Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 494 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 494 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RIGILLO DOMENICO
NOME> nato a SAN VITO SULLO IONIO il 06/01/1972
avverso la ordinanza del 12/04/2023 del TRIBUNALE DI CATANZARO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto la inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni del difensore avv. NOME COGNOME e avv. NOME COGNOME che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza del 12 aprile 2023, il Tribunale di Catanzaro rigettava l’appello presentato nell’interesse di NOME COGNOMEsottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere per il reato di partecipazione ad associazione per delinquere, con le aggravanti previste dagli artt. 416-bis.1 e 61-bis cod.
pen.), avverso l’ordinanza con la quale il G.i.p. dello stesso Tribunale aveva rigettato la richiesta di revoca o di sostituzione di detta misura con quella degli arresti domiciliari.
Ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo dei propri difensori, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza per “difetto, apparenza, manifesta illogicità e/o contraddittorietà della motivazione” in relazione al disposto dell’art. 275 cod. proc. pen. e, in particolare, per la omessa considerazione del cosiddetto tempo silente, stante il significativo lasso di tempo intercorso fra l’epoca di commissione dei fatti, risalenti al 2019, e il momento di applicazione della misura cautelare.
Il Tribunale ha poi omesso di motivare circa l’adeguatezza della misura cautelare degli arresti domiciliari, eventualmente con braccialetto elettronico, in luogo distante da quello ove si svolse la vicenda di cui si tratta.
Difetta l’attualità del pericolo, requisito che presuppone la prova certa che all’imputato si presenti effettivamente l’occasione per compiere ulteriori delitti.
Si è proceduto alla trattazione scritta del procedimento in cassazione, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dal decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75, convertito nella legge 10 agosto 2023, n. 112), in mancanza di alcuna richiesta di discussione orale, nei termini ivi previsti; il Procuratore generale e la difesa del ricorrente hanno depositato conclusioni scritte.
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi generici e manifestamente infondati, non essendo ravvisabile nella ordinanza impugnata alcun vizio motivazionale, peraltro denunciato cumulativamente dal ricorrente, in contrasto con il principio ribadito di recente dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo il quale «i motivi aventi ad oggetto tutti i vizi della motivazione sono, per espressa previsione di legge, eterogenei ed incompatibili, quindi non suscettibili di sovrapporsi e cumularsi in riferimento ad un medesimo segmento della motivazione. Per tali ragioni la censura alternativa ed indifferenziata di mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione risulta priva della necessaria specificità» (Sez. U, n. 24591 del 16/07/2020, COGNOME non mass. sul punto).
Il Tribunale, dopo avere evidenziato che per il reato contestato la presunzione relativa opera anche quanto all’adeguatezza della misura carceraria,
secondo il combinato disposto degli artt. 275, comma 3, e 51, comma 3 -bis, cod. proc. pen., ha fatto corretto riferimento al principio, costante nella giurisprudenza di legittimità, secondo il quale, ai fini della revoca o della sostituzione della misura cautelare, l’unico tempo che assume rilievo è quello trascorso dall’applicazione o dall’esecuzione della stessa, siccome qualificabile, in presenza di ulteriori elementi di valutazione, come fatto sopravvenuto da cui poter desumere il venir meno ovvero l’attenuazione delle originarie esigenze cautelari (Sez. 2, n. 47120 del 04/11/2021, Attento, Rv. 282590-01; Sez. 2, n. 12807 del 19/02/2020, COGNOME, Rv. 278999-01; Sez. 2, n. 46368 del 14/09/2016, COGNOME, Rv. 268567-01).
Non è pertinente, pertanto, il richiamo, peraltro generico, al cosiddetto tempo silente.
Il Tribunale, ricordato che l’imputato è stato condannato in primo grado alla pena di sette anni e dieci mesi di reclusione, ha preso atto dell’assenza di nuovi e significativi elementi rispetto a quelli valutati nel provvedimento genetico e ha rimarcato la estrema gravità dei fatti contestati e il ruolo determinante svolto nel sodalizio da COGNOME, che assicurava i collegamenti tra i gruppi criminali calabresi e siciliani, fornitori e acquirenti finali del prodotto di contrabbando (gasolio).
La difesa ha nuovamente richiamato dati asseritamente indicativi della impossibilità per l’imputato di perseverare nelle condotte illecite contestate, obliterando il principio secondo il quale il pericolo di reiterazione di reati dell stessa specie non va inteso come pericolo di reiterazione dello stesso fatto-reato, atteso che l’oggetto del periculum è la reiterazione di astratti reati della stessa specie e non del concreto fatto reato oggetto di contestazione (Sez. 5, n. 70 del 24/09/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274403-01); inoltre, i delitti “della stessa specie” di cui all’art. 274, comma 1 lett. c), cod. proc. pen sono non solo quelli che offendono il medesimo bene giuridico, ma anche le fattispecie criminose che, pur non previste dalla stessa disposizione di legge, presentano “uguaglianza di natura” in relazione al bene tutelato e alle modalità esecutive (Sez. 6, n. 47887 del 25/09/2019, I., Rv. 277392-01; Sez. 5, n. 52301 del 14/07/2016, COGNOME, Rv. 268444-01; Sez. 3, n. 36319 del 05/07/2001, COGNOME Rv. 220031-01; da ultimo v. Sez. 2, n. 27123 del 03/05/2023, COGNOME, non mass. sul punto).
Inoltre, secondo la prevalente e più recente giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio, il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione de reato sussiste a prescindere dalla positiva ricognizione di effettive e immediate opportunità di ricadute a portata di mano dell’indagato, essendo necessario e sufficiente formulare una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del
soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 282891-01; Sez. 2, n. 6593 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282767-01; Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 282991-01; Sez. 5, n. 1154 del 11/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282769-01; Sez. 2, n. 5054 del 24/11/2020, Barletta, dep. 2021, Rv. 28056601; Sez. 1, n. 14840 del 22/01/2020, °livello, Rv. 279122-01).
Infine, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, nell’ordinanza impugnata vi è specifica motivazione anche in ordine alla inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari (pagg. 3-4) a salvaguardare le esigenze cautelari.
All’inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato si trova ristretto, per provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo 94.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 13/12/2023.