Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 29961 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 29961 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Cercola il DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO, di fiducia avverso la sentenza in data 20/11/2023 della Corte di Appello di Napoli, quarta sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
preso atto che è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli artt 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del
/(1
d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udita la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udita la discussione del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso; letta la memoria depositata in data 12/06/2024 dal difensore del ricorrente ;
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Napoli, in esito a giudizio dibattimentale, ha confermato la pronuncia del Tribunale di Noia emessa in data 28/04/2021 che aveva condannato il ricorrente per il reato di tentata estorsione in danno di COGNOME NOME NOME COGNOME NOME commesso il 13/06/2018 con relativa irrogazione della pena di un anno quattro mesi di reclusione ed Euro 300,00 di multa, condizionalmente sospesa e con il beneficio della non menzione. I giudici di merito ritenevano provata l’ipotesi accusatoria secondo la quale l’odierno ricorrente NOME COGNOME, amministratore di fatto della società “RAGIONE_SOCIALE“, avente in gestione un impianto di carburante, aveva compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere, dietro espressa minaccia di licenziamento, i due dipendenti COGNOME NOME e COGNOME NOME alla emissione di una o più cambiali dell’importo complessivo di 10.000,00 Euro, a titolo di garanzia della corretta gestione del denaro incassato dai clienti nel corso dei turni di lavoro.
Avverso la sentenza di secondo grado, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, articolando quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo, si deduce inosservanza o erronea applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 56-629 cod. pen. sotto il profilo dell’elemento oggettivo del reato e carenza di motivazione.
La Corte territoriale non ha correttamente valutato la reale valenza delle cambiali in garanzia il cui rilascio era stato richiesto ai dipendenti dell’impianto carburante senza in alcun modo prospettare loro il licenziamento in caso di rifiuto e si è limitata richiamare le argomentazioni del giudice di primo grado senza in alcun modo confutare quanto dedotto nell’atto di appello.
Con detto gravame si evidenziava, richiamando precisi atti istruttori, che, dopo il preavviso di dimissioni rassegnate dal responsabile di cassa COGNOME NOME (il quale al momento della assunzione di tale qualifica aveva sottoscritto una cambiale del valore di Euro 10.000,00 pari all’introito medio quotidiano
dell’impianto, accompagnata da un disciplinare che prevedeva la sua messa all’incasso solo ed esclusivamente in caso di ammanchi accertati a seguito di verifiche di cassa esperite da un soggetto terzo), il gestore dell’impianto COGNOME NOME e l’imputato COGNOME, figlio del proprietario, avevano deciso di far subentrare al COGNOME i due dipendenti COGNOME e COGNOME, proponendo anche a loro la sottoscrizione per ognuno di analoga cambiale di 5.000,00 Euro e del relativo disciplinare (ovvero di Euro 10.000,00 ove solo uno dei due si fosse reso disponibile). La proposta era stata formulata da COGNOME ma rifiutata dai due lavoratori; alla mancata accettazione di sottoscrizione delle cambiali non era conseguito il licenziamento, bensì l’allontanamento dei due dipendenti per chiusura dell’impianto, necessitata dall’assenza di un responsabile e poi una contestazione disciplinare nei loro confronti correlato ad un ammanco di cassa pari ad Euro 900,00 che, nel frattempo, era stato rilevato da COGNOME.
Il licenziamento era intervenuto successivamente (cioè solo il 3/07/2018) e per una ragione ben diversa dal rifiuto di rilasciare le cambiali richieste e cioè per l’ulteriore accertato ammanco per più di 6.000,00 Euro.
Tra il licenziamento e la mancata sottoscrizione dei titoli di credito non vi era dunque alcun rapporto di causa – effetto, come invece affermato dal giudice di appello che ha ignorato i dati processuali e la scansione temporale degli eventi.
Deduce il difensore che, la peculiare natura e funzione che le cambiali rivestivano, escludono la configurabilità del reato di estorsione tentata, mancando sia l’ingiusto profitto che il corrispondente altrui danno,atteso che l’azionamento di tali titoli non era rimesso all’arbitrio del COGNOME ma era sottoposto ad una condizione certa ed imprescindibile – come espressamente regolamentato nel disciplinare- e cioè il verificarsi dell’ammanco di cassa accertato da un contabile, con la conseguenza che la diminuzione patrimoniale si prospettava solo come eventuale e cioè in presenza di un fatto illecito ad opera del firmatario da cui sarebbe scaturito a suo carico l’obbligo di risarcimento del relativo danno.
