sez. 2, n. 9106 d 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Pertanto, il sindacato di legittimità non ha per oggetto la revision giudizio di merito, bensì la verifica della struttura logica del provvedimento può, quindi, estendersi all’esame ed alla valutazione degli elementi di acquisiti al processo, riservati alla competenza del giudice di merito, rispet quale la Suprema Corte non ha alcun potere di sostituzione al fine della ricerc una diversa ricostruzione dei fatti in vista di una decisione alternativa.
Dunque, il dissentire dalla ricostruzione compiuta dai giudici di merito voler sostituire ad essa una propria versione dei fatti, costituisce un censura di fatto sul profilo specifico dell’affermazione di responsa dell’imputato, anche se celata sotto le vesti di pretesi vizi di motivazio violazione di legge penale, in realtà non configurabili nel caso in esame, che il giudice di secondo grado ha fondato la propria decisione su di un esaus percorso argomentativo, contraddistinto da intrinseca coerenza logica.
In particolare, si è evidenziato come il COGNOME agisse in accordo co Bitonti, come si desume dal contenuto delle conversazioni intercettate prima dopo l’incontro del 29/11/2012, oltre che dalla condotta tenuta dal COGNOME data 17/01/2013, nonché dal fatto che – accompagnato presso gli uffi dell’agenzia assicurativa degli COGNOME – vi rimaneva davanti per circa un’o fine di far meglio sentire la pressione alle persone offese, condotta quest veniva in tal modo percepita da NOME COGNOME come si evince dalla conversazion telefonica del 17/01/2013, prog. 1069.
Fermo quanto precede, evidenzia il Collegio come la sentenza impugnata in punto di responsabilità costituisca una c.d. doppia conforme della decision primo grado, con la conseguenza che le due sentenze di merito possono esser lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, essendo sta rispettato sia il parametro del richiamo da parte della sentenza d’appello a del Tribunale, sia l’ulteriore parametro costituito dal fatto che entra decisioni adottano i medesimi criteri nella valutazione delle prove (Sez. 6560 del 08/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280654 – 01; Sez. 2, n. 3729 del 12/06/2019, E., Rv. 277218 – 01).
1.1.2. Sotto il secondo profilo, il motivo è aspecifico, atteso che confronta con la motivazione del provvedimento impugnato, che – come accennato – valorizza le intercettazioni telefoniche, da cui risulta il pieno e la comunanza di intenti tra il Centineo ed il Bitonti, con ciò specifica rispondendo alle doglianze difensive (si veda pag. 33 della sentenza impugnata
Quanto alle conversazioni che la difesa assume non analizzate dalla Corte merito, si osserva che, in tema di motivazione della sentenza, è necessario c giudice indichi le emergenze processuali determinanti per la formazione del proprio convincimento, sì da consentire l’individuazione dell’iter logico-giur che ha condotto alla soluzione adottata, essendo irrilevante il silenzio s specifica deduzione prospettata dalla parte, ove essa sia disattesa motivazione complessivamente considerata, atteso che non è necessaria l’esplicita confutazione delle specifiche tesi difensive disattese, ma è suff una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione implicita di tale dedu senza lasciare spazio ad una valida alternativa (Sezione 3, n. 3239 4/10/2022, T., Rv. 284061 – 01), come appunto è avvenuto nella fattispecie.
1.2. Il secondo motivo è infondato.
Ed invero, al netto di ogni altra considerazione (in particolare riferimento alla esatta corrispondenza tra quanto l’agente miri ad ottenere prestazione in astratto giudizialmente esigibile), il Collegio intend continuità al consolidato orientamento secondo il quale deve essere inquadra nella fattispecie di cui all’art. 629 cod. pen. e non in quella di cui all’art. 393
pen. la condotta di chi, anziché denunziare all’autorità il presunto autore d truffa, richieda a quest’ultimo, con violenza o minacce, la restituzione del p del reato (Sez. 2, n. 7964 del 09/01/2024, COGNOME n. m.; Sez. 2, n. 2295 07/04/2022, COGNOME, n. m.; Sez. 2, n. 3516 del 01/12/2022, dep. 2023, La Gamb n. m.; Sez. 2, n. 9972 del 16/02/2022, COGNOME n. m.; Sez. 2, n. 23084 09/05/2018, COGNOME Rv. 273433 – 01).
