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Tempestività querela: quando decorre il termine?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice. La decisione si fonda sulla corretta valutazione della tempestività della querela, il cui termine decorre non dal deposito degli atti, ma dalla data in cui la persona offesa ha avuto effettiva conoscenza dell’esito negativo dell’esecuzione. Inoltre, la Corte respinge l’eccezione di prescrizione in virtù della recidiva dell’imputato.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tempestività della Querela: La Conoscenza Effettiva Prevale sul Deposito degli Atti

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema cruciale della procedura penale: la tempestività della querela. La decisione chiarisce che il termine per proporre querela decorre dal momento in cui la vittima ha conoscenza reale e certa del fatto-reato, e non dalla semplice formalità del deposito di un atto in un fascicolo processuale. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di condanna della Corte di Appello per il reato previsto dall’articolo 388 del Codice Penale, ovvero la mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice. L’imputato lamentava, in sostanza, due vizi della sentenza di secondo grado, chiedendone l’annullamento alla Suprema Corte.

I Motivi del Ricorso

Il ricorrente basava la sua difesa su due argomenti principali:

1. Tardività della querela: Secondo la difesa, la querela presentata dalla persona offesa era tardiva. L’accesso dell’ufficiale giudiziario per l’esecuzione del provvedimento era avvenuto il 5 gennaio 2016, mentre la querela era stata sporta solo il 18 aprile 2016, oltre il termine di tre mesi previsto dalla legge.
2. Prescrizione del reato: In subordine, l’imputato sosteneva che il reato fosse ormai estinto per prescrizione.

La Valutazione sulla Tempestività della Querela

La Corte di Cassazione ha rigettato il primo motivo di ricorso, ritenendolo infondato. Gli Ermellini hanno confermato la correttezza della decisione della Corte di Appello, la quale aveva accertato che la persona offesa era venuta a conoscenza dell’esito negativo dell’esecuzione forzata solo in una data successiva, ovvero il 23 marzo 2016, nel corso di un’udienza.

Il punto centrale della decisione risiede nella distinzione tra conoscenza formale e conoscenza effettiva. Il semplice deposito del verbale dell’ufficiale giudiziario nel fascicolo processuale non è sufficiente a far decorrere il termine per la querela. Ciò che conta, ai fini della tempestività della querela, è il momento in cui la vittima acquisisce una consapevolezza piena e certa dell’inadempimento che costituisce reato.

La Questione della Prescrizione

Anche il secondo motivo, relativo alla prescrizione, è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha sottolineato che la condizione di ‘recidiva reiterata’ dell’imputato comportava un prolungamento dei termini di prescrizione, i quali, al momento della decisione, non erano ancora decorsi.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché basato su motivi che erano mere riproduzioni di censure già correttamente esaminate e respinte dalla Corte di Appello. La decisione di merito era stata supportata da argomenti giuridici solidi e coerenti. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: per la decorrenza del termine di tre mesi per la presentazione della querela, non è rilevante il momento del deposito formale degli atti, ma quello della conoscenza effettiva, piena e certa del fatto da parte della persona offesa. Tale conoscenza, nel caso di specie, si era concretizzata solo durante un’udienza successiva all’infruttuosa esecuzione. Inoltre, l’eccezione sulla prescrizione è stata liquidata come infondata a causa degli effetti della recidiva reiterata, che estende i termini previsti dalla legge.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, rafforza la tutela della persona offesa, stabilendo che i suoi diritti non possono essere pregiudicati da formalità procedurali di cui non ha avuto immediata e concreta contezza. Il principio della conoscenza effettiva garantisce che il diritto di querela possa essere esercitato in modo consapevole. In secondo luogo, la pronuncia serve da monito sull’importanza della recidiva nel calcolo della prescrizione, confermando che la ripetuta commissione di reati ha conseguenze significative sulla durata della punibilità. La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Da quale momento inizia a decorrere il termine per presentare la querela?
Il termine per presentare la querela inizia a decorrere dal momento in cui la persona offesa ha una conoscenza effettiva e certa del fatto che costituisce reato, non dal semplice deposito di un atto (come il verbale dell’ufficiale giudiziario) nel fascicolo processuale.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti erano riproduttivi di censure già valutate e respinte correttamente dalla Corte di Appello, e perché erano manifestamente infondati, sia riguardo alla presunta tardività della querela sia riguardo all’eccezione di prescrizione.

In che modo la recidiva ha influito sulla decisione?
La recidiva reiterata contestata all’imputato ha determinato un prolungamento dei termini di prescrizione del reato, rendendo infondata l’eccezione sollevata dalla difesa secondo cui il reato si sarebbe già estinto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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