Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26165 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 26165 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME NOME nato a Trivero il 16/01/1965 avverso la sentenza del 26/02/2025 della Corte di appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso ; ricorso trattato in forma cartolare ai sensi dell’art. 611, comma 1 -bis , cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 26/02/2025 la Corte di appello di Torino in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Biella del 10/09/2024, che aveva condannato NOME COGNOME per i reati ascrittigli, dichiarava non doversi procedere in relazione al reato di cui al capo A), perché estinto per prescrizione e rideterminava la pena per i residui reati, confermando nel resto la sentenza impugnata.
L’imputato , a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. per mancanza e manifesta illogicità della motivazione, con riferimento alla tempestività della querela in relazione al reato di cui al capo E). Evidenzia che la Corte territoriale ha individuato il dies a quo per il decorso dei
tre mesi per proporre querela nella fine del mese di aprile del 2017; che, invece, il capo di imputazione indica come tempus commissi delicti il periodo dal 30/11/2016 al 03/12/2016, con la conseguenza che il termine per sporgere querela è scaduto il 03/03/2017; che la querela è stata presentata in data 05/05/2017, dunque, ben oltre il termine di legge; che la sentenza impugnata è, altresì, contraddittoria -nella parte in cui, da un lato, individua nell’ultimo versamento effettuato in favore del ricorrente quello del dicembre 2016 e, dall’altro, ritiene tempestiva la querela del 05/05/2017 ed illogica, laddove afferma che l’indicazione dell’anno 2016 da parte della persona offesa sia un evidente errore, del tutto irrilevante, mentre la deposizione del teste risulta oltremodo confusa e, in ogni caso, al più colloca nel gennaio 2017 la scoperta della truffa.
2.2. Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. per mancanza e manifesta illogicità della motivazione, con riferimento alla tempestività della querela ed alla effettiva consumazione del reato di cui al capo F). Osserva che la Corte di appello ha individuato la data di consumazione del reato nel 01/03/2017, coincidente con l’incasso dell’acconto da parte del ricorrente, mentre più correttamente occorre far riferimento alla data prevista per la consegna dell’auto, in effetti mai avvenuta ed il cui procrastinarsi avrebbe dovuto indurre in allarme la persona offesa; che, invece, sulla data di consegna non vi è certezza, atteso che la persona offesa non ricordava nemmeno l’anno, ma solo il mese (giugno); che, dunque, se l’anno dovesse essere individuato nel 2017, la querela (del 07/04/2017) sarebbe stata sporta prima che il reato fosse consumato, mentre, se si dovesse far riferimento al giugno del 2016, sarebbe evidentemente tardiva; che, inoltre, vi è omessa motivazione in ordine al merito della vicenda, essendosi la sentenza concentrata solo sulla questione di procedibilità.
2.3. Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. per mancanza e manifesta illogicità della motivazione, con riferimento alla tempestività della querela in relazione al reato di cui al capo H). Rileva che il capo di imputazione, mai modificato, individua la data del commesso reato al 16/12/2016, mentre la querela è stata presentata in data 15/11/2017; che l’argomentazione secondo la quale la persona offesa si sarebbe resa conto di essere stata truffata solo nel settembre del 2017 travisa i dati esposti in querela e confermati in dibattimento nel corso del controesame; che, invero, le parti intrattennero rapporti finalizzati alla consegna dell’autovettura fino al 29/07/2017, dopo di che l’imputato si rendeva irreperibile, per cui, anche a voler far decorrere il termine di novanta giorni da tale momento, la querela sarebbe comunque tardiva.
2.4. Con il quarto motivo si duole della violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione all’art. 61, n. 11, cod. pen. Rappresenta che detta circostanza aggravante si applica a fronte di rapporti giuridici che comportino un obbligo di facere , laddove tra le parti vi sia un rapporto di fiducia che agevoli la commissione del reato; che la sentenza impugnata fa discendere detto rapporto di fiducia da semplici caratteristiche dell’imputato, quale la notorietà sul territorio e la presenza di una autovettura in esposizione; che, dunque, nel caso di specie non solo non vi è motivazione sul rapporto di fiducia agevolante, ma manca anche la individuazione dell’obbligo di facere in capo all’imputato, essendosi in presenza di un mero rapporto contrattuale tra privati .
2.5. Con il quinto motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione all’art. 165, comma 1, cod. pen. Evidenzia che il motivato apprezzamento delle condizioni economiche dell’imputato e la sua capacità economica, ai fini della verifica della capacità di pagare la somma liquidata alla parte civile a titolo di risarcimento del danno, non è stato effettuato, essendo la motivazione silente sul punto; che le somme di denaro uscite dal conto corrente della società, cui fa riferimento al Corte territoriale, risalgono ad un periodo di tempo precedente al fallimento della società, mentre la capacità risarcitoria avrebbe dovuto essere rapportata al momento dell’emissione delle sentenze.
