Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 11979 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 11979 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 26/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CINQUEFRONDI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/09/2023 del TRIB. LIBERTA’ di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME.
Il Proc. Gen. si riporta alla requisitoria depositata in atti e conclude pe l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 22 settembre 2023, il Tribunale di Reggio Calabria, sezione per il riesame, confermava, in sede di rinvio a seguito dell’annullamento della precedente decisione del 3 febbraio 2023, il provvedimento con il quale il GIP del medesimo Tribunale aveva applicato a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere anche per i delitti contestatigli ai capi 34, 35 e 36, permanendo la stessa per i capi 1, 16, 65, non attinti dalla sentenza di annullamento.
Questi ultimi erano:
al capo 1, la partecipazione al RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE ed operante nella zona di Rosarno;
al capo 16, una violenza privata tentata, aggravata ai sensi dell’art. 416 bis 1 cod. pen.;
al capo 65, la detenzione di un fucile a pompa, con la medesima aggravante;
I reati oggetto del presente ricorso sono, invece, quelli come si è detto, contestati a COGNOME ai capi 34, 35 e 36, che attengono a tre episodi di tentata estorsione, tutti aggravati ai sensi dell’art. 416 bis.1 cod. pen., rispettivamente ai danni di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, tutti titolari di fondi agricoli siti in INDIRIZZO, in agro di Rosarno.
1.1. La Prima sezione di questa Corte aveva annullato il precedente provvedimento di conferma della misura in ordine ai predetti reati, ravvisando, invece, difetti motivazionali in ordine:
ai capi 34 e 36, in relazione alla configurabilità del tentativo stesso di reato, non essendo stati individuati elementi concreti che consentissero di affermare che le richieste estorsive del referente della RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, affidate a degli intermediari, fossero realmente pervenuti alle persone offese o come altrimenti dovesse ritenersi concretato il tentativo di estorsione e non la mera esecuzione ai atti preparatori;
al capo 35, relativamente al concorso del prevenuto nella richiesta estorsiva direttamente formulata dal COGNOME alla persona offesa.
1.2. Il Tribunale confermava l’ordinanza genetica osservando quanto appresso.
1.2.1. Quanto al capo 34, la tentata estorsione a danno di NOME COGNOME (con la richiesta di somme di denaro in corrispettivo della protezione del RAGIONE_SOCIALE di riferimento della zona, il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE), era emerso:
dalla conversazione del 19 febbraio 2020, che NOME COGNOME, personaggio di vertice del RAGIONE_SOCIALE, presente COGNOME – al quale COGNOME faceva diretto riferimento affermando che “c’è lui tutti i giorni che passa .. non si avvicina nessuno” -aveva dato incarico a NOME COGNOME di riferire la sua richiesta estorsiva al COGNOME; ed in cui COGNOME aveva assicurato COGNOME stesso che avrebbe assolto l’incarico, impegnandosi a dargliene conferma.
– dalla conversazione del giorno successivo, il 20 febbraio 2020, in cui NOME COGNOME, coniuge del COGNOME, aveva esortato il marito a non insistere con le richieste estorsive avanzate al COGNOME, anche considerando i buoni rapporti che lei stessa aveva con l’intermediario, NOME COGNOME, a sua volta cogNOME del COGNOME.
Il Tribunale considerava, allora, come fosse emerso che COGNOME fosse proprio l’uomo che si interessava della “protezione” garantita dalla RAGIONE_SOCIALE COGNOME ai proprietari dei fondi siti in INDIRIZZO e che, in tale veste, avesse partecipato al colloquio fra COGNOME e COGNOME.
Quest’ultimo, poi, pur non essendo direttamente riconducibile alla RAGIONE_SOCIALE, era il cogNOME del COGNOME, così da trovarsi nella posizione di ideale intermediario della richiesta estorsiva, ben conoscendo egli il ruolo, di intraneo nel sodalizio COGNOME, del COGNOME.
1.2.2. Quanto al capo 35, la tentata estorsione ai danni di NOME COGNOME, era emerso che, il 3 marzo 2020, il ricorrente COGNOME e la persona offesa NOME COGNOME si erano recati presso l’abitazione del COGNOME e che vi si erano trattenuti per circa mezzora (la conversazione non era stata intercettata), entrando ed uscendo nei medesimi minuti; nella, immediatamente successiva, conversazione (intercettata), COGNOME si era lamentato con la moglie NOME COGNOME che erano due anni che COGNOME non pagava la protezione.
