Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34474 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34474 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da COGNOME NOME n. a Platì il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del Tribunale di Milano in data 5/5/2025 visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione del AVV_NOTAIO; udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore uditi i difensori, AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, che hanno illustrato i
generale, NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; motivi chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza il Tribunale di Milano rigettava la richiesta di riesame proposta nell’interesse di COGNOME NOME avverso il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale che aveva applicato nei suoi
confronti la misura della custodia cautelare in carcere per il delitto di tentata estorsione pluriaggravata, anche ai sensi dell’art. 416bis .1 cod. pen.
Hanno proposto ricorso per cassazione i difensori dell’indagato, AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, i quali, con unico atto, hanno dedotto i seguenti motivi, enunciati nei termini strettamente necessari per la motivazione:
2.1. Violazione degli artt. 273 e 309 cod. proc. pen. in relazione agli artt. 110, 56, 629 cod. pen. con riguardo alla sussistenza del concorso dell’indagato nel fatto contestato nonché l’illogicità della motivazione in ordine all’interpretazione dei dialoghi intercettati.
I difensori sostengono che i giudici del riesame hanno travisato le risultanze investigative e reso una motivazione palesemente illogica affermando la presenza dell’indagato all’incontro avvenuto il 18/08/2023 in Calabria tra i referenti della famiglia COGNOME, l’AVV_NOTAIO e NOME COGNOME in occasione del quale il NOME fu incaricato di intervenire sui COGNOME al fine di costringerli a concludere la transazione relativa al contenzioso in corso con la RAGIONE_SOCIALE, sebbene debba ritenersi accertato che COGNOME NOME non partecipò al convivio per quanto riferito dallo stesso COGNOME nell’interrogatorio di garanzia e da COGNOME NOME. Inoltre, i giudici della cautela hanno sostenuto che l’informativa di reato del 21/05/2025 non smentisce la partecipazione dell’indagato all’incontro, non essendo stato possibile svolgere mirati accertamenti circa i suoi movimenti in quanto il ricorrente non risultava intestatario di utenze telefoniche, nonostante in sede di perquisizione siano stati rinvenuti quattro telefoni cellulari nella sua disponibilità. L’ordinanza impugnata ha, altresì, incongruamente valorizzato al fine di giustificare l’asserito interesse di COGNOME NOME alla vicenda il legame di affinità con COGNOME NOME e ha travisato le ragioni della presenza dell’indagato il 29/09/2023 presso il bar Cimmino senza considerare i contenuti RAGIONE_SOCIALE conversazioni in quella circostanza intercettate, dai quali emerge che il ricorrente era convenuto in detto luogo per incontrare NOME COGNOME che si stava adoperando per metterlo in contatto con un avvocato che si occupasse della difesa del fratello NOME, essendo del tutto ignaro della mediazione estorsiva in atto nei confronti dei COGNOME. Il Tribunale ha eluso i rilievi difensivi soffermandosi su elementi secondari e inconferenti per dimostrare che anche prima di detto incontro l’indagato era a conoscenza della vicenda che opponeva i COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE ed ha trascurato che il NOME, conversando con il COGNOME, non indicava NOME COGNOME come uno di coloro che, con il consenso di COGNOME e COGNOME, avrebbe potuto partecipare alla riunione fissata per lo stesso giorno tra le parti per discutere dei contenuti della transazione. I difensori aggiungono che non è pertinente il rilievo ascritto dal Tribunale cautelare all’asserito interesse dell’indagato per
l’esecuzione dei lavori nei cantieri di INDIRIZZO, trattandosi di vicenda successiva ai fatti contestati che, peraltro, coinvolgeva non il prevenuto ma COGNOME NOME.
2.2. Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla qualificazione giuridica dei fatti alla stregua del delitto di tentata estorsione e non di esercizio arbitrario RAGIONE_SOCIALE proprie ragioni.
I difensori, dopo aver ricordato che l’addebito si inserisce nel contesto di una vertenza civilistica tra la RAGIONE_SOCIALE, di cui COGNOME NOME è amministratore delegato, e la RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto il mancato pagamento RAGIONE_SOCIALE prestazioni effettuate con conseguente emissione di due decreti ingiuntivi opposti, evidenziano che l’ipotesi di mediazione mafiosa che sostanzia la contestazione era stata originariamente qualificata come tentativo di ragion fattasi e, solo successivamente, ricondotta alla fattispecie di tentata estorsione in esito alle dichiarazioni rese da NOME COGNOME nel corso dell’interrogatorio di garanzia. Osservano al riguardo che il predetto NOME ha escluso di aver percepito un compenso per la propria attività di mediazione mentre, con riguardo agli interessi asseritamente perseguiti dai COGNOME, nulla ha dichiarato circa la volontà di costoro di introdursi nei cantieri dello COGNOME e, in ogni caso, la soddisfazione di eventuali interessi aggiuntivi oltre quelli rivendicati dal debitore non avrebbe gravato sulla società RAGIONE_SOCIALE vittime ma su COGNOME e COGNOME. Né elementi di valenza indiziante si traggono dalla conversazione tra NOME e l’indagato riportata alle pagg. 25 e 26 dell’ordinanza impugnata. Ritengono in conclusione i difensori che la previsione di una pattuizione interna tra mandante e mandatario o la mera aspettativa del terzo di ottenere un vantaggio per sé o per altri risulta idonea a determinare un aggravamento della lesione della sfera patrimoniale e personale della vittima tale da legittimare la qualificazione dei fatti alla stregua del delitto di tentata estorsione.
