Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 30569 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 30569 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Gioia NOME il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/01/2024 del Tribunale di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, il quale ha chiesto che l’ordinanza impugnata venga annullata senza rinvio;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 06/03/2023, il G.i.p. del Tribunale di Reggio Calabria applicava ad NOME COGNOME la misura cautelare degli arresti domiciliari per essere egli gravemente indiziato dei reati di incendio doloso (di un peschereccio di proprietà della famiglia RAGIONE_SOCIALE) di cui al capo 6) dell’imputazione provvisoria e di estorsione, ai danni di NOME COGNOME, di cui al capo 7) dell’imputazione provvisoria, reati entrambi aggravati ai sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen.
Con ordinanza del 06/04/2023, il Tribunale di Reggio Calabria, in parziale accoglimento della richiesta di riesame che era stata proposta da NOME COGNOME contro la suddetta ordinanza del 06/03/2023 del G.i.p. del Tribunale di Reggio Calabria, annullava quest’ultimo provvedimento limitatamente al capo 6)
dell’imputazione provvisoria, confermandolo, invece, in relazione al capo 7) dell’imputazione provvisoria, qualificando, peraltro, il relativo reato come tentata estorsione.
Con la sentenza n. 474 del 10/11/2023, la Sesta sezione penale della Corte di cassazione, investita del ricorso per cassazione che era stato proposto dall’COGNOME contro l’ordinanza del 06/04/2023 del Tribunale di Reggio Calabria, la annullava, rinviando allo stesso Tribunale per un nuovo giudizio.
Con ordinanza del 19/01/2024, il Tribunale di Reggio Calabria, decidendo in sede di rinvio, confermava l’applicazione all’COGNOME della misura cautelare in relazione al concorso nel reato di tentata estorsione di cui al capo 7) dell’imputazione provvisoria.
Avverso quest’ultima ordinanza del 19/01/2024 del Tribunale di Reggio Calabria, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore, NOME COGNOME, affidato a un unico motivo, con il quale deduce la «violazione dell’articolo 606 comma primo lett. B) ed E) del codice di procedura penale in relazione agli artt. 627 e 273 dello stesso codice ed in relazione ancora all’art. 56628-629, 416 bis 1 c.p. (Capo 7 di incolpazione)».
Dopo avere integralmente trascritto la motivazione della sentenza di annullamento con rinvio della Sesta sezione penale (pagg. 1-5 del ricorso) e dopo avere indicato i limiti dei poteri del tribunale del riesame nel giudizio di rinvio (pa 6 del ricorso), il ricorrente lamenta che il Tribunale di Reggio Calabria avrebbe sia violato gli artt. 273 e 627 cod. proc. pen., sia persistito nel motivare in modo illogico in ordine alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza del suo concorso nel reato di tentata estorsione ai danni di NOME COGNOME di cui al capo 7) dell’imputazione provvisoria.
L’COGNOME lamenta in particolare che il Tribunale di Reggio Calabria, per superare il venir meno della gravità indiziaria del menzionato reato di incendio doloso – il quale avrebbe costituito l’«antecedente logico e cronologico della presunta richiesta estorsiva» – avrebbe valorizzato, onde ritenere integrata una minaccia, l’esistenza di un accordo tra la RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” (alla quale avrebbe fatto riferimento l’COGNOME) e la RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” (alla quale avrebbero fatto riferimento NOME COGNOME e NOME COGNOME), senza tuttavia fornire in proposito «né un profilo motivazionale, né un elemento fattuale sotteso a uno sviluppo argornentativo di tipo logico», con il conseguente carattere immotivato e congetturale dell’argomentazione. Il Tribunale di Reggio Calabria avrebbe quindi omesso di «fornire l’elemento richiesto nella sentenza rescindente, la prova del preteso accordo preesistente con cui i Pirornalli ed i COGNOME i quali avrebbero deciso di sottoporre a doppia estorsione il RAGIONE_SOCIALE, costringendolo a pagare la
protezione ai COGNOME e conferire il pescato ai COGNOME», «prescindendo dal reato di cui al capo 6».