Rispetto a tali dati messi in luce dalla difesa, il Giudice di appello ha omesso ogni valutazione sostenendo che le cambiali di cui era stato richiesto il rilascio erano “azionabili ad nutum, a piacimento del COGNOME“, affermazione che è in aperto contrasto con il tenore del disciplinare.
La Corte territoriale ha anche omesso di considerare gli ulteriori rilievi difensivi svolti nell’atto di appello laddove si evidenziava che – contrariamente a quanto affermato dal Giudice di primo grado secondo cui COGNOME non aveva rappresentato ai due dipendenti la necessità di sostituire il referente di cassa COGNOME – il dialogo registrato il 13/06/2018 tra l’imputato COGNOME e COGNOME NOME conteneva non solo il chiaro riferimento alle dimissioni rassegnate proprio da COGNOME e al subentro dello stesso COGNOME e del collega COGNOME quali nuovi responsabili, ma anche
3 GLYPH
l’espresso richiamo alla peculiare finalità di garanzia delle cambiali richieste che lo stesso COGNOME, in dibattimento, ha confermato essergli state prospettate da COGNOME proprio negli stessi termini.
2.2.Con il secondo motivo isi deduce inosservanza o erronea applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 56-629 cod. pen., sotto il profilo dell’elemento soggettivo del reato e carenza di motivazione.
La Corte territoriale ha ritenuto che la condotta dell’imputato fosse stata posta in essere nella prospettiva di conseguire un ingiusto profitto con altrui danno; tuttavia,tale assunto è il frutto della mancata valutazione dei dati probatori già richiamati nel primo motivo che, se considerati, avrebbero dovuto portare alla esclusione di qualsivoglia finalità predatoria nell’agire di COGNOME e ad affermare che, nell’ottica dell’imputato, la richiesta di sottoscrizione delle cambiali aveva una precisa ragione logica e non una indebita finalità lucrativa.
2.3. Con il terzo motivo,si deduce inosservanza o erronea applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 56-629 cod. pen., sotto il profilo della attribuibilità del fatto all’imputato e carenza di motivazione.
La Corte territoriale ha ritenuto attendibili le deposizioni dibattimentali dell persone offese, nonostante le marcate contraddizioni evidenziate nei rilievi difensivi che non sono stati esaminati e confutati. Tale giudizio di affidabilità è stato espresso anche con riferimento all’affermato ruolo in capo all’imputato di amministratore di fatto della società che gestiva l’impianto di carburante, decisamente escluso non solo da quest’ultimo ma anche dai testimoni COGNOME e COGNOME che il giudice di appello non ha valutato.
2.4. Con il quarto motivo, si deduce inosservanza della legge penale in relazione all’art. 610 cod. pen. e carenza di motivazione.
Nei motivi di appello la difesa aveva invocato la riqualificazione del fatto nel meno grave reato di violenza privata evidenziando che la pretesa sottoscrizione delle cambiali non aveva creato un obbligo patrimoniale immediato e diretto a carico delle persone offese, bensì una assunzione di garanzia che, solo al verificarsi di una condizione precisa e ben disciplinata (e cioè una condotta illecita dei firmatari), avrebbe determinato conseguenze patrimoniali.
La Corte territoriale ha ritenuto non fondata la richiesta con motivazione generica ed assertiva e con richiamo a massime giurisprudenziali inconferenti rispetto al caso concreto; così mostrando ancora una volta di avere omesso ogni valutazione in merito alla reale funzione che la sottoscrizione delle cambiali doveva assolvere.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I primi due motivi di ricorsi, da valutarsi congiuntamente, sono manifestamente infondati in quanto meramente reiterativi delle doglianze già dedotte in appello e volti a sollecitare in questa sede una rivisitazione di profili attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio, già vagliati ed affrontati con adeguata e logica motivazione dai giudici del merito che hanno correttamente configurato nel caso di specie gli elementi costitutivi oggettivi e soggettivi del delitto di tentata estorsione.
1.2. E’ altrettanto noto che non rientra nei poteri del giudice di legittimità quello di effettuare una rilettura degli elementi storico-fattuali posti a fondamento del motivato apprezzamento al riguardo svolto nell’impugnata decisione di merito, essendo il relativo sindacato circoscritto alla verifica dell’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari aspetti o segmenti del percorso motivazionale ivi tracciato (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794 e successivamente Sez. 3, n. 35397 del 20/06/2007; Sez.2, n. 21644 del 13/02/2013, COGNOME ed NOME, Rv.255542; Sez. 4, n. 31224 del 16/06/2016).
