Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6356 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6356 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME nato ad Alcamo il 19/07/1994
avverso la sentenza del 04/04/2024 della Corte d’appello di Palermo dato avviso alle parti;
lette le conclusioni dell’Avv. NOME COGNOME difensore delle tre parti civi quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile e c l’imputato sia condannato alla rifusione delle spese sostenute dalle suddette civili, come da nota che allega;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che l’unico motivo di ricorso, con cui si contesta violazione d legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata derubricazione del reat tentata estorsione ascritto all’odierno ricorrente in quello di cui all’art. pen., non è formulato in termini consentiti in questa sede poiché riprodutti profili di censura già prospettati con l’atto di appello e compiutamente vagl disattesi dalla Corte territoriale con congrue argomentazioni (si vedano le p 3-5 dell’impugnata sentenza), risultando gli stessi non specifici ma sol apparenti, oltre che volti a prospettare una diversa lettura delle ris processuali e un diverso significato da attribuire ai dati probatori posti a bas decisione dei giudici di merito, evidenziando ragioni in fatto per giung
conclusioni differenti sulla corretta qualificazione del contegno posto in essere dal COGNOME;
che, ribadendo come esuli dai poteri di questa Corte quello di una rivalutazione della quaestio facti con criteri di apprezzamento diversi da quelli usati dal giudice di merito, essendo il sindacato di legittimità circoscritto a riscontrar l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074), deve sottolinearsi come i giudici di appello abbiano chiaramente esplicato logiche ragioni di fatto e di diritto per cui la vicenda in esame – venendo in considerazione una minaccia realizzata con finalità estorsive, e non potendosi, contrariamente a quanto paventato dalla difesa, ritenere effettivamente esistente in capo al ricorrente alcun “diritto a risarcimento” – configuri il reato di cui gli artt. 56-629 cod. pen., non potendo a contrario sussumersi nella fattispecie dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose (si veda, in particolare, pag. 5 dell’impugnata sentenza);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
che dalla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalle tre parti civili, che si liquidano in complessivi C 4.000,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalle tre parti civili, che liquida in complessivi C 4.000,00, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2025.