Aggiungono al riguardo che l’affermazione di Sezioni Unite ‘ Filardo ‘, secondo cui il terzo che agisce su mandato del titolare del diritto anche al fine di realizzare un profitto proprio, ravvisabile ad esempio nella promessa o nel conseguimento di un compenso, risponderebbe sempre del delitto di estorsione, sarebbe stata superata da una serie di decisioni RAGIONE_SOCIALE sezioni semplici che hanno sostenuto che l’interesse proprio del terzo idoneo a qualificare il fatto come estorsione deve essere ricollegato alla condotta posta in essere in danno della persona offesa con la conseguenza che nel caso in cui il terzo faccia valere nei confronti della vittima esattamente lo stesso diritto del titolare-mandante la pattuizione di un compenso resterebbe estranea alla fattispecie legale in quanto inidonea a incidere sulla qualificazione del dolo, rilevando nell’ambito del movente.
I difensori dichiarano di condividere il richiamato orientamento segnalando in particolare che la previsione di un compenso per il terzo che agisce su mandato
del titolare del diritto non incide, sotto il profilo dell’offensività, sul patrimonio della persona offesa, tanto più quando l’azione sia rimasta allo stadio del tentativo.
2.3. Mancanza di motivazione ovvero illogicità della stessa con riguardo alla sussistenza RAGIONE_SOCIALE esigenze cautelari e all’adeguatezza della misura. I difensori deducono che la decisione impugnata è carente nella giustificazione circa l’attualità del rischio di reiterazione e valorizza gratuite presunzioni sebbene l’indagato sia incensurato e non sottoposto ad alcun procedimento per fatti di criminalità organizzata. I giudici della cautela non hanno, inoltre, considerato che, dopo il rifiuto dei COGNOME di accedere alla transazione proposta, NOME e gli altri coindagati non avevano proceduto oltre nei ritenuti propositi criminosi, di fatto desistendo dall’azione, non potendo al riguardo tenersi conto della vicenda in danno di COGNOME NOME per la quale alcun addebito è stato elevato nei confronti del ricorrente. Aggiungono che il Tribunale ha omesso di indicare specifici e concreti elementi idonei a dar conto del pericolo attuale di reiterazione di condotte della stessa specie, sostenendo, senza indicarne le fonti, la contiguità dell’indagato e di COGNOME NOME alla famiglia di ndrangheta dei COGNOME sebbene in atti non sia stata acquisita alcuna sentenza che attesti la mafiosità del gruppo con al vertice COGNOME NOME, soggetto incensurato al pari dell’indagato. L’ordinanza impugnata ha trascurato di valutare la cennata circostanza che contraddice la sussistenza della presunzione relativa di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. e non ha fornito una adeguata motivazione circa l’esclusiva idoneità della custodia in carcere al fine di contenere il rischio cautelare ritenuto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo che revoca in dubbio la gravità indiziaria in ordine al concorso del ricorrente nella mediazione estorsiva contestata è inammissibile per aspecificità, non rapportandosi in termini puntuali alla motivazione reiettiva rassegnata dal collegio cautelare alle pagg. 26 e segg., che ha ricostruito le emergenze che militano a carico del ricorrente evidenziandone la portata indiziante con argomenti che non prestano il fianco a rilievi sotto il profilo della completezza e della congruenza logica.
Infatti, il Tribunale dopo aver passato in rassegna la pluralità di fonti che attestano un risalente rapporto amichevole tra NOME e i componenti della famiglia COGNOME, negato dall’indagato, ha evidenziato le ragioni che inducono a ritenere la presenza di NOME COGNOME alla cena in cui l’AVV_NOTAIO, per conto dello COGNOME e con l’adesione dei COGNOME, sollecitò il COGNOME a riprendere l’attività intesa a costringere i COGNOME ad accedere alla transazione propugnata dallo stesso COGNOME. I giudici cautelari hanno in particolare spiegato che gli operanti che hanno identificato i partecipanti all’incontro (anche) sulla base del
tracciamento RAGIONE_SOCIALE utenze telefoniche, non hanno potuto per tal via riscontrare la presenza alla riunione di COGNOME NOME in quanto il medesimo non risultava intestatario di alcuna utenza. La circostanza che il ricorrente in sede di perquisizione sia stato trovato in possesso di più apparecchi cellulari risulta inconferente rispetto alla considerazione degli investigatori giacché non consta (e la difesa sul punto tace) che le schede usate per detti apparati fossero intestate all’indagato o non piuttosto a terzi e nessun chiarimento è fornito sull’epoca della loro attivazione.
