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Tempestività della querela: la Cassazione chiarisce

Un imputato, condannato per truffa, ricorre in Cassazione sostenendo la tardività delle denunce. La Corte dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo un principio chiave sulla tempestività della querela: il termine per sporgere denuncia decorre non dal momento del reato, ma da quando la vittima ha piena e consapevole conoscenza di essere stata raggirata.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tempestività della querela: la Cassazione chiarisce quando decorre il termine

La questione della tempestività della querela è un aspetto cruciale nel diritto processuale penale, specialmente in reati come la truffa, dove il momento della scoperta del raggiro può non coincidere con quello della sua esecuzione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione torna su questo tema, offrendo chiarimenti fondamentali sulla decorrenza del termine per esercitare il proprio diritto di querela. Vediamo insieme i dettagli del caso e il principio di diritto affermato dai giudici.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un rivenditore di autovetture condannato in primo e secondo grado per una serie di reati, tra cui diverse truffe ai danni di clienti. In sostanza, l’imputato riceveva acconti o l’intero saldo per l’acquisto di veicoli che, però, non venivano mai consegnati. La Corte d’Appello, pur dichiarando prescritto uno dei capi d’imputazione, aveva confermato la condanna per i restanti reati.

Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a cinque motivi. I primi tre motivi, in particolare, si concentravano su un unico punto: la presunta tardività delle querele presentate dalle persone offese.

I Motivi del Ricorso e la questione della tempestività della querela

La difesa dell’imputato ha basato gran parte del suo ricorso sulla violazione di legge e sul vizio di motivazione in merito alla tempestività della querela. Secondo il ricorrente, le Corti di merito avrebbero errato nell’individuare il dies a quo, ovvero il giorno da cui far partire il termine di tre mesi per sporgere querela.

La tesi difensiva sosteneva che tale termine dovesse decorrere dal tempus commissi delicti, cioè dal momento in cui il reato si era consumato (ad esempio, con l’incasso dell’ultimo pagamento). Poiché le querele erano state presentate molti mesi dopo tali date, esse sarebbero state tardive e, di conseguenza, l’azione penale improcedibile.

Oltre a ciò, il ricorso lamentava:

* La contestazione di una circostanza aggravante legata a un presunto rapporto fiduciario tra le parti.
* La mancata valutazione delle condizioni economiche dell’imputato nel subordinare la sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno.

La distinzione tra consumazione del reato e conoscenza della truffa

Il punto centrale della decisione della Cassazione ruota attorno alla distinzione fondamentale tra il momento in cui il reato si perfeziona giuridicamente e il momento in cui la vittima ne acquisisce piena consapevolezza. La difesa ha tentato di far coincidere questi due momenti, ma la Corte ha ribadito un orientamento consolidato e logico.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutti i motivi sollevati. Per quanto riguarda la tempestività della querela, i giudici hanno chiarito che la difesa confonde il tempus commissi delicti, rilevante ai fini della prescrizione, con il momento in cui la persona offesa ha una conoscenza completa e certa di essere stata raggirata. È solo da quest’ultimo momento che inizia a decorrere il termine per proporre la querela.

La Corte ha specificato che:

1. I primi tre motivi erano infondati e aspecifici: si limitavano a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, senza criticare specificamente la motivazione della sentenza impugnata. La Corte d’Appello aveva correttamente ricostruito, per ogni singolo episodio di truffa, il momento in cui la vittima, dopo numerosi rinvii e vane attese, aveva finalmente compreso di essere stata truffata. Quel momento, e non la data dell’ultimo pagamento, costituiva il corretto dies a quo.
2. Il quarto motivo sull’aggravante era generico: la Corte territoriale aveva adeguatamente motivato la sussistenza dell’aggravante, basata sul radicamento sul territorio del rivenditore e sulla fiducia che ispirava nei clienti, inducendoli ad affidarsi a lui per l’intermediazione con l’estero, l’immatricolazione e il collaudo dei veicoli.
3. Il quinto motivo sulla sospensione condizionale era inammissibile: l’imputato si era limitato ad affermare la propria incapacità economica senza fornire alcun elemento di prova, né in appello né in Cassazione. La Corte ha ribadito che è onere dell’imputato fornire al giudice elementi concreti che facciano dubitare della sua capacità di adempiere all’obbligo risarcitorio.

Le Conclusioni

La sentenza in commento consolida un principio di diritto di fondamentale importanza pratica: nei reati come la truffa, caratterizzati da artifici e raggiri che possono protrarsi nel tempo, il termine per sporgere querela non decorre dalla data del pagamento o dalla stipula del contratto. Esso inizia a decorrere dal giorno in cui la vittima acquisisce la certezza soggettiva di essere stata ingannata. Questa interpretazione garantisce una tutela effettiva alla persona offesa, che spesso necessita di tempo per comprendere la reale natura criminale della condotta subita.

Da quale momento decorre il termine per presentare una querela per truffa?
Il termine di tre mesi per presentare una querela per truffa decorre non dal momento in cui il reato è stato commesso (es. il pagamento), ma dal momento in cui la persona offesa acquisisce una conoscenza completa e certa di essere stata vittima di un raggiro.

Un ricorso in Cassazione può limitarsi a ripetere gli stessi motivi dell’appello?
No, un ricorso in Cassazione è considerato inammissibile se si limita a riproporre le stesse doglianze già esaminate e motivatamente respinte dal giudice d’appello, senza confrontarsi criticamente e specificamente con le argomentazioni della sentenza impugnata.

Cosa distingue il ‘tempus commissi delicti’ dal momento di conoscenza del reato ai fini della querela?
Il ‘tempus commissi delicti’ è il momento in cui il reato si è giuridicamente consumato ed è rilevante, ad esempio, per calcolare la prescrizione. Il momento di conoscenza del reato, invece, è quello in cui la vittima si rende pienamente conto di essere stata ingannata; solo da questo giorno inizia a decorrere il termine per sporgere querela.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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