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Tardività querela: il dubbio sulla data favorisce il reo

Un uomo, inizialmente assolto per tardività della querela e poi condannato in appello per truffa, ottiene l’annullamento della condanna in Cassazione. La Suprema Corte ha stabilito che, in caso di incertezza sulla data esatta in cui la vittima ha avuto conoscenza del reato, si deve applicare il principio del ‘favor rei’, considerando la data più favorevole all’imputato (il primo giorno del mese indicato). Ciò ha reso la querela tardiva e il reato improcedibile.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tardività Querela: Quando il Dubbio sulla Data Salva l’Imputato

Nel diritto penale, il rispetto dei termini è un pilastro fondamentale a garanzia della certezza del diritto e dei diritti dell’imputato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 36172/2024) ribadisce un principio cruciale in materia di tardività querela: l’incertezza sulla data esatta in cui la vittima ha avuto conoscenza del reato deve essere risolta in favore dell’imputato. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda un imputato accusato del reato di truffa. In primo grado, il Tribunale aveva dichiarato il non doversi procedere, ritenendo che la querela fosse stata presentata oltre il termine di tre mesi previsto dalla legge. La Procura aveva però impugnato la decisione e la Corte d’Appello, in riforma della prima sentenza, aveva condannato l’imputato, giudicando la querela tempestiva.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando due principali violazioni di legge.

I Motivi del Ricorso e la Tardività della Querela

Il ricorso si basava su due punti essenziali:

1. Violazione dell’art. 124 del codice penale: Il ricorrente sosteneva che la querela, presentata il 22 novembre 2019, fosse tardiva. Dalle testimonianze era emerso che la persona offesa aveva avuto conoscenza del reato nel mese di agosto 2019, o forse già a luglio 2019.
2. Violazione dell’art. 603 c.p.p.: Si contestava alla Corte d’Appello di aver ribaltato una sentenza di assoluzione senza procedere a una nuova audizione della persona offesa, in violazione del principio del giusto processo.

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il primo motivo, assorbendo di fatto il secondo.

La Decisione della Suprema Corte e il Principio del “Favor Rei”

Il cuore della decisione risiede nell’applicazione del principio del favor rei (favore per l’imputato) alla determinazione del dies a quo, ovvero il giorno da cui inizia a decorrere il termine per presentare la querela.

La persona offesa, durante l’esame dibattimentale, aveva dichiarato in modo dubitativo di aver saputo del fatto “nel mese di agosto… agosto 2019, luglio, agosto… più agosto del 2019”. Di fronte a tale incertezza, la Cassazione ha richiamato il proprio orientamento consolidato (cfr. Sez. 6, n. 25302 del 01/04/2021): qualora il reato sia contestato come commesso genericamente in un determinato mese, senza indicazione del giorno, il fatto deve ritenersi commesso nel primo giorno utile, ossia il primo giorno del mese indicato.

Applicando questo principio, il termine per la querela ha iniziato a decorrere il 1° agosto 2019. Di conseguenza, il termine di tre mesi è scaduto il 1° novembre 2019. La querela, presentata il 22 novembre 2019, risultava quindi inequivocabilmente tardiva.

le motivazioni

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione basandosi sul principio di legalità e di garanzia. La norma sulla tardività querela (art. 124 c.p.) non ammette incertezze. Quando la prova sulla data esatta della conoscenza del fatto è dubbia o generica, il principio del favor rei impone di adottare la soluzione più vantaggiosa per l’accusato. Fissare la decorrenza al primo giorno del mese indicato dalla persona offesa è l’unica interpretazione che garantisce la certezza del diritto e tutela l’imputato da decadenze calcolate su basi incerte. La Corte ha quindi concluso che la condizione di procedibilità (la querela tempestiva) mancava fin dall’inizio, rendendo l’azione penale non esercitabile.

le conclusioni

La sentenza in esame ha un’importante implicazione pratica: annulla senza rinvio la sentenza di condanna, dichiarando il reato improcedibile per difetto di querela e revocando anche le statuizioni civili. Questa pronuncia riafferma che il rispetto dei termini processuali è invalicabile e che ogni dubbio in merito deve sempre essere risolto a favore dell’imputato. Per le persone offese da un reato, ciò sottolinea l’importanza di agire con prontezza e di essere precisi, ove possibile, nel denunciare i fatti per non rischiare di vanificare l’azione della giustizia.

Cosa succede se la persona offesa non ricorda il giorno esatto in cui ha saputo del reato?
Secondo la Cassazione, se la conoscenza del reato è collocata genericamente in un mese, per il principio del favor rei si deve considerare come data il primo giorno di quel mese ai fini del calcolo del termine per sporgere querela.

Qual è il termine per sporgere querela?
Il termine di legge per sporgere querela è di tre mesi, che decorrono dal giorno in cui la persona offesa ha avuto notizia del fatto che costituisce reato, come stabilito dall’art. 124 del codice penale.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la condanna senza un nuovo processo?
La Corte ha annullato la sentenza senza rinvio perché ha accertato la tardività della querela. Questo vizio procedurale rende il reato “improcedibile”, ovvero significa che l’azione penale non poteva essere esercitata fin dall’inizio, rendendo inutile un nuovo processo di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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