Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2504 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2504 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Piano di Sorrento in data DATA_NASCITA, avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli in data 14/03/2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta presentata ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, con cui il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni scritte presentate, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, dall’AVV_NOTAIO, il quale, nell’interesse dell’imputato, ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 14 marzo 2023, la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata in data 14 gennaio 2020 con la quale NOME COGNOME era stato condannato alla pena di 6 mesi di reclusione in quanto riconosciuto colpevole, previa esclusione della recidiva contestata, dei reati previsti dagli artt. 81, cpv., 477, 482 cod. pen., per avere alterato o incaricato
terzi di alterare la targa del motociclo Piaggio Vespa di sua proprietà e in suo esclusivo possesso mediante la modifica della prima lettera del codice alfanumerico identificativo EK CODICE_FISCALE in BK 17731, realizzata colorando la parte finale della lettera “E”; fatto accertato in Sorrento il 26 maggio 2018.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione lo stesso COGNOME per mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità penale dell’imputato.
La motivazione con cui la Corte di appello ha rigettato le censure svolte con il primo motivo di appello in ordine alla grossolana evidenza della contraffazione sarebbe smentita dalle risultanze dell’istruttoria dibattimentale, che avrebbe dimostrato come COGNOME non avrebbe potuto superare i controlli fotografici automatici, atteso che la contraffazione era stata segnalata dal rilevatore automatico operante sulle strade della Costiera amalfitana. Inoltre, la targa sarebbe apparsa, finanche a un primo sommario esame, manifestamente contraffatta, tanto è vero che gli operanti se ne sarebbero avveduti immediatamente, come del resto osservato anche dal primo giudice. Pertanto, il falso sarebbe stato ictu ()culi riconoscibile da qualsiasi persona di comune discernimento, senza dovere ricorrere alla competenza specifica di soggetti qualificati ovvero alla straordinaria diligenza di cui solo alcune persone avrebbero potuto esser dotate nel caso specifico.
Quanto alla possibilità di qualificare il fatto in contestazione come illecito amministrativo ex art. 100 cod. strada, non essendo stati compiuti gli opportuni accertamenti in ordine alla proprietà del motociclo o a chi effettivamente lo avesse in uso e difettando, inoltre, il raggiungimento della prova del fine specifico di porre in circolazione il veicolo con dati di identificazione alterati, la Corte di appello sarebbe appiattita sulle motivazioni della sentenza di primo grado, senza motivare la propria decisione.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 62-bis e 133 cod. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. La sentenza impugnata avrebbe omesso di motivare e di confrontarsi con le censure formulate nell’atto d’appello in merito al trattamento sanzionatorio, limitandosi a confermare l’entità della pena determinata dal primo Giudice. In particolare, la
Corte di appello avrebbe omesso qualsivoglia considerazione in merito alla personalità di NOME COGNOME, applicando una pena non individualizzata, in contrasto con i principi della giurisprudenza di legittimità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Muovendo dall’analisi del primo motivo, va premesso, in termini generali, che per aversi reato impossibile ai sensi dell’art. 49 cod. pen. occorre che l’inidoneità dell’azione debba essere ex ante assoluta, per cui la stessa non può desumersi dal mero fatto che il reato sia stato agevolmente scoperto (Sez. 2, n. 37718 del 12/07/2012, COGNOME, Rv. 253448 – 01; in termini v. Sez. 5, n. 20815 del 17/04/2018, COGNOME, Rv. 273343 – 01, in tema di falso ideologico).
Con specifico riferimento alla materia dei falsi, la punibilità è esclusa per inidoneità dell’azione, soltanto quando, come correttamente riconosciuto dalla sentenza impugnata, la falsificazione del fatto appaia in maniera talmente evidente da essere, ictu °culi, riconoscibile da chiunque alla stregua di una valutazione effettuata ex ante e, dunque, sulla base delle circostanze di fatto conosciute al momento in cui l’azione viene posta in essere (cfr. ex plurimis Sez. 5, n. 27310 del 11/02/2019, COGNOME, Rv. 276639 – 01).
In tale prospettiva, la sentenza impugnata ha motivatamente escluso che potesse ritenersi grossolana la falsificazione della targa in oggetto, atteso che la sua alterazione era stata rilevata soltanto all’esito di una verifica ravvicinata da parte dei militari che avevano proceduto al controllo del motociclo e grazie al fatto che essa era stata effettuata da personale esperto e specializzato. Tale è, dunque, il significato del passaggio motivazione della pronuncia di primo grado secondo cui «al momento del fermo, la targa del motociclo Piaggio Vespa, ad un controllo visivo, si presentava palesemente contraffatta: la targa era visivamente TARGA_VEICOLO, ma ad un controllo ravvicinato apparve chiaro che la prima lettera B fosse originariamente una E, sulla quale con un pennarello di colore nero, erano state tratteggiate le due gobbette della B». Pertanto, l’affermazione difensiva secondo cui detta alterazione avrebbe potuta essere rilevata da chiunque assume una valenza pretta mente fattua le e a pod ittica mente controva I utativa .
Del pari, la considerazione difensiva secondo cui l’alterazione non sarebbe stata in grado di eludere i controlli fotografici automatici operati sulla strade della Costiera amalfitana è stata confutata dai Giudici di merito attraverso il richiamo a quanto riferito dallo stesso personale operante, sentito a dibattimento, secondo cui i controlli verrebbero effettuati sui veicoli che siano risultati irregolari controllo elettronico; asserzione, questa, che però si connota come del tutto
generica e vaga, non necessariamente riferibile, in maniera specifica, al caso in esame.
Quanto, poi, alla mancanza di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica del fatto contestato nel capo di imputazione, la sentenza di appello ha, in realtà, evidenziato che il ciclomotore era in uso all’imputato, il quale ne deteneva anche il libretto di circolazione; e che COGNOME era l’unico soggetto ad avere interesse alla contraffazione, in modo da ostacolarne l’identificazione. Su tali premesse, la Corte di appello ha coerentemente escluso la possibilità di configurare, nella specie, l’illecito amministrativo previsto dall’art. 100, comma 12, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (cd. Codice della strada), che sanziona chi circola con veicolo munito di targa non propria o contraffatta nel caso in cui costui non sia, al contempo, l’autore della contraffazione (Sez. 5, n. 20799 del 22/02/2018, COGNOME, Rv. 273035 – 01; Sez. 5, n. 25766 del 7/04/2015, COGNOME, Rv. 264006 – 01).
Ne consegue, pertanto, la complessiva infondatezza del primo motivo di ricorso.
Venendo, indi, al secondo motivo di censura, è certamente condivisibile la premessa dalla quale muove il ricorrente, ovvero che il giudice di appello, nella ipotesi in cui l’imputato, con precise considerazioni, svolga specifiche censure su uno o più punti della prima pronuncia, non può limitarsi a richiamarla, ma deve rispondere alle doglianze prospettate (cfr. Sez. 4, n. 6779 del 18/12/2013, dep. 2014, Balzamo, Rv. 259316 – 01; Sez. 3, n. 24252 del 13/05/2010, 0., Rv. 247287 – 01).
Tuttavia, nel caso di specie, ciò che palesemente difetta è la precisione delle censure difensive in merito al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non avendo il ricorso indicato quali concreti elementi di fatto, specificamente dedotti in sede di appello, siano stati pretermessi, sul piano valutativo e indi motivazionale, dalla Corte territoriale, la quale aveva rilevato che non vi erano elementi positivamente apprezzabili a favore dell’imputato, non avendo costui posto in essere un qualsivoglia comportamento collaborativo. Ne consegue, pertanto, l’inammissibilità della doglianza, anche alla luce del consolidato principio di diritto secondo cui il riconoscimento delle attenuanti generiche deve essere fondato sull’accertamento di situazioni idonee a giustificare un trattamento di favore per l’imputato, di modo che, quando la relativa richiesta non specifichi gli elementi e le circostanze che, sottoposte alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimità dell’istanza, l’onere di motivazione del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche è soddisfatto con il solo richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscimento del beneficio (Sez. 3, n. 54179 del 17/7/2018, D., Rv. 275440-01; Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015, dep. 2016, Piliero, Rv. 266460-01).
Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso deve esser rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PER QUESTI MOTIVI
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual Così deciso in data 27 novembre 2023