1.2.3. Quanto al capo 36 della rubrica, la tentata estorsione ai danni di NOME COGNOME, era emerso, dalla conversazione del 4 marzo 2020, che COGNOME aveva dato incarico a NOME COGNOME di sollecitare a COGNOME il pagamento della protezione, pena la restituzione del terreno che stava coltivando; un onere che, in caso di vendita del terreno, avrebbe dovuto assolvere l’acquirente; COGNOME, presente, aveva confermato, all’intermediario, le parole del COGNOME.
Del resto, come si è visto, COGNOME era sempre presente quando NOME avanzava le ricordate richieste di pagamento di somme a titolo di guardiania, così rafforzandole. COGNOME poi era consapevole della caratura criminale di COGNOME ed era evidente nel contesto locale la provenienza dal RAGIONE_SOCIALE della richiesta.
1.4. Quanto, infine, alla configurabilità della circostanza aggravante di cui all’art. 416 bis 1 cod. pen., osservava il Tribunale che, nel ricorso, non si era stato contestato il profilo del metodo mafioso, del resto reso evidente dallo stesso contenuto delle conversazioni intercettate e che la finalità di agevolazione del RAGIONE_SOCIALE era anch’essa resa evidente dall’appartenenza, sia del COGNOME sia del COGNOME, al sodalizio, nel cui interesse, pertanto, avevano avanzato le richieste estorsive, peraltro tipiche del modus operandi di un’associazione di tipo mafioso, com’era la RAGIONE_SOCIALE nella zona di Rosarno.
Propone ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore AVV_NOTAIO Accorretti, articolando le proprie censure in quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del quadro indiziario relativo al capo 34 dell’imputazione.
La motivazione sul punto era rimasta carente posto che, illustrato come vi fosse prova che NOME aveva incaricato NOME COGNOME di riferire la sua richiesta estorsiva, nulla era emerso circa il fatto che egli avesse effettivamente assolto l’incarico affidatogli.
Così non colmando, il Tribunale, il vizio motivazionale evidenziato nella sentenza di annullamento.
Né potevano valorizzarsi a tal fine le ulteriori circostanze evidenziate nel provvedimento impugNOME: il legame familiare fra l’intermediario COGNOME e la persona offesa COGNOME, l’impegno che COGNOME aveva assunto (riservandosi di far sapere a COGNOME quando l’avrebbe assolto), lo spessore criminale del COGNOME, la riconducibilità della particolare richiesta estorsiva alle attività tipiche del cla come quello dei COGNOME in Rosarno, egemone nel territorio.
Circostanze che costituivano una motivazione meramente assertiva.
2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del quadro indiziario relativo al capo 36 dell’imputazione.
L’unica conversazione intercettata citata dal Tribunale non costituiva un indizio del fatto che la persona offesa, NOME COGNOME, avesse ricevuto la richiesta estorsiva di COGNOME, a cui peraltro l’imputato non aveva fornito contributo alcuno (restando del tutto avulse da tale quadro le citate condotte, ad opera di un soggetto terzo alla vicenda, NOME COGNOME).
Il Tribunale si era limitato ad affermare che la presenza del prevenuto sul posto costituiva un’idonea forma di intimidazione e che la prova che il messaggio
fosse pervenuto alle persone offese costituiva al più il discrimine fra la forma del delitto tentato e quello consumato.
Non erano conclusive le circostanze evidenziate dal Tribunale: il legame familiare fra l’intermediario COGNOME e la persona offesa COGNOME, la disponibilità del COGNOME a svolgere l’incarico affidatogli, la caratura criminale del COGNOME, la riconducibilità di tale richiesta al RAGIONE_SOCIALE egemone nella zona.
Posto che, neppure in relazione a tale complessiva condotta, si era accertato che la richiesta estorsiva fosse effettivamente pervenuta alla persona offesa.
2.3. Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del quadro indiziario relativo al capo 35 dell’imputazione.
Nel caso di specie non era stata neppure raggiunta la prova che il prevenuto fosse presente al colloquio che COGNOME aveva avuto con la persona offesa COGNOME o che fosse consapevole del contenuto dell’incontro.
Nella sentenza di annullamento si era già escluso che la presenza del ricorrente potesse essere dedotta dalla richiesta di protezione.
