Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18078 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18078 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a VIBO VALENTIA il 22/04/1984
avverso l’ordinanza del 24/10/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
udito il difensore avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale del riesame di Catanzaro rigettava l’appello proposto ex art. 310 cod. proc. pen. nell’interesse di NOME COGNOME avverso il provvedimento emesso in data 4 giugno 2024, con il quale il Tribunale di Vibo Valentia aveva respinto la sua istanza volta ad ottenere la revoca o la sostituzione della misura cautelare in carcere in corso di esecuzione.
A ragione della decisione, osservava il Tribunale che il mero decorso del tempo dall’inizio della custodia cautelare non valeva a superare la presunzione legale di pericolosità dell’imputato di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., nelle more condannato in primo grado alla pena di 11 anni di reclusione per i reati di partecipazione ad associazione mafiosa (capo A) e trasferimento fraudolento di valori aggravato dalla finalità di agevolazione mafiosa (capo Q3).
Ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, per mezzo del suo difensore, deducendo, quale unico motivo, violazione di legge in relazione agli artt. 299 e 275 cod. proc. pen.
Assume la difesa che il giudice di merito avrebbe erroneamente considerato, quale elemento neutro ai fini di nuova valutazione, il lungo periodo di tempo trascorso dal BARBA in carcere, ininterrottamente, sin dal 19 dicembre 2019.
Viceversa, proprio tale elemento, in quanto tempo “silente” privo di ulteriori condotte delittuose, avrebbe consentito, secondo recente giurisprudenza di legittimità, di superare la doppia presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., imponendo al giudice di merito una rivisitazione della pericolosità sociale dell’imputato, con i conseguenti riflessi sulla valutazione della effettiva persistenza delle esigenze cautelari originariamente ravvisate.
Inoltre, il Tribunale del riesame avrebbe omesso di considerare che tutte le intercettazioni sulle quali si fondava la responsabilità del COGNOME per il reato associativo risalivano all’anno 2017 e che non erano emersi, in seguito, elementi dai quali desumere un attuale collegamento dell’imputato con le organizzazioni criminali.
Il Procuratore generale di questa Corte, dapprima nella sua requisitoria scritta “da valere anche quale memoria”, poi in udienza, ha concluso per il rigetto del ricorso.
L’avv. NOME COGNOME nell’interesse dell’imputato, ha fatto pervenire memoria di replica, insistendo sui temi del c.d. “tempo silente”, dell’adeguatezza e della proporzionalità della misura in atto.
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
Occorre rammentare e ribadire che, in sede di appello avverso l’ordinanza di rigetto della richiesta di revoca o sostituzione di misura cautelare personale, il Tribunale non è tenuto a riesaminare la sussistenza delle condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo, dovendosi limitare al controllo che l’ordinanza gravata sia giuridicamente corretta e adeguatamente motivata in ordine ad eventuali allegati nuovi fatti, preesistenti o sopravvenuti, idonei a modificare apprezzabilmente il quadro probatorio o a escludere la sussistenza di esigenze cautelari, ciò in ragione dell’effetto devolutivo dell’impugnazione e della natura autonoma del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 45826 del 27/10/2021, COGNOME, Rv. 282292 – 01; Sez. 2, n. 18130 del 13/04/2016, Antignano, Rv. 266676 – 01; Sez. 3, n. 43112 del 07/04/2015, C., Rv. 265569 – 01).
Va aggiunto che, in tema di misure cautelari applicate per un reato di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., il c.d. “tempo silente” trascorso dalla commissione del reato non costituisce oggetto di valutazione ex art. 299 cod. proc. pen. ai fini dei provvedimenti di revoca o di sostituzione della misura, rispetto ai quali l’unico tempo che assume rilievo è quello trascorso dall’applicazione o dall’esecuzione della stessa, siccome qualificabile, in presenza di ulteriori elementi di valutazione, come fatto sopravvenuto da cui poter desumere il venir meno ovvero l’attenuazione delle originarie esigenze cautelari (Sez. 2, n. 47120 del 04/11/2021, Attento, Rv. 282590 – 01).
Deve, perciò, reputarsi non appropriato il richiamo, operato in ricorso con incorporazione dei brani salienti, a Sez. 6, n. 11735 del 25/01/2024, in quanto afferente al “tempo silente” trascorso tra la commissione dei reati e l’applicazione della misura e non a quello, successivo, decorso tra quest’ultima e l’istanza ex art. 299 cod. proc. pen.
Va, inoltre, considerato che, in tema di sostituzione o revoca di misure cautelari applicate per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., ove la condotta sia riconducibile alla partecipazione ad una associazione mafiosa “storica”, caratterizzata da un risalente radicamento e da una riconosciuta stabilità, grava sul giudice un onere motivazionale attenuato in ordine alla persistenza del pericolo cautelare, anche nei casi in cui sussista una significativa distanza temporale tra l’applicazione della misura e la richiesta di sostituzione della stessa, posto che l’attualità delle esigenze è immanente a tale tipo di reato, potendo essere esclusa solo in presenza di prove della recisione di ogni rapporto dell’accusato con il sodalizio (Sez. 2, n. 12197 del 14/12/2022, dep. 2023, Bella, Rv. 284474 – 01).
Di tali principi ha fatto corretta applicazione il giudice della cautela, nell’evidenziare che, ferma restando la duplice presunzione di legge di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. – non superata da elementi “nuovi” di segno
contrario nell’arco temporale sviluppatosi tra il momento di applicazione della misura (12 dicembre 2019) e quello di presentazione dell’istanza ai sensi dell’art.
299 cod. proc. pen. (respinta con provvedimento del 4 giugno 2024), atteso il carattere sostanzialmente neutro del “tempo silente” – il fatto sopravvenuto da
registrare nel procedimento d’interesse era nettamente sfavorevole all’imputato, essendo costituito dalla condanna subita nel primo dei due gradi di merito per il
reato associativo mafioso, a definitiva cristallizzazione del quadro indiziario.
I rilievi difensivi sviluppati in ricorso (ruolo del COGNOME dimostrato fino al
2017; “tempo silente”) ripropongono temi che, per come risulta dalle premesse del provvedimento impugnato, hanno già trovato spazio nelle fasi incidentali e di
cognizione, sicché va esclusa, per essi, la connotazione di novità che avrebbe imposto al giudice dell’appello cautelare un adeguato e specifico onere
motivazionale al riguardo.
Va, da ultimo, ricordato che, ai fini dell’attenuazione o della revoca della misura della custodia cautelare in carcere, il mero decorso di un pur lungo periodo
di carcerazione non assume di per sé rilievo come fattore di attenuazione delle esigenze cautelari, esaurendo la sua valenza soltanto nell’ambito della disciplina dei termini di durata massima della custodia (Sez. 1, n. 19818 del 23/03/2018, COGNOME, Rv. 273139 – 01).
Dal rigetto del ricorso discende ex lege la condanna del proponente al pagamento delle spese processuali.
La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2025
CORTE SUPR
Il Consigliere estensore
Il Presidente
FitippoCasar