Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9209 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 9209  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ANDRIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 15/11/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
v
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Bari – in funzione di giudice dell’esecuzione – ha disatteso l’istanza della difesa di NOME COGNOME, volta alla specificazione della data di commissione del delitto associativo ex art. 74 d.P.R. 09 ottobre 1990, n. 309, per il quale risulta intervenuta condanna alla pena di anni tredici e mesi otto di reclusione nei confronti del suddetto, ad opera della stessa Corte. Il tempus commissi delicti relativo alla partecipazione di COGNOME a detto delitto, quindi, risulta fissato con sentenza definitiva entro l’arco temporale che va dal 2008 al 2014.
Il giudice dell’esecuzione, nell’ordinanza impugnata, ha evidenziato come risulti accertato che il condannato ricoprì il ruolo di promotore dell’associazione, anche in epoca posteriore rispetto al suo arresto; tale convincimento viene tratto dalle sentenze in atti, nonché da corrispondenza sequestrata e versata nel fascicolo processuale e, infine, dalle captazioni eseguite in carcere, successivamente all’arresto operato nei confronti del ricorrente.
Avverso tale ordinanza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, tramite l’AVV_NOTAIO, deducendo vizi ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., sotto il profilo della violazione di legge e della mancanza di motivazione, in relazione alla determinazione del tempo di commissione del delitto di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990.
Il ricorso è inammissibile, in quanto – oltre ad essere esclusivamente in fatto – è generico e non autosufficiente.
Invero, a fronte delle argomentazioni scevre da vizi logici e giuridici contenute nell’ordinanza impugnata, il difensore si limita a contestarle in modo aspecifico e confutativo, come sopra riportato, in particolare individuando, come data di cessazione della partecipazione di COGNOME al delitto associativo, la data del suo arresto, senza però indicare elementi in fatto tali da avvalorare la tesi difensiva, contraria a quanto accertato dall’ordinanza impugnata.
Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esonero – al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2025.