Il ricorrente denuncia poi che l’ordinanza impugnata, anche per il fatto di avere reputato il «ruolo centrale» della partecipazione dell’COGNOME al summit del 03/12/2020 (pag. 14 dell’ordinanza impugnata), sarebbe incorsa nei medesimi vizi di illogicità della «motivazione relativamente alla riconducibilità di tali condot estorsive anche all’COGNOME» che erano stati ravvisati nella sentenza di annullamento con rinvio (pag. 3 della stessa).
L’COGNOME contesta altresì che: a) «non appare logico riflettere fatti e valutazioni ricadenti nella sfera del duo COGNOME in capo alla posizione personale di COGNOME»; b) i fatti oggetto del procedimento penale cosiddetto “RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE” «erano stati già presi in considerazione dal TdI in sede di prima istanza e non ritenuti indizianti per il presente contesto, così come le argomentazioni in ordine alle intercettazioni fra terze persone di nuovo oggi menzionate»; c) «se il riesame rileva (fogli 7 e 8) che prima dell’incontro i vari COGNOME, COGNOME ecc avessero ripetutamente evidenziato la loro estraneità rispetto all’incendio ed allo stesso pescato, allora appare illogico che esso ricorrente avesse usato minaccia in tale senso, donde incriminato incontro di dicembre. Implicitamente l’ordinanza impugnata incorre nel medesimo errore».
Il ricorrente lamenta ancora che l’argomentazione dell’ordinanza impugnata con riguardo alla «coartazione della volontà del RAGIONE_SOCIALE» «non restituisce una motivazione autonoma ed indipendente dal reato di cui al capo 6 che possa evitare di ripetere i vizi di motivazione rilevati nel provvedimento annullato»; ciò con particolare riferimento all’«autonoma condotta finalizzata ad estorcere il pescato al RAGIONE_SOCIALE, a maggior rigore in punto di logica se i COGNOME avevano già esternato l’estraneità rispetto all’incendio e l’assenza di volontà in ordine all’acquisizione d beni (pescato) da parte del RAGIONE_SOCIALE».
Il Tribunale di Reggio Calabria avrebbe anche omesso di confrontarsi con i pur richiamati contenuti di conversazioni intercettate «che attestano la smentita proveniente dallo stesso COGNOME circa la responsabilità dell’incendio del peschereccio e il non voler il pescato del RAGIONE_SOCIALE (fogli 7 e 8)».
L’COGNOME rappresenta infine la permanenza della «frattura logica di una presunta tentata estorsione che vede: 1. L’indifferenza del preteso estortore; 2. L’assenza di una riferibilità causale ai COGNOME stante la loro pretesa individuazione solo a seguito di un episodio (capo 6) che li vede estranei ; 3. L’assenza di una coartazione, considerato che il RAGIONE_SOCIALE non conferisce il pescato; 4. La presenza di una presunta condotta estorsiva a carico del duo COGNOME in relazione alla c.d. “protezione”».
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’unico motivo non è fondato.
In caso di annullamento per vizio di motivazione, il giudice di rinvio è investito di pieni poteri di cognizione e, salvi i limiti derivanti da un eventua giudicato interno, può rivisitare il fatto con pieno apprezzamento e autonomia di giudizio, sicché non è vincolato all’esame dei soli punti indicati nella sentenza di annullamento, ma può accedere alla piena rivalutazione del compendio probatorio, in esito alla quale è legittimato ad addivenire a soluzioni diverse da quelle del precedente giudice di merito (Sez. 1, n. 5517 del 30/11/2023, dep. 2024, Lombardi, Rv. 285801-02), purché motivi il suo convincimento sulla base di argomenti diversi da quelli ritenuti illogici o carenti in sede di legittimità (Sez. n. 41085 del 03/07/2009, L., Rv. 245389-01).
Con particolare riferimento al giudizio di rinvio del quale sia investito tribunale del riesame, la Corte di cassazione ha affermato che il principio dell’autonoma valutazione dei gravi indizi e delle esigenze cautelari, previsto dall’art. 292 cod. proc. pen. con riferimento all’ordinanza cautelare genetica, non si applica nel giudizio di rinvio dinanzi al tribunale del riesame, in cui il giudic tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato dalla Corte di cassazione nella pronuncia di annullamento, restando vincolato alle valutazioni e alle richieste di integrazione sul piano motivazionale dalla stessa formulate, se di determinante rilevanza ai fini della decisione (Sez. 6, n. 19942 del 07/02/2019, COGNOME, Rv. 276066-01).