Né aveva rilievo la precedente presenza in casa COGNOME quando questi aveva formulato diverse richieste estorsive, del medesimo tipo (rivolte ai titolari di fondi agricoli), avendo, queste, per oggetto vicende diverse.
2.4. Con il quarto motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta configurabilità in riferimento a tutti i cap indicati, dell’aggravante di cui all’art. 416 bis 1 cod. pen..
Una censura che, nella sentenza di annullamento, si era ritenuta assorbita e che doveva essere, così, oggetto di valutazione da parte del Tribunale.
Ed invece, nel provvedimento impugNOME non si era motivato, se non in modo del tutto apparente, né sul metodo mafioso né sulla finalità di agevolazione della consorteria.
Il Procuratore generale della Repubblica, nella persona del sostituto NOME COGNOME, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
In relazione ai capi 34 e 36 la sentenza di annullamento della Prima sezione di questa Corte, aveva rilevato come non vi fosse prova che le richieste estorsive,
affidate da NOME COGNOME, per conto del RAGIONE_SOCIALE, a degli intermediari, fossero realmente pervenute ai rispettivi destinatari.
La Prima sezione aveva così tracciato, in relazione al ricorso del COGNOME per le tre ipotesi di tentata estorsione al medesimo ascritte, il discrimine fra gli att preparatori ed il tentativo, appunto, di reato, nel pervenimento alle persone offese della richiesta estorsiva, avanzata dal COGNOME (con l’eventuale concorso del COGNOME), attraverso gli intermediari più sopra citati.
La Prima sezione aveva tuttavia anche aggiunto che, in alternativa, occorreva individuare le ragioni per ritenere che, ciò nonostante, le richieste del COGNOME, pur non essendovi prova che fossero pervenute alle persone offese, dovessero considerarsi esse stesse idonee e dirette in modo non equivoco a raggiungere tale esito.
Il Tribunale aveva ritenuto di poter colmare il rilevato vizio motivazionale riportando le conversazioni del COGNOME (e in parte del COGNOME stesso) illustrando poi il contesto in cui si erano inserite.
E, tuttavia, dalle conversazioni intercettate, emergeva ancora e soltanto che NOME aveva affidato a degli intermediari l’incarico di recapitare le richieste estorsive, senza però che emergesse se le stesse fossero effettivamente pervenute ai rispettivi destinatari.
E le ulteriori circostanze valorizzate per confermare il quadro indiziario -il ruolo del COGNOME nel RAGIONE_SOCIALE COGNOME, i compiti del COGNOME nel medesimo – non appaiono affatto tranquillanti anche tenendo conto del fatto che, pur avendo gli intermediari assicurato che avrebbero riferito dell’assolvimento dell’incarico loro affidato, nulla era emerso in tal senso, in alcuna delle conversazioni che erano intercettate e registrate nell’abitazione del COGNOME (a tacere poi del fatto che le richieste stesse, del NOME, non apparivano particolarmente obbliganti, avendo potuto, NOME COGNOME, la moglie del COGNOME, con lui lamentarsi della richiesta fatta al COGNOME, e non avendo il COGNOME versato somma alcuna per anni).
Del resto, gli intermediari stessi apparivano ben più prossimi ai destinatari delle richieste che al COGNOME stesso, così da lasciare il fondato dubbio (avvalorato dalla già rilevata assenza di conferma dell’a’vvenuto recapito delle richieste) del mancato adempimento dell’incarico.
Quanto alla tentata estorsione contestata al capo 35, la mera contemporanea presenza di COGNOME nell’abitazione del COGNOME quando vi si era recato anche COGNOME, la persona offesa di tale reato, non consente nè di dedurre che, in quella occasione fra COGNOME e COGNOME, si fosse parlato delle somme che il secondo avrebbe dovuto versare al primo, né che COGNOME fosse stato effettivamente presente al colloquio.
Ponendosi così, le circostanze di contorno valorizzate dal Tribunale, solo come mere congetture sia dell’uno, il contenuto del colloquio, sia dell’altro, la compresenza di COGNOME, fatto da provare.
Dovendosi anche considerare che, pur emergendo come fosse in atto l’ascolto delle conversazioni nell’abitazione del COGNOME (come emerge dalla successiva conversazione di questi con la moglie), proprio la conversazione che avrebbe disvelato il tentato reato non era stata captata.
L’ordinanza impugnata va pertanto annullata per difetto di motivazione.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugNOME con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Reggio Calabria in diversa composizione.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, in Roma il 26 gennaio 2024.