Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 21973 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 21973 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/05/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a CASORIA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/07/2023 della CORTE di APPELLO di NAPOLI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi; ricorsi trattati con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, D. L. 137/2020.
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di appello di Napoli con sentenza del 7/7/2023 – in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli in data 17/12/2014, che aveva condannato NOME COGNOME ed NOME per il reato di tentata estorsione pluriaggravata – escludeva la circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. e rideterminava la pena, confermando nel resto la sentenza impugnata.
NOME COGNOME, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione, eccependo con il primo motivo la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 56 e 629 cod. pen., nonché
manifesta illogicità della motivazione. Assume che la Corte territoriale abbia erroneamente ritenuto accertati per un verso l’ingiusto profitto, attribuendolo a NOME COGNOME e per altro verso l’altrui danno, riconducendolo alla ipotetica possibilità di rinnovazione del contratto di locazione; che, sotto il primo profilo, COGNOME, che secondo i giudici di appello avrebbe conferito il mandato estorsivo, non risulta nemmeno indagata e gli odierni ricorrenti non avevano alcun interesse diretto; che, sotto il secondo profilo, il contratto di locazione e scaduto il precedente 30/6/2012 e non vi era l’intenzione della RAGIONE_SOCIALE di rinnovarlo; che, infine, agli atti non vi sono elementi che depongono nel senso di un accordo tra la RAGIONE_SOCIALE e gli imputati.
2.2 Con il secondo motivo lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) e d), cod. proc. pen., in relazione all’art. 610 cod. pen., nonché omessa motivazione. Ritiene che, in mancanza dell’ingiusto profitto e del danno patrimoniale, i fatti, a tutto voler concedere, debbano essere inquadrati nel tentativo di violenza privata.
2.3 Con i motivi aggiunti deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen. in relazione alla mancata dichiarazione della prescrizione del reato. Evidenzia che all’udienza del 7/7/2023 la difesa aveva eccepito il decorso dei termini di prescrizione, ma la Corte territoriale non si è pronunciata sul punto; che, in particolare, la prescrizione, tenuto conto anche del periodo di sospensione pari a 61 giorni, sarebbe maturata in data 17/5/2021, dunque, prima della pronuncia della sentenza di appello.
NOME COGNOME, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione, deducendo con il primo motivo la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Osserva che la Corte territoriale ha integralmente richiamato la motivazione del giudice di prime cure, senza però indicare compiutamente le ragioni per le quali la stessa potesse essere condivisa; che, dunque, si sarebbe in presenza di una motivazione apparente.
3.1 Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 56 e 629 cod. pen., nonché omessa motivazione in ordine alla prospettata configurabilità della fattispecie di cui agli artt. 56 e 610 cod. pen. Evidenzia che la vera beneficiaria dello sgombero del piazzale occupato dalla persona offesa era NOME COGNOME, soggetto che a suo dire nulla aveva a che fare con gli imputati; che, dunque, nel caso di specie mancano due degli elementi costitutivi del reato di estorsione, vale a dire l’ingiusto profitto e l’altrui danno, con la conseguenza che il fatto p cui si procede sarebbe inquadrabile nella fattispecie tentata della violenza
privata; che tale impostazione troverebbe conferma anche nella esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen.
3.2 Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 62-bis e 133 cod. pen. Rileva che la motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche è carente ed illogica, atteso che non ha valutato l’esistenza di circostanze di fatto che depongono a favore del ricorrente, quale ad esempio il comportamento serbato dal COGNOME, che non si è trincerato dietro al diritto di non rispondere, avendo fornito la propria versione dei fatti.
Entrambi i ricorsi – che sollevano una comune questione, per cui possono essere trattati congiuntamente – sono fondati nei limiti che seguono.