I giudici cautelari hanno, inoltre, evidenziato la portata spiccatamente indiziante della conversazione ambientale del 12/09/2023 tra COGNOME, COGNOME e COGNOME nella parte in cui il COGNOME, narrando al COGNOME dell’incontro avvenuto in Calabria nell’agosto precedente, faceva espresso riferimento alla presenza del ricorrente oltre che del cognato COGNOME NOME, precisando di aver ricevuto nell’occasione l’assenso dei due, interessati alla vicenda dal legale della RAGIONE_SOCIALE, a riprendere con incisività la mediazione estorsiva. Sintomatica della rispondenza al vero del narrato del NOME e della partecipazione del COGNOME NOME alla riunione è la circostanza che il COGNOME, presente alla conversazione oltre che alla riunione incriminata, nulla abbia obiettato al resoconto del NOME, concordando invece con gli interlocutori l’atteggiamento da tenere in occasione dell’incontro programmato con i legali della RAGIONE_SOCIALE per discutere della transazione, prevedendo che NOME e uno o più rappresentanti dei COGNOME avrebbero atteso seduti ad un bar, pronti ad intervenire in caso di necessità.
Contrariamente a quanto assumono i difensori, il coinvolgimento del ricorrente nella vicenda è stato messo a fuoco nitidamente dai giudici della cautela, i quali hanno, altresì, segnalato il passaggio della conversazione intercettata in cui NOME, colloquiando con COGNOME, dopo aver ribadito di aver informato dei contenuti dell’incontro in Calabria il COGNOME perché gli era stato richiesto da NOME COGNOME, aggiungeva di non aver voluto che quest’ultimo gli fornisse il numero di telefono del legale per eventuali informative al fine di evitare di lasciare traccia dei contatti tra di loro in quanto facevano ‘due mestieri diversi’. L’ordinanza impugnata ha, inoltre, richiamato l’intercettazione ambientale del 21/08/2023 tra COGNOME e COGNOME nel corso della quale, parlando dell’ ‘autorizzazione’ fornita da COGNOME COGNOME all’attività estorsiva in danno dei COGNOME, il COGNOME descriveva l’indagato come ‘il numero uno di Platì’, capo della cosca facente riferimento al padre NOME NOME, il quale aveva invitato NOME NOMENOME) a comunicare ‘a quelli là che garantiamo noi che la cosa va a buon fine’ e che ciò sarebbe dovuto avvenire in tempi assai brevi.
1.1. Con riferimento alla partecipazione dell’indagato al ‘presidio’ attivato presso il bar Cimmino in data 22/09/2023, in coincidenza con un progettato
incontro tra i legali della RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE, il ricorrente assume il travisamento dei contenuti della conversazione in quella sede captata, dalla quale emergerebbe che la presenza del COGNOME a Milano era giustificata dalla necessità di reperire tramite COGNOME NOME un legale per il fratello NOME e la sostanziale ignoranza della vicenda che contrapponeva lo COGNOME ai COGNOME.
1.2. Deve al riguardo rilevarsi che la cennata conversazione, di cui la difesa ha riportato uno stralcio, non risulta valorizzata dal Collegio cautelare ai fini dell’affermazione della gravità indiziaria sicché non se ne può ipotizzare il dedotto travisamento né appare censurabile l’omessa considerazione del colloquio in considerazione della genericità dei rilievi formulati risultando parziali, erronee (laddove collocano talora l’incontro alla data del 29 settembre, in cui si tenne altra e diversa riunione presso un ristorante milanese cui parteciparono il COGNOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME) e non decisive le obiezioni difensive a fronte di un apparato indiziario integrato da fonti plurime e convergenti nell’attestazione del concorso del prevenuto nell’illecito.