L’accertamento di fatto è riservato al giudice della cognizione, sicchè le censure di merito agli apprezzamenti singoli e complessi sul materiale probatorio costituiscono motivi diversi da quelli consentiti (art. 606, comma 3, cod. proc. pen.). Inammissibili sono /pertanto,tutte le doglianze che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove e che
evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti della attendibilità delle prove testimoniali, della credibilità della persona offesa e dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (cfr 9 Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015 COGNOME ed NOME, Rv.262575; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965; Sez. 2, n. 38393 del 20/07/2016; Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271623; Sez. 4 n. 10153 dell’11/02/2020, C., Rv.278609). Allorquando il giudice di merito ha espresso il proprio apprezzamento, la ricostruzione del fatto è definita e le sole censure possibili nel giudizio di legittimi sono quelle dei soli tre tassativi vizi indicati dall’art. 606, comma 1, lett. e) cod proc. pen., ciascuno dotato di peculiare oggetto e struttura ed è costante insegnamento di questa Corte che la deduzione alternativa di vizi, invece assolutamente differenti, è di per sé indice di genericità del motivo di ricorso e, in definitiva, “segno” della natura di merito della doglianza che ad essi solo strumentalmente tenta di agganciarsi.
1.3. Tanto premesso, nel caso di specie la motivazione della Corte d’appello non è fatto carente rispetto alle censure e deduzioni difensive in punto di giudizio di responsabilità e di qualificazione giuridica del fatto che ha esaminate analiticamente e le ha disattese con specifiche argomentazioni, previo preciso richiamo a risultanze probatorie aderenti al compendio processuale e non palesemente incongrue agli assunti che sono stati tratti; con tale apparato argomentativoy il ricorrente non si confronta e propone soltanto una diversa “lettura” degli elementi istruttori, ossia una operazione non consentita in sede di legittimità.
1.4 Il giudice di secondo grado non ha affatto ignorato il profilo relativo alla funzione di garanzia della sottoscrizione di una cambiale azionabile in caso di eventuali futuri ammanchi di cassa, che risultava indicata in tali termini dalle stesse persone offese. Di ciò ha tenuto conto attribuendole tquindya corretta valenza come emersa in sede processuale e ha individuato il tentativo di estorsione nella avvenuta prospettazione di un licenziamento (poi effettivamente avvenuto) effettuata a fronte del rifiuto opposto dai due dipendenti al rilascio del titolo credito. Tale circostanza emergeva dalla concorde testimonianza dibattimentale delle vittime, pienamente riscontrata dal contenuto delle due conversazioni video registrate acquisite agli atti ove risultava chiarissima ed espressa la pretesa, rivolta con modalità prepotente ed aggressiva, al dipendente COGNOME di sottoscrizione della cambiale e la contestuale prospettazione della perdita del posto di lavoro e, dunque, il reale rapporto causa- effetto tra la mancata stipula del titolo in questione e l’interruzione del rapporto di dipendenza. In tali dialoghi, ha osservato la Corte, non era in alcun modo prospettato alle persone offese il loro subentro nel ruolo di responsabili di cassa, con anche conseguente maggiore
retribuzione, che potesse giustificare il richiesto rilascio della cambiale come già avvenuto con il dimissionario COGNOME, né risultava comunicato loro che la chiusura dell’impianto sarebbe stata l’inevitabile conseguenza della mancanza di un responsabile nella gestione del denaro incassato dai clienti.
A fronte di tale quadro, correttamente la Corte territoriale ha configurato nella vicenda gli elementi costitutivi oggettivi e soggettivi della fattispecie di tentat estorsione, sicchè sotto questo profilo neppure si configura il lamentato vizio di legge.
La ricostruzione fattuale, non sindacabile nella presente sede di legittimità, delinea una condotta idonea e diretta in modo non equivoco a coartare con minaccia la volontà altrui e cioè a porre i dipendenti COGNOME e COGNOME nell’alternativa di accedere alla richiesta di sottoscrizione della cambiale di garanzia (non prevista in un accordo contrattuale) o di subire la perdita del posto di lavoro, messa in atto con il chiaro proposito di conseguire un ingiusto profitto da individuarsi, proprio come affermato dalla Corte distrettuale, nella possibilità di mettere all’incasso il titolo in caso di mero ammanco di denaro, indipendentemente dall’accertamento della effettiva responsabilità individuale di colui che lo aveva rilasciato, e con corrispondente altrui danno atteso che, la mera emissione di una cambiale, determina una assunzione di obbligazione e comporta pertanto, già al momento del rilascio, una deminutio patrimoni”, a prescindere dal successivo inadempimento (Sez. 2, n. 4691 del 22/11/2013, COGNOME e NOME, Rv.258472). 2
Manifestamente infondato è anche il terzo motivo di ricorso con il quale si censura la attribuibilità del fatto all’imputato nella qualità di amministratore d fatto della società che gestiva l’impianto di carburante.