Nel caso in esame, la Sesta sezione penale, nel ritenere l’illogicità della motivazione dell’impugnata ordinanza del 06/04/2023 del Tribunale di Reggio Calabria «relativamente alla riconducibilità di tali condotte estorsive anche all’COGNOME», aveva valutato che, una volta venuta meno la gravità indiziaria del reato di incendio del peschereccio della famiglia COGNOME – fatto che avrebbe costituito il presupposto della «minaccia implicita» (così il capo 7 dell’imputazione provvisoria) del reato di tentata estorsione -, per affermare la gravità indiziaria del concorso dell’COGNOME in quest’ultimo reato «sarebbe stato necessario chiarire in modo adeguato il contributo causale posto in essere dal predetto nell’ambito della fattispecie di cui all’art. 629 cod. pen., non essendo sufficiente una sorta di possibile “vantaggio” che questi avrebbe potuto conseguire se il reato si fosse consumato».
Sempre secondo la Sesta sezione, non avrebbe costituito una motivazione idonea a dimostrare il concorso dell’COGNOME nella tentata estorsione né l’argomentazione basata sulla «circostanza che nel corso dell’incontro con i due esponenti di RAGIONE_SOCIALE diversa rispetto a quella “COGNOME“, cui farebbe riferimento COGNOME, COGNOME NOME ha promesso di dare somme di denaro “al duo COGNOME
COGNOME“» né il riferimento, che figurava a pag. 11 dell’ordinanza allora impugnata, al fatto che «”alla proposta rivoltagli affinché conferisse il pescato all’asta manifestava aperture, pur dovendo confrontarsi con il padre e lo zio coinvolto nell’attività imprenditoriale” (pag. 11)». L’inidoneità di ta motivazione a dimostrare il concorso dell’COGNOME nella tentata estorsione sarebbe derivata dal fatto che, secondo l’ordinanza allora impugnata, «trovandosi “in una condizione di soggezione per il danneggiamento subito, COGNOME NOME, riconducendone la causale alla scelta di non conferire il pescato all’asta controllata dai COGNOME, era costretto a rivolgersi a COGNOME NOME e COGNOME NOME affinché intervenissero a sua tutela nell’insorta contesa”; danneggiamento in merito al quale, come si è già visto, è stata esclusa la gravità indiziaria a carico dell’COGNOME».
Nell’annullare, per tali ragioni, l’ordinanza impugnata, la Sesta sezione demandava al giudice del rinvio di «rivalut gli elementi emersi dalle indagini onde verificare se gli stessi diano conto di una condotta, apprezzabile in termine di concorso penalmente rilevante, ascrivibile a livello di gravità indiziari all’COGNOME in odine all’addebito di cui al Capo 7)».
Ciò posto, il Collegio ritiene che il Tribunale di Reggio Calabria, giudicando in sede di rinvio, nel motivare la gravità indiziaria del concorso dell’COGNOME nel reato di tentata estorsione ai danni di NOME COGNOME, abbia argomentato il proprio convincimento rispondendo alle richieste di integrazione motivazionale che erano state formulate dalla Sesta sezione penale e utilizzando, a tale fine, argomenti diversi da quelli che erano stati ritenuti illogici dalla stessa Sest sezione, oltre che, in sé stessi, privi di contraddizioni e illogicità.
Il Tribunale di Reggio Calabria ha in particolare argomentato come, nonostante l’esclusione dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell’COGNOME per il reato di incendio del peschereccio della famiglia COGNOME, fosse comunque ravvisabile una situazione di costrizione di NOME COGNOME, ingenerata da una minaccia silente riconducibile anche all’COGNOME, a conferire il proprio pescato alle aste del pesce che erano controllate dalle società che facevano capo alla RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” (anziché venderlo direttamente alle pescherie).
Dopo avere precisato come, nel capo 7) dell’imputazione provvisoria, il menzionato incendio del peschereccio dei RAGIONE_SOCIALE, in quanto indicato come mero antecedente cronologico, non si dovesse ritenere costituire una condizione necessaria del giudizio di gravità indiziaria, il Tribunale di Reggio Calabria ha fondato il nuovo giudizio di gravità indiziaria del concorso dell’COGNOME nel suddetto reato di tentata estorsione ai danni di NOME COGNOME sui seguenti elementi indizianti, i quali emergevano dal contenuto di numerose conversazioni intercettate: a) il rifiuto di NOME COGNOME COGNOME continuare a conferire il pescat
all’asta di NOME aveva generato una frizione con NOME COGNOME e con NOME COGNOME (il quale pure avrebbe fatto capo alla RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE“) (conversazione del 24/10/2020 tra NOME COGNOME e NOME COGNOME); b) in una tale situazione, come era risultato da più conversazioni intercettate, NOME COGNOME aveva esternato la minaccia di incendiare il peschereccio della famiglia COGNOME, minaccia che era pervenuta alle orecchie di NOME COGNOME; c) il summit del 03/12/2020 era risultato voluto da NOME COGNOME al fine di ottenere l’impegno della RAGIONE_SOCIALE” a non compiere atti «emulativi» (così l’ordinanza impugnata) nei confronti del COGNOME, con la pretesa che, in ragione della rilevanza della questione, tale impegno fosse assunto da NOME COGNOME, in quanto esponente di vertice del RAGIONE_SOCIALE“; d) in occasione di tale summit del 03/12/2020 (al quale avevano partecipato, oltre ad NOME COGNOME: dal lato dei “RAGIONE_SOCIALE“, NOME COGNOME e NOME COGNOME; dal lato dei “RAGIONE_SOCIALE“, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME), NOME COGNOME – al quale in precedenza NOME COGNOME aveva spiegato che non avrebbe potuto sottrarsi alle decisioni che sarebbero maturate nel confronto tra le due cosche (conversazione del 11/11/2020 tra NOME COGNOME e il fratello NOME COGNOME) e che in precedenza era stato fortemente contrario a conferire il proprio pescato all’asta – aveva mutato intendimento, ancorché avesse preso tempo per confrontarsi con il padre e con lo zio.
In tale complessivo contesto, il Tribunale di Reggio Calabria ha ritenuto la centralità dell’elemento dell’attiva partecipazione dell’COGNOME a quest’ultimo summit, quale interlocutore privilegiato di NOME COGNOME – per essere l’COGNOME referente del RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” e soggetto che controllava l’asta del pesce nel territorio di NOME NOME e con il quale specificamente i soggetti appartenenti al RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” avevano sollecitato un incontro che potesse porre fine alla questione e alle preoccupazioni del RAGIONE_SOCIALE di subire danneggiamenti -, e argomentava la connotazione estorsiva della richiesta di conferimento del pescato alle società che facevano capo alla RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” con riferimento ai fatti che la stessa richiesta: a) faceva seguito a un’iniziativa estorsiva – in ordine alla quale era intervenuto, nell’ambito del procedimento “RAGIONE_SOCIALE“, il cosiddetto “giudicato cautelare” che era stata assunta l’anno precedente dall’COGNOME nei confronti del padre di NOME COGNOME e titolare dell’impresa ittica NOME COGNOME; b) faceva altresì seguito alla minaccia di incendiare le barche dei COGNOME che era stata espressa da NOME COGNOME – facendo in modo che essa pervenisse alle orecchie dei destinatari – dopo che gli stessi COGNOME avevano smesso di conferire il proprio pescato; c) si inseriva nel contesto di una «definizione mafiosa» che prevedeva la “protezione” di NOME COGNOME, patrocinato dai membri del RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE“, e
l’assicurazione dei membri del RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” di non attentare ai beni strumentali dell’impresa della famiglia RAGIONE_SOCIALE.
Tale motivazione della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del concorso dell’COGNOME nella tentata estorsione ai danni di NOME COGNOME, come si è anticipato, risulta avere risposto alle richieste di integrazione motivazionale che erano state formulate dalla Sesta sezione e avere utilizzato, a tale fine, degli argomenti diversi da quelli che erano stati ritenuti illogici dalla stessa Sesta sezione; argomenti che, in sé stessi, appaiono, altresì, del tutto privi di contraddizioni e di illogicità.
La stessa motivazione si sottrae, perciò, alle censure di violazione di legge e motivazionali che sono state sollevate con l’unico motivo di ricorso.
Pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 14/05/2024.