In data 25/06/2025 sono pervenute conclusioni scritte della parte civile NOME COGNOME
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. I primi tre motivi -che, avendo ad oggetto la tempestività della querela, presentano profili giuridici comuni, per cui possono essere trattati congiuntamente -non sono consentiti. Ed invero, sono reiterativi di medesime doglianze inerenti alla ricostruzione dei fatti e all’interpretazione del materiale probatorio già espresse in sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale, per cui sotto questo profilo sono aspecifici, confrontandosi solo apparentemente con la trama argomentativa del provvedimento impugnato. In particolare, la sentenza i ) con riferimento al reato di cui al capo E), consumato nel dicembre 2016 con l’incasso dell’ ultimo versamento effettuato, ha evidenziato che la persona offesa si era avveduta del raggiro di cui era rimasta vittima solo nell’aprile del 2017, scaduto il termine ultimo per la consegna del veicolo acquistato e che il riferimento al 2016 fatto
dalla persona offesa in un passaggio della testimonianza è frutto di una svista, tenuto conto che è documentalmente provato che l’ultimo versamento al ricorrente fu effettuato nel dicembre 2016; ii ) con riferimento al reato di cui al capo F), consumato il 01/03/2017 con l’incasso del versamento dell’acconto, ha rilevato la tempestività della querela, sporta il 07/04/2017, essendosi la persona offesa resa conto quasi nell’immediatezza di essere stata vittima di una truffa; iii ) con riferimento al reato di cui al capo H), consumato il 16/12/2016 con l’incasso dell’acconto richiesto, ha affermato che solo nel settembre del 2017 la persona offesa, dopo numerosi rinvii della consegna dei veicolo, aveva avuto contezza in modo compiuto della truffa subita, di talchè la querela sporta in data 15/11/2017 è tempestiva.
Ebbene, a fronte di queste puntuali indicazioni, tutti e tre i motivi si limitano a reiterare pedissequamente le stesse doglianze già avanzate con l’appello, senza argomentare criticamente in ordine ad eventuali illogicità del percorso argomentativo seguito nel provvedimento impugnato, per cui risultano aspecifici.
1.2. Sotto altro profilo, i motivi che si stanno scrutinando sono manifestamente infondati, atteso che la difesa confonde il tempus commissi delicti , che rileva ai fini della prescrizione, con il momento in cui la persona offesa è venuta a conoscenza in modo compiuto di essere stata raggirata, dato questo che rileva per la decorrenza del termine di proposizione della querela. Dunque, è del tutto inconferente il richiamo alla data del commesso reato, cristallizzata nel capo di imputazione, al fine di sostenere la tardività della querela.
1.3. Anche il quarto motivo non è consentito per essere reiterativo ed aspecifico. Si osserva, invero, che la Corte territoriale ha dato conto dei motivi per i quali ha ritenuto la sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 61, n. 11, cod. pen., avendo evidenziato, da un lato, il radicamento sul territorio del ricorrente quale rivenditore di autovetture, circostanza questa che aveva indotto le persone offese a farvi affidamento e, dall’altro, avendo individuato gli obblighi di facere dell’imputato nell’attività di intermediazione tra la casa madre estera ed i clienti, essendosi impegnato a ordinare i veicoli, provvedere al loro trasporto in Italia, alla loro immatricolazione ed al successivo collaudo sul territorio nazionale.
Ebbene, il motivo si misura solo apparentemente con la trama motivazionale del provvedimento impugnato, di fatto ignorandola.
Come reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della
necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 6, n. 23014 del 29/4/2021, B., Rv. 281521 -01; Sez. 3, n. 50750 del 15/6/2016, COGNOME, Rv. 268385 -01; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849 -01; Sez. 4, n. 34270 del 3/7/2007, COGNOME, Rv. 236945 -01).
1.4. Il quinto motivo è del tutto generico. Con riferimento al profilo della subordinazione della sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno, rileva il Collegio che sussistono diversi orientamenti della giurisprudenza di legittimità. Secondo una prima impostazione (Sezione 4, n. 4626 del 8/11/2019, Sgrò, Rv. 278290 -01; Sezione 5, n. 12614 del 9/12/2015, COGNOME, Rv. 266873 -01; Sezione 2, n. 26221 del 11/6/2015, Dammico, Rv. 254913 -01; Sezione 6, n. 33020 del 8/5/2014, S., Rv. 260555 -01), maggiormente restrittiva, il giudice non è tenuto a svolgere accertamenti sulle condizioni economiche dell’imputato, in quanto la verifica dell’eventuale impossibilità di adempiere del condannato rientra nella competenza del giudice dell’esecuzione. All’opposto, in altri arresti (Sezione 5, n. 46834 del 10/10/2022, Albergo, Rv. 273802 -01; Sezione 5, n. 40041 del 18/6/2019, COGNOME, Rv. 277604 -01; Sezione 5, n. 21557 del 2/2/2015, COGNOME, Rv. 263675 -01; Sezione 2, n. 22342 del 15/2/2013, COGNOME, Rv. 255665 -01) è stato affermato che il giudice che intende subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena all’adempimento dell’obbligo risarcitorio è tenuto a valutare, motivando sia pur sommariamente sul punto, le reali condizioni economiche del condannato, al fine di verificare se lo stesso sia concretamente in grado di effettuare il pagamento entro il termine prefissato, atteso che la subordinazione del beneficio ad una condizione inesigibile contrasta con il principio di eguaglianza sancito all’art. 3 Cost. e con la funzione rieducativa della pena di cui all’art. 27 Cost.