Deduce la difesa che la Corte territoriale si è fondata sulle dichiarazioni rese dalle persone offese che sono tuttavia inattendibili come dedotto nell’atto di appello e senza considerare le deposizioni dei testimoni COGNOME e COGNOME.
2.1. Premesso che “la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni” ( Sez. V. n , n. 41461 del 19/07/2012, RAGIONE_SOCIALE‘Arte, Rv. 253214,01 recenteR v. 3 Sez. 4 n. 10153 del 11(02/2020, C., Rv 278609), il giudice di secondo grado ha affrontato e vagliato correttamente il profilo della attendibilità della testimonianza resa dalle persone offese COGNOME e COGNOME.
Più precisamente, ha rilevato la linearità, coerenza ed assenza di contraddizioni del racconto di COGNOME, la convergenza della stessa con quello del COGNOME ed il riscontro esterno rappresentato dalle video conversazioni registrate nelle quali vi
era espresso richiamo richiesta formulata dall’imputato di firmare la cambiale, pena il licenziamento.
2.2. La sentenza impugnata ha > dunque,condotto un autonomo accurato vaglio del portato dichiarativo delle persone offese, senza incorrere in alcuna manifesta contraddizione ed anzi applicando correttamente il principio ampiamente consolidato di questa Corte secondo cui, in tema di valutazione della prova testimoniale, le dichiarazioni della persona offesa possono essere poste da sole a fondamento dell’affermazione di responsabilità, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e della attendibilità intrinseca del suo racconto e della presenza di riscontri che si reputano opportuni, anche se necessari, nel caso in cui la persona si sia costituita parte civile.
La Corte territoriale non ha omesso di valutare la testimonianza di COGNOME NOME e quella di COGNOME NOME, quest’ultimo introdotto dalla difesa, ma le ha prese in considerazione (pag. 5 della sentenza) evidenziando come entrambi i dichiaranti avevano riferito circostanze precise che delineavano l’esercizio di fatto di poteri gestori dell’impianto di erogazione di carburante da parte dell’imputato il quale era stato comunque l’autore materiale della prospettazione di licenziamento in caso di mancata sottoscrizione della cambiale.
Parimenti manifestamente infondato è il quarto motivo di ricorso con il quale si lamenta la mancata riqualificazione della condotta nel meno grave reato di violenza privata invocata nell’atto di appello.
3.1. Secondo il consolidato orientamento di legittimità, il discrimine tra i delitti di tentata estorsione e di violenza privata si individua nel fatto che, ne primo reato e non nel secondo, la condotta minacciosa con la quale si pretenda il versamento di una somma di denaro dal soggetto passivo è preordinata a procurare al soggetto attivo un ingiusto profitto.
La giurisprudenza nel delineare le differenze tra le due figure di reato ha altresì precisato che si configura il delitto di violenza privata e non quello di estorsione se la minaccia posta in essere dall’agente, anche se diretta al conseguimento di un ingiusto profitto, non arreca tuttavia alcun danno alla vittima del reato, da intendersi come nocumento di rilevanza economica (Sez. 2, n. 15716 del 07/04/2011, COGNOME, Rv 249940-01; Sez. 6, n. 38661 del 28/09/2011,COGNOME, Rv. 251052; Sez. 2, n. 4691 del 22/11/2013,COGNOME, Rv 258742; Sez. 6, n. 53429 del 05/11/2014, COGNOME, Rv.261800; Sez. 2, n. 27556 del 17/05/2019, COGNOME, Rv 276118-01).
3.2. A tale principio si è allineata la Corte di appello che, con motivazione non meramente generica ed assertiva, ha richiamato in sentenza due pronunce giurisprudenziali sullo specifica tema (una delle quali proprio attinente proprio ad una di estorsione avente ad oggetto il rilascio di cambiali: Sez. 2, n. 4691 del
22/11/2013, COGNOME, Rv. 258742) osservando come, nella specie, la pretesa di emissione della cambiale, azionabile in caso di mero ammanco di cassa, indipendentemente dall’accertamento della effettiva responsabilità individuale di colui che lo aveva rilasciato, avrebbe determinato, ove andata a buon fine, l’assunzione di una obbligazione e pertanto, già al momento del rilascio, un depauperamento patrimoniale, a prescindere dal successivo inadempimento.
Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000 n. 186), al versamento della somma di euro tremila a favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, che si ritiene equa considerando che l’impugnazione è stata esperita per ragioni manifestamente infondate
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Così deciso in Roma il 19/06/2024
Il Cønsidliere estensore
Il Presidente