4.1 Va in primo luogo dichiarato inammissibile il motivo aggiunto proposto dallo COGNOME per essere manifestamene infondato. Sul punto, è sufficiente evidenziare che l’imputato risulta essere stato condannato per una ipotesi tentata di estorsione, aggravata ai sensi dell’art. 629, comma secondo, cod. pen., per essere stato posto in essere il reato da più persone riunite. Ciò comporta che il periodo ordinario di prescrizione da prendere nn considerazione è pari ad anni tredici e mesi quattro, che può essere aumentato di altri tre anni e quattro mesi ai sensi dell’art. 161, comma secondo, cod. pen., per cui, aggiungendo l’ulteriore termine di 61 giorni per la sospensione, la prescrizione maturerà in data 16/11/2029.
4.2 Stessa sorte tocca al primo motivo del ricorso del COGNOME, in quanto è generico, non risultando esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici, rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata. Nel caso di specie, invero, la doglianza si limita ad una mera asserzione, senza esplicitarne le ragioni sottese. Del resto, la lettura della motivazione del provvedimento impugnato smentisce l’apodittico assunto difensivo, sol che si consideri che, dopo aver premesso di condividere le valutazioni del giudice di prime cure, la Corte territoriale ha esplicitato le ragio per cui ha disatteso i motivi di appello (si vedano le pagine da 7 a 9).
Orbene, la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce, tale revisione critica si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità, debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta, anche al fine di delimitare con precisione l’oggetto del gravame ed evitare, di conseguenza, impugnazioni generiche o meramente dilatorie (Sezione 6, n. 39247 del 12/7/2013, Tartaglione, Rv. 257434 – 01; Sezione 6, n. 1770 del 18/12/2012, COGNOME, Rv. 254204 – 01). Contenuto
essenziale del ricorso in cassazione è, pertanto, il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento oggetto di impugnazione (per tutte, Sezioni Unite, n. 8825 del 27/10/2016, Galtelli, Rv. 268822 – 01). L’indeterminatezza e la genericità del motivo lo condannano di conseguenza alla inammissibilità.
4.3 Ciò posto, per ragioni analoghe colgono nel segno il primo motivo del ricorso dello COGNOME ed il secondo motivo del ricorso del COGNOME. Ed invero, su due questioni di fondamentale importanza la sentenza impugnata non è puntuale, non confrontandosi in maniera esaustiva con le argomentazioni difensive. In particolare, ai fini della corretta qualificazione giuridica dei fatti cui si procede, anche alla luce delle obiezioni sollevate dai ricorrenti, è necessario chiarire:
a) se il contratto di locazione tra NOME COGNOME e NOME COGNOME fosse scaduto e, dunque, se esistessero legittime aspettative di rinnovo, se pendessero trattative tra le parti ovvero se vi fossero state formali richieste di rilas dell’area;
b) se lo COGNOME ed il COGNOME fossero mandatari, avendo agito su incarico di terzi interessati, ovvero fossero stati mossi da interessi propri. Sul punto, occorre che sia esplicitato sulla base di quali elementi sia possibile ritenere l’esistenza di un accordo con la COGNOME, direttamente interessata, per farle ottenere il rilascio del piazzale, tenuto conto che alla proprietaria non risult esser stato mosso alcun addebito, ovvero l’esistenza di un mandato da parte di terzi (in tal caso dando conto dei dati da cui risulti l’interesse del mandante ed i suo collegamento con l’area occupata dal COGNOME), o in alternativa l’interesse proprio che ha spinto all’azione gli imputati.
Trattasi di temi di fondamentale rilievo che necessitano un approfondimento per inquadrare la condotta dei ricorrenti con riferimento al profilo dell’elemento materiale e di quello psicologico del reato contestato.
Si impone, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame sui punti ora indicati ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.
4.4 La decisività del comune motivo rende assorbiti il secondo motivo del ricorso dello COGNOME ed il terzo motivo del ricorso del COGNOME.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli. Spese al definitivo.
Così deciso in Roma, il giorno 8 maggio 2024.