Tra questi due opposti orientamenti ve n’è un terzo ( Sezione 6, n. 11142 del 7/2/2023, E., Rv. 284609 -01; Sezione 5, n. 26175 del 4/5/2022, Papa, Rv. 283591 -01; Sezione 6, n. 46959 del 19/10/2021, P., Rv. 282348 -01; Sezione 6, n. 22094 del 18/3/2021, A., Rv. 281510 -01; Sezione 5, n. 3187 del 26/10/2020, Genna, Rv. 280407 -01; Sezione 5, n. 40480 del 24/6/2019, P., Rv. 278381 -02), cui il Collegio intende dar continuità, secondo il quale, in tema di sospensione condizionale della pena subordinata al risarcimento del danno, il giudice non è tenuto a svolgere un preventivo accertamento in ordine alle condizioni economiche dell’imputato, dovendo tuttavia effettuare un motivato apprezzamento di esse, se dagli atti emergano elementi che consentano di dubitare della capacità di soddisfare la condizione imposta ovvero quando tali elementi vengano forniti dalla parte interessata in vista della decisione. In tale scia è stato, altresì, osservato che è onere dell’imputato fornire al giudice le
prove da cui emergano elementi specifici e concreti che consentano, attraverso un motivato apprezzamento delle condizioni economiche dell’interessato, di valutare la capacità del medesimo di soddisfare la condizione imposta, con la conseguenza che non è sufficiente che l’imputato si limiti a lamentare genericamente le sue difficoltà economiche per mancanza di reddito (Sezione 5, n. 26175/2022 cit.). Tale impostazione risulta convincente perché, da un lato, non demanda ad un momento successivo al giudizio di cognizione, segnatamente alla fase della esecuzione, la verifica della compatibilità della subordinazione della sospensione condizionale della pena alle condizioni economiche dell’imputato e dall’altro non onera il giudice di un accertamento che risulterebbe del tutto superfluo, ove non reso necessario sulla base delle allegazioni della parte o della emersione di elementi specifici che facciano dubitare della sua capacità economica. In altri termini, ritiene il Collegio che l’onere di motivazione non sia predeterminabile, variando a seconda che l’imputato abbia o meno allegato circostanze specifiche dalle quali desumere l’eventuale impossibilità di adempiere al risarcimento del danno; la motivazione, dunque, dovrà esser parametrata sugli elementi specificamente dedotti o comunque emersi nel giudizio, nonché tenendo conto dell ‘ entità dell ‘ importo dovuto, in quanto, a seconda dell ‘ entità del risarcimento, potrà risultare più o meno fondato il dubbio in relazione alla incapacità economica de ll’ imputato.
Nel caso oggetto di scrutinio, la Corte territoriale ha sufficientemente evidenziato che agli atti non vi erano elementi che potessero far dubitare della capacità di soddisfare la condizione imposta, anche in considerazione del fatto che, prima del fallimento della società in nome collettivo nelle cui casse era confluito il profitto delle truffe, era stata registrata l’uscita di significative somme di denaro confluite sui conti personali del ricorrente e successivamente trasferite all’estero, verosimilmente per sottrarle alla procedura esecutiva. In ogni caso, rileva il Collegio che il ricorrente nemmeno nell’atto di appello aveva fornito idonei elementi di valutazione o richiamato qualsivoglia fonte di prova sul punto, limitandosi ad affermare la propria incapacità economica. Analogamente, il motivo di ricorso per cassazione, come si accennava, è generico, atteso che non fornisce elementi da cui poter desumere l’impossibilità per l’imputato di adempiere alle obbligazioni civili di cui si discute, assumendo del tutto apoditticamente che la capacità economica del ricorrente va valutata con riferimento al momento della sentenza di condanna.
All’inammissibilità de l ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità,
al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
Va rigettata la richiesta di liquidazione delle spese avanzata dalla parte civile, atteso che si è limitata a depositare conclusioni scritte e nota spese.
In proposito, le Sezioni Unite di questa Corte hanno di recente ribadito il principio, che si condivide e che qui si intende ribadire, secondo il quale, «la parte civile, pur in difetto di richiesta di trattazione orale, ha diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali purché abbia effettivamente esplicato, anche solo attraverso memorie scritte, un’attività diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contributo alla decisione» (Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 283886 -01, in motivazione).
Nel caso di specie, in applicazione di tale condiviso principio di diritto, ormai costantemente enunciato in riferimento a tutte le forme di giudizio con contraddittorio scritto, la liquidazione delle spese processuali riferibili alla fase di legittimità in favore della parte civile non è dovuta, attesa la mancanza di contributo effettivo, essendosi limitata la parte civile a formulare le conclusioni, senza contrastare specificamente i motivi di impugnazione proposti.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Rigetta la richiesta di rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile NOME COGNOME
Così deciso in Roma, il giorno 3 luglio 2025.