In particolare, in assenza di qualsiasi accertamento del fatto che Walt NOME COGNOME si fossero effettivamente resi responsabili del concorso n precedente truffa al Lucchese e in presenza di un mero sospetto di ciò da p del Bitonti, quest’ultimo ed il COGNOME non avevano all’evidenza alcun “dirit esercitare una propria indagine personale, nei confronti dei sospettati, di ottenere, con violenza e minaccia, la restituzione di quanto assumevano es l’oggetto della truffa, con l’ulteriore conseguenza che anche l’as convinzione del ricorrente di agire nell’interesse del Lucchese al fine di ese un diritto di quest’ultimo si deve considerare del tutto arbitraria. D corretto inquadramento del fatto nel paradigma di cui all’art. 629 cod. atteso che, per la configurabilità del reato di esercizio arbitrario delle ragioni, è necessario che il soggetto agisca per esercitare un proprio dir non la potestà pubblica volta alla individuazione dell’autore di un fatto ille alla repressione dello stesso, che è integralmente attribuita all’autorità di e all’autorità giudiziaria – con la convinzione, non meramente arbitraria esso gli possa competere giuridicamente; arbitrarietà che, invece, risult tutto evidente in capo a chi ritenga di potere pretendere, con viole minaccia, la restituzione del profitto della truffa precedentemente comme ovvero, in alternativa, una somma a titolo di risarcimento da chi solt sospetti, in assenza di alcun accertamento in tale senso, di averlo truff altri termini, chi ha subìto un reato non può certo sostituirsi alla pubblica pretendendo di farsi giustizia da sé; anzi, tale condotta denota ancor maggiore pericolosità del soggetto, che evidentemente si pone completamente al di fuori delle regole dell’ordinamento. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.3. Il terzo ed il quarto motivo non sono consentiti, in quanto aspeci perché non si confrontano con la motivazione complessiva del provvedimento impugnato.
1.3.1. Invero, la Corte territoriale ha ricostruito l’intera vicenda me bene in evidenza le articolate modalità della condotta criminosa, che si fon sull’accordo tra il Bitonti ed il Centineo: una condotta realizzata in t tutt’altro che estemporanei anche tenuto conto dell’entità ingente della so pretesa, circostanze – queste – che escludono in radice la configurab dell’ipotesi lieve dell’art. 629 cod. pen., come scolpita dalla Corte costitu
nella sentenza n. 120 del 2023.
1.3.2. Quanto alla circostanza aggravante del metodo mafioso, la sentenza pagina 37 dà conto delle ragioni per cui è stata ritenuta la ricorrenza: l’accordo di cui si è detto tra il Centineo, il Lucchese ed il Bitonti, il esplicito da parte di quest’ultimo a consorterie mafiose, cui sarebbe apparte parte del denaro oggetto della truffa, la riferita affiliazione del COGNOME cosca di Totò Riina e le eclatanti minacce di morte in caso di manc restituzione del denaro, sono tutti elementi che concretizzano all’evid l’aggravante in discorso, che si estende anche ai correi Centineo e Lucchese ragione della sua natura oggettiva.
1.4. L’ultimo motivo è inammissibile per carenza di interesse. Inve diversamente da quanto sostiene il difensore, al Centineo sono state riconosc nel giudizio di primo grado le circostanze attenuanti generiche, peraltro, loro massima estensione, di talchè la doglianza – oltre a risultare de eccentrica – non è sorretta da alcun concreto interesse.
Al rigetto del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali.
Così deciso in Roma, il giorno 14 gennaio 2025.