Destituito di giuridico fondamento è il secondo motivo che censura la qualificazione del fatto alla stregua del delitto di estorsione invece che di esercizio arbitrario RAGIONE_SOCIALE proprie ragioni. L’asserita novazione dei principi di diritto affermati da Sezioni Unite ‘ Filardo ‘ in tema di diagnosi differenziale tra i delitti di estorsione e ragion fattasi con riguardo al tema del concorso del terzo, anche a volerne ammettere in astratto la sussistenza, è priva di rilievo nel caso a giudizio. Infatti, preliminare allo scrutinio del dolo è la questione della ravvisabilità della specie di un diritto azionabile in sede giudiziaria negli esatti termini e contenuti di quello rivendicato dall’asserito titolare. Nella specie, la pretesa di indurre i COGNOME a transigere il proprio credito, derivante dalle attività di ristrutturazione edilizia effettuate per conto della RAGIONE_SOCIALE in regime di superbonus 110%, è sprovvista di tutela per il fatto che il reciproco consenso alla base di un accordo transattivo, in quanto espressione dell’autonomia negoziale RAGIONE_SOCIALE parti, deve essere libero e non viziato sia con riguardo alla determinazione di accedervi che ai contenuti abdicativi. L’attività illecita del NOME, posta in essere su mandato dello COGNOME con l’intermediazione del COGNOME cui successivamente si univano il COGNOME e i COGNOME, tendeva a costringere la controparte ad accettare la proposta formulata a nome della RAGIONE_SOCIALE sicché, ove stipulato, l’accordo sarebbe stato giuridicamente annullabile e di certo non dotato di azione a tutela del debitore. Né può ritenersi fungibile rispetto alla pretesa che si è tentato di far valere con modalità minatorie il diritto al risarcimento della società debitrice scaturente da asseriti vizi RAGIONE_SOCIALE opere, ritardi o da sovrafatturazione, come adombrato dal ricorrente, trattandosi
di azioni con causa diversa e nell’ultimo caso illecita, inidonee a giustificare l’invocata riqualificazione.
Del tutto generici e manifestamente infondati sono poi i rilievi che assumono la desistenza dall’azione illecita, disattesi dal Tribunale con corretti argomenti giuridici, aderenti ai principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di legittimità, alla cui stregua l’avvenuta coercizione rappresenta l’evento intermedio del reato ex art. 629 cod. pen., che si perfeziona con l’attingimento del profitto ingiusto, sicché, una volta attivato il meccanismo causale della minaccia, efficacemente indirizzato alla costrizione della vittima, la progressione dell’azione rende configurabile esclusivamente il c.d recesso attivo, che postula il volontario impedimento dell’evento lesivo del patrimonio, requisiti estranei alla fattispecie in esame.
Il conclusivo motivo che denuncia l’omessa motivazione in ordine alla sussistenza di esigenze cautelari e all’adeguatezza della misura muove dall’erroneo presupposto (pag. 23 del ricorso) della mancata operatività nel caso esaminato della presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., regime al contrario applicabile in virtù della contestata e ritenuta aggravante del metodo mafioso ex art. 416bis .1 cod. pen.
L’ordinanza impugnata ha, nondimeno, congruamente argomentato la sussistenza di un concreto ed attuale rischio di recidiva, desumibile dalle allarmanti modalità esecutive della condotta, caratterizzate da trasversali sinergie tra mondo imprenditoriale e contesti criminali qualificati. Non può convenirsi con la difesa laddove contesta la mafiosità della famiglia dei COGNOME di Platì, di cui l’indagato e il cognato NOME COGNOME sono espressione, sull’assunto della mancata acquisizione di atti giudiziari comprovanti simile accertamento, trattandosi di affermazione che non si confronta con il notorio giudiziario e con l’avvenuta acquisizione degli interrogatori resi in data 25/09/2023 e 14/11/2023 dal collaboratore di giustizia COGNOME NOME cl. DATA_NASCITA, il quale ha indicato il ricorrente come appartenente alla locale di Platì. L’avvenuta valorizzazione ai fini del giudizio di pericolosità dell’indagato di rapporti di ‘contiguità’ con ambienti mafiosi non è smentito dallo stato di incensuratezza e trova solido riscontro anche nelle affermazioni del COGNOME che, forte dei suoi trascorsi di investigatore anche nel settore della criminalità organizzata, si esprimeva sui COGNOME con ricchezza di particolari circa la rilevanza e i ruoli dei componenti della famiglia.
Il ruolo svolto dall’indagato nella c.d. seconda fase della mediazione, gli interessi in concreto perseguiti, non solo di natura strettamente economica ma protesi alla sostituzione della RAGIONE_SOCIALEG nei cantieri della RAGIONE_SOCIALE, come di fatto occorso dopo il rifiuto opposto dai COGNOME alla proposta transattiva, formulata nei suoi
termini conclusivi con il decisivo apporto dei COGNOME, sostanziano il qualificato rischio di recidiva che il Collegio ha ritenuto neutralizzabile in via esclusiva con la misura di massimo rigore, in assenza di specifici elementi suscettibili di positiva valutazione circa l’adeguatezza del gradato regime degli arresti domiciliari, anche se presidiato da dispositivi di controllo elettronico.
Alla luce RAGIONE_SOCIALE considerazioni svolte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguenti statuizioni ex art. 616 cod. proc. pen., come da dispositivo. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 7 ottobre 2025
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME