Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21809 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21809 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 04/06/2025
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME dell’ordinanza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME chiede l’annullamento dell’ordinanza indicata in epigrafe con la quale il Tribunale di Roma ha respinto la richiesta di riesame proposta avverso l’ordinanza del 13 gennaio 2025 con la quale il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma gli aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere per reati in materia di stupefacenti (fra i quali il reato partecipazione ad associazione in materia di stupefacenti di cui all’art. 74, d.P.R. n. 309 del 1990) e numerosi reati-fine, concernenti la cessione di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, reati commessi da epoca anteriore e prossima al
2019 in permanenza. In particolare il ricorrente veniva individuato come emissario del clan albanese, operante in Olanda e altri Paesi, che riforniva di droga, attraverso numerosi corrieri, NOME COGNOME che ne effettuava la distribuzione in Frascati e territori limitrofi.
2. Con i motivi il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari e del pericolo, concreto e attuale di reiterazione, sulla scorta della gravità del titolo di reato. ricorrente evidenzia che la misura – adottata il 27 gennaio 2025- concerne reati commessi fino al 2 luglio 2019 e, dunque, cinque anni prima dell’adozione della misura, tempo durante il quale il ricorrente, ammesso al regime della semilibertà, non solo non aveva commesso altri reati ma, tratto in arresto per altri fatti, aveva intrapreso un serio percorso riabilitativo e di affrancamento dal crimine rescindendo ogni rapporto con gli ambienti di riferimento e mantenendo una condotta che gli valeva la cessazione del giudizio di pericolosità sociale nell’ambito del procedimento di applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione, ai sensi dell’art. 86 d.P.R. 309/1990 in relazione alla sentenza del 5 novembre 2021 della Corte di appello di Genova, in esecuzione. L’ordinanza impugnata richiama anche altri precedenti penali o giudiziari che, tuttavia, sono risalenti nel tempo e, comunque, correlati alle vicende di traffico di stupefacenti che lo vedevano coinvolto (sia il procedimento per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 cit. e quel in materia di riciclaggio, art. 648-bis cod. pen., in corso a Milano per i quali era stata revocata la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Il Tribunale ha omesso ogni valutazione sul tempo silente e sulle circostanze allegate dal difensore senza operare un concreto vaglio sulla sussistenza “in concreto e all’attualità” delle esigenze cautelari, ritenute fondate sulla mera gravità dei fat e ampliando la valenza della presunzione che connota il reato associativo in materia di stupefacenti e trascurando anche le positive informazioni, acquisite nel procedimento di esecuzione, sulla insussistenza di legami con la criminalità organizzata; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Con il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione sulla inadeguatezza di altre misure, anche applicate congiuntamente. Anche a tale riguardo le valutazioni espresse dal Tribunale trascurano il tempo trascorso dai fatti; il positivo percorso in carcere intrapreso dal Bathorja; le licenze ottenute l’ammissione alla semilibertà, durata quasi un anno; il tempo trascorso dai fatti e la rescissione dei rapporti con il contesto criminale di appartenenza valorizzando comportamenti risalenti, tenuti in occasione dei fatti e dell’avio delle indagini che, tra l’altro, avevano accertato l’uso di telefoni criptati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, assorbito il motivo di ricorso sull’adeguatezza della misura applicata, con riferimento alla ritenuta sussistenza di esigenze concrete e attuali connesse al pericolo di reiterazione degli stessi fatti per il quali si procede
La motivazione, a tal riguardo, del Tribunale, prevalentemente incentrata sulla gravità dei fatti ascritti all’indagato, amplifica la portata della presunzio relativa che, con riguardo al reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, giustific l’applicazione della misura cautelare in ragione delle caratteristiche dell’associazione di cui l’indagato aveva fatto parte, strutturata in forma complessa, con ripartizione dei compiti e rilevante capacità criminale che si era espressa attraverso la importazione in Italia di ingenti quantitativi di droga, prevalentemente cocaina.
Non è, tuttavia, trascurabile che i fatti oggetto di contestazione si riferiscono all’anno 2019, epoca delle intercettazioni che rivelavano l’operatività della struttura ricostruendone i contatti criminali tra gli appartenenti del gruppo: la misura, dunque, è stata applicata ad oltre cinque anni dalla commissione dei reati e si rivela del tutto apparente e tralaticio il riferimento alla permanenza che connota la contestazione del reato associativo.
L’ordinanza impugnata ha, dunque, trascurato la rilevanza del cd. “tempo silente” ai fini della concretezza e attualità del pericolo di reiterazione di reati de stesso genere.
Ribadendo un’opzione interpretativa risalente nel tempo (Sez. 6, n. 53028 del 06/11/2017, Battaglia, Rv. 271576), la più recente giurisprudenza ha confermato che pur se per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. è prevista una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce della riforma di cui alla legge 16 aprile 2015, n. 47, e un’esegesi costituzionalmente orientata della stessa presunzione, deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra gli “elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari”, cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, del codice di rito. (Sez. 6, n. 11735 del 25/01/2024, Tavella, Rv. 286202).
Il tempo trascorso dai fatti, nel caso in esame, è davvero di per se stesso rilevante e il provvedimento impugnato, al fine di attualizzare le esigenze cautelari, ha impropriamente valorizzato o fatti concomitanti o, comunque, connessi agli stessi reati per sui procede (la pendenza del procedimento per il reato di cui all’art.
73 d.P.R. n. 309 cit. e quello in materia di riciclaggio, art. 648-bis cod. pen., per quali procede l’autorità giudiziaria milanese che ha revocato la misura dell’obbligo
di presentazione alla polizia giudiziaria), e, comunque recessive, pur in assenza della commissione di reati significativi della perduranza del reato associativo di cui
all’art. 74 d.P.R. n. 309 cit., le circostanze, documentate dalla difesa, che evidenziavano come il ricorrente, nel frattempo condannato per altri risalenti reati,
fosse stato ammesso al regime della semilibertà, avesse intrapreso un serio percorso riabilitativo e di affrancamento dal crimine rescindendo ogni rapporto con
gli ambienti di riferimento e mantenendo una condotta che gli era valsa la revoca della misura di sicurezza dell’espulsione, ai sensi dell’art. 86 d.P.R. 309/1990 in
relazione alla sentenza del 5 novembre 2021 della Corte di appello di Genova, in corso di esecuzione.
Il Tribunale, con argomentazioni apodittiche, ha invalidato la positiva valenza di tali provvedimenti sul presupposto che le autorità giudiziarie procedenti non
fossero a conoscenza dell’inserimento del Bathoria in strutture criminali organizzate, operanti anche su scala interazionale e, dunque, richiamando, in
buona sostanza, la gravità dei fatti risalenti nel tempo in cui l’indagato era coinvolto come giudizio totalizzante sulla personalità dell’indagato del tutto
trascurata alla luce del positivo comportamento tenuto successivamente ai fatti, in occasione dell’esecuzione delle pene irrogategli.
Il Tribunale, in sede di rinvio, facendo uso dei suoi poteri al riguardo, dovrà, pertanto, riesaminare la sussistenza di esigenze di prevenzione, concrete e attuali, uniformandosi ai principi di diritto che si sono illustrati sulla rilevanza del cd. temp silente.
La cancelleria è delegata agli adempinnenti di cui al dispositivo.
P.Q.M.
”V Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di o wi i ; a NOME ompetente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen. Manda alla Cancelleria per gli adempinnenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso il 4 giugno 2025
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La Consigliera relatrice
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