Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 20199 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 20199 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/04/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Vibo Valentia DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza del 30/01/2024 del Tribunale di Catanzaro; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Catanzaro, in sede cautelare e di annullamento con rinvio della Corte di cassazione, disposto con sentenza del 22 dicembre 2023, ha annullato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, emessa GLYPH giugno 2023, limitatamente al capo 58 della imputazione provvisoria ed alla aggravante di cui all’art. 416-bis.1. cod.pen. in relazione al reato di cui al capo 59, delitti entrambi in materia di armi.
La massima misura cautelare è sorretta, comunque, sul piano indiziario, dalla contestazione, rimasta impregiudicata dalla sentenza di annullamento con rinvio, inerente al reato di cui all’art. 416-bis cod.pen. di cui al capo 1, al ricorren essendo stato contestato di essere un componente della articolazione ‘ndranghetistica di San Giovanni di Mileto in Calabria.
Alla stregua di tale emergenza, il Tribunale ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, deducendo, con unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione per non avere il Tribunale valutato, come gli era stato imposto attraverso la sentenza di annullamento con rinvio, il decorso di un notevole lasso temporale tra le condotte contestate e l’ordinanza custodiale, senza dimostrazione alcuna di ulteriori e più recenti condotte concrete rilevanti ai fini della prova del reato associativo; tanto, in relazione alla valutazione di concretezza ed attualità delle esigenze cautelari rimessa dalla Corte di cassazione al giudice del rinvio.
In tal senso, il provvedimento impugnato avrebbe valorizzato una intercettazione avvenuta nel 2018 priva di significati indiziari e dimostrativa, al contrario dell’estraneità del ricorrente alla sottesa vicenda estorsiva alla quale fa riferimento la conversazione, divenendo così meramente congetturale l’affermazione del Tribunale circa il fatto che l’indagato sarebbe coinvolto in dinamiche legate al “controllo del territorio” ed avrebbe relazioni costanti con esponenti criminali.
In ogni caso, il dato valorizzato dal Tribunale sarebbe lontano nel tempo e l’ordinanza nulla avrebbe motivato sulla rilevanza di tale oggettività se posta in relazione al momento di applicazione della misura (10 maggio 2023).
Si dà atto che nell’interesse del ricorrente sono stati depositati motivi nuovi, attraverso i quali si insiste nella violazione da parte del Tribunale del principio d diritto fissato dalla sentenza di annullamento con rinvio a proposito della valutazione del cosiddetto “tempo silente”, anche in considerazione di parallela pronuncia della Suprema Corte inerente alla posizione del padre del ricorrente, coimputato con addebiti ancora più gravi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Il principio di diritto fissato dalla sentenza di annullamento con rinvio – conforme a quello emesso nell’altra sentenza di questa stessa Corte di legittimità n. 11735 del 25 gennaio 2024, non massimata, sul ricorso proposto dal padre del ricorrente, COGNOME NOME, coindagato per analoghi fatti nel presente procedimento, sentenza prodotta con i motivi nuovi – è nel senso di dare rilevanza al cosiddetto “tempo silente” intercorso tra la commissione del fatto addebitato e l’esecuzione della misura cautelare.
Si è stabilito, infatti, in entrambe le decisioni che: “pur se per i reati di cui al 275, comma 3, cod. proc. pen. è prevista una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce dell riforma di cui alla legge 16 aprile 2015, n. 47, e di una esegesi costituzionalmente orientata della stessa presunzione, deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condott dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra gli “elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari”, cui s riferisce lo stesso art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (in tal senso, tra le tante, Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, COGNOME, Rv. 285272; Sez. 3, n. 6284 del 16/01/2019, Pianta, Rv. 274861). Si è, infatti, condivisibilmente affermato che la presunzione menzionata – in particolare nelle ipotesi in cui sono contestati un reato per sua natura non permanente oppure un reato permanente, come quello associativo, ma oggetto di contestazione “chiusa”, perché corredata dall’indicazione del momento di cessazione della condotta partecipativa – tende ad affievolirsi, quando un considerevole arco temporale separi il momento di consumazione del reato da quello dell’intervento cautelare. Ad avviso del Collegio la soluzione in esame appare coerente con la stessa struttura del reato associativo e, in particolare, con le connotazioni “dinamiche” proprie della condotta di partecipazione. Va, infatti, considerato che secondo il consolidato principio di diritto, più volte affermato da questa Corte anche a Sezioni Unite, il contributo all’attualità della vita associativa ed alla realizzazione dei fini che la stessa propone non può risolversi in una semplice adesione di tipo ideologico, che sicuramente rileva sul piano psicologico, ma deve, comunque, concretarsi in una condotta partecipativa, anche di rilievo non particolarmente incisivo e, come tale, sostituibile, che sia funzionale alla realizzazione degli scopi illeciti della compagine e dimostrativa di una attualità dell’inserimento in essa dell’indagato e, quindi, della permanenza del delitto associativo non solo sul versante oggettivo della struttura associativa in sé considerata, ma anche su quello soggettivo della personale Corte di Cassazione – copia non ufficiale
adesione ad essa del singolo indagato. Si tratta, dunque, più che di un mero “status” di appartenenza, di un ruolo dinamico e funzionale, connotato dallo stabile inserimento dell’agente nella struttura organizzativa dell’associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua ‘messa a disposizione’ in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U., n. 36958 del 27/05/2021, Modafferi, Rv. 281889; Sez. U., n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231670). Osserva, al riguardo il Collegio che, a fronte di siffatta connotazione della condotta di partecipazione ad una associazione di stampo mafioso e della incontestata natura permanete di tale reato, il tempo intercorso tra i fatti contestati e l’emissione della misura cautelare, ove sia priv di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, può rilevare quale fattore sintomatico della inattualità del vincolo associativo o della sua definitiva dissoluzione – dovendosi, peraltro, escludere la necessità che il recesso dell’associato assuma le forme di una dissociazione espressa, coincidente con l’inizio della collaborazione con l’Autorità Giudiziaria…”
Ritiene, pertanto, il Collegio che, a fronte del significativo lasso di tempo intercorrente tra le condotte contestate e la misura custodiale (emessa a distanza di cinque anni dall’unico dato riportato nel provvedimento impugnato e risalente al 2018), il Tribunale avrebbe dovuto argomentare in ordine alla perdurante pericolosità del COGNOME sulla base di ulteriori elementi dimostrativi in punto di fatt ed i fini della valutazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla valutazione inerente alla sussistenza di esigenze cautelari e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen..
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter cod. proc. pen..
Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio del 19.04.2024.
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