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Tempus commissi delicti: immodificabile in esecuzione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva di modificare il periodo di commissione di un reato associativo, facendolo terminare con la data del suo arresto. La Corte ha stabilito che il ‘tempus commissi delicti’, se accertato con precisione in una sentenza definitiva, non può essere alterato in fase di esecuzione della pena, poiché cristallizzato dal giudicato.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tempus Commissi Delicti: Quando la Sentenza Definitiva Fissa un Punto Fermo

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio cardine del diritto processuale penale: il tempus commissi delicti, ovvero il periodo in cui un reato è stato commesso, una volta definito con precisione da una sentenza passata in giudicato, non può essere modificato in fase di esecuzione. Questa decisione sottolinea la netta separazione tra il giudizio di cognizione, dove si accertano i fatti, e la fase esecutiva, deputata a dare attuazione alla condanna.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Ridefinire la Durata del Reato Associativo

Il caso trae origine dal ricorso di un individuo condannato per partecipazione a un’associazione criminale finalizzata al traffico di stupefacenti. La sentenza di condanna, divenuta irrevocabile, aveva stabilito che la sua condotta si era protratta per un periodo ben definito: “da settembre 2011 fino a tutto il 2015”.

L’interessato, che era stato arrestato il 22 gennaio 2014, si era rivolto al giudice dell’esecuzione chiedendo di dichiarare che la sua partecipazione al sodalizio criminale fosse cessata proprio alla data del suo arresto e non alla fine del 2015, come indicato in sentenza.

La Corte d’Appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva respinto la richiesta, sostenendo che il proprio compito è quello di interpretare ed eseguire il giudicato, non di modificarne il contenuto fattuale, come il tempus commissi delicti.

Il Principio del Giudicato e l’Intangibilità del Tempus Commissi Delicti

Il ricorrente ha impugnato la decisione della Corte d’Appello dinanzi alla Cassazione, sostenendo che la data finale del 2015 fosse puramente “convenzionale” e priva di riscontri fattuali, e che l’arresto avrebbe dovuto segnare la fine logica della sua partecipazione.

La Suprema Corte, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto l’operato del giudice dell’esecuzione. I giudici hanno chiarito che, quando il processo di cognizione accerta in modo preciso e delimitato il momento consumativo del reato, tale accertamento acquista la forza del giudicato e non può essere messo in discussione successivamente.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su argomentazioni nette e consolidate. In primo luogo, ha evidenziato che la sentenza di condanna aveva utilizzato la tecnica della cosiddetta “contestazione chiusa”, fissando gli estremi temporali della condotta in modo inequivocabile. I giudici di merito, nell’esaminare la posizione specifica del ricorrente, non avevano ritenuto di dover delimitare diversamente il periodo della sua partecipazione, che quindi rimaneva fissato al 31 dicembre 2015.

In secondo luogo, la Corte ha ribadito che il giudice dell’esecuzione ha il potere-dovere di interpretare il giudicato per renderne espliciti contenuto e limiti, ma non ha facoltà di modificare gli elementi di fatto accertati in via definitiva. Alterare il tempus commissi delicti equivarrebbe a una revisione del merito della sentenza, attività preclusa in fase esecutiva.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza il principio della stabilità del giudicato penale. La determinazione del tempus commissi delicti è un accertamento di fatto che appartiene esclusivamente al giudice della cognizione. Una volta che la sentenza è diventata definitiva, tale dato non è più negoziabile. L’arresto di un partecipe a un’associazione criminale non comporta automaticamente la cessazione della sua condotta, la cui durata deve essere provata e definita nel corso del processo. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, questa pronuncia è un chiaro monito: gli elementi fattuali cristallizzati in una sentenza irrevocabile, inclusa la cornice temporale del reato, sono intangibili nella fase di esecuzione della pena.

È possibile modificare la data di commissione di un reato dopo la condanna definitiva?
No, secondo l’ordinanza, se il tempus commissi delicti è stato definito con precisione nella sentenza passata in giudicato, il giudice dell’esecuzione non ha il potere di modificarlo.

Cosa si intende per “contestazione chiusa” in un processo penale?
Si tratta di una tecnica di formulazione dell’accusa in cui il periodo di tempo della condotta criminale viene specificato con un termine iniziale e uno finale precisi, come nel caso di specie “dal settembre 2011” e “fino a tutto il 2015”.

L’arresto determina automaticamente la fine della partecipazione a un’associazione a delinquere?
No, non necessariamente. La fine della partecipazione è un fatto che deve essere accertato nel giudizio di cognizione. In questo caso, la sentenza definitiva aveva stabilito che la condotta si era protratta oltre la data dell’arresto, e questa valutazione non può essere rivista in fase di esecuzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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