Sentenza di Cassazione Penale Sez. F Num. 28369 Anno 2025
Penale Sent. Sez. F Num. 28369 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 31/07/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a LOCRI il 29/06/1984 COGNOME NOME nato a LOCRI il 16/12/1996 COGNOME NOME nato a MONGIANA il 12/11/1961
avverso la sentenza del 21/01/2025 della CORTE APPELLO di TRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; lette le conclusioni del difensore della parte civile RAGIONE_SOCIALE, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile e/o rigettare i ricorsi, con le conseguenti statuizioni anche in ordine alla rifusione delle spese e competenze difensionali;
letta la memoria di replica del difensore dei ricorrente, Avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’annullamento della sentenza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Trieste, con sentenza del 21 gennaio 2025, confermava la sentenza di primo grado con la quale NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME erano stati condannati per il reato di cui agli artt. 110 e 642 cod. pen., per avere avanzato alla compagnia di assicurazioni Allianz S.p.a. una richiesta di risarcimento danni per un sinistro mai avvenuto; avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il difensore degli imputati, eccependo:
1.1 erronea applicazione degli artt. 124 cod. pen. e 148 del Codice delle Assicurazioni private: a fronte di una richiesta di risarcimento del danno avanzata in data 4.1.2018, Allianz S.p.a., con missiva datata 16.03.2018, aveva rigettato la richiesta affermando che le lesioni lamentate non erano riferibili all’evento rappresentato, contestando di fatto il sinistro per come denunciato, per cui avrebbe dovuto sporgere querela entro 3 mesi decorrenti dal 16 marzo 2018 e non, come ritenuto dai giudici di merito, da quando la società di investigazione privata incaricata da Allianz aveva trasmesso la relazione a quest’ultima; peraltro, la lettera era stata preceduta da una prima relazione investigativa, dalla quale erano emerse le criticità confermate dalla seconda relazione; inoltre, avendo Allianz S.p.a. applicato la procedura amministrativa di accertamento sulla compatibilità del sinistro, il termine, ai sensi dell’art. 148 del Codice delle assicurazioni, risultava essere scaduto;
1.2 manifesta contraddittorietà e illogicità della motivazione, erronea valutazione delle prove e violazione dell’art. 24 Cost.: il giudice di primo grado aveva violato il diritto della difesa, impedendo la produzione di documenti a favore degli imputati e revocando l’ordinanza ammissiva del teste Ing. COGNOME che non si era presentato nonostante la prova della citazione effettuata; in particolare, l’ultima citazione era stata effettuata 7 giorni prima dell’udienza e non corrispondeva al vero che le citazioni per le precedenti udienze fossero tardive, visto che le stesse erano state rinviate per altri motivi; il teste COGNOME era il consulente tecnico d’ufficio nominato dal Giudice di Pace di Vibo Valentia nell’ambito del procedimento civile avente ad oggetto la richiesta di risarcimento danni per il sinistro ritenuto falso, conclusosi con l’accoglimento della domanda attorea; nella consulenza, la cui produzione documentale era stata rigettata dal giudice di primo grado, il perito aveva stabilito che il sinistro era avvenuto con le modalità denunciate dagli imputati per cui, in caso di audizione del teste e/o di acquisizione dell’elaborato, la sentenza avrebbe dovuto essere di assoluzione;
anche se il Tribunale di Vibo Valentia aveva riformato la sentenza del Giudice di Pace, non era stata richiesta né disposta alcuna rinnovazione della consulenza tecnica di ufficio, per cui il dato contenuto nella stessa, che confermava la dinamica denunciata non era stato contestato nemmeno da Allianz in sede di richieste istruttorie.
Quanto GLYPH alle GLYPH dichiarazioni GLYPH rilasciate GLYPH da GLYPH NOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME all’investigatore privato, a seguito delle quali non era stato trovato alcuna ditta che avrebbe potuto fornire il servizio di carro attrezzi, il difensore rileva che COGNOME aveva fornito le foto del veicolo nelle quali era ritratto il soggetto intervenuto con il carro attrezzi, soggetto a lui non noto; erano anche errate le considerazioni secondo cui il veicolo non era stato rottamato e che i NOME COGNOME fossero giunti al Pronto soccorso a distanza di un’ora l’uno dall’altro, ben essendo potuto accadere che a seguito dell’ingresso del primo fosse arrivato un paziente con un codice più grave e che quindi il secondo aveva dovuto aspettare; allo stesso modo, non incideva sulla veridicità del fatto quanto attestato nel referto secondo cui NOME COGNOME avrebbe dichiarato che l’incidente era avvenuto la mattina.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso deve essere dichiarato inammissibile
1.1 GLYPH La Corte di appello, quanto alla condizione di procedibilità, ha affermato, condividendo le conclusioni del primo giudice, che la querela, depositata formalmente il 13 luglio 2018, doveva ritenersi tempestiva, dal momento che l’agenzia investigativa RAGIONE_SOCIALE aveva consegnato ad Allianz Spa la propria relazione finale solo il 3 maggio 2018 e che solo alla luce di questa documentazione la persona offesa poté avere una conoscenza sufficientemente certa del fatto di reato, restando irrilevanti sul punto i precedenti, parziali accertamenti (pagg.7 e 8).
La giurisprudenza di questa Corte ha più volte precisato che il dies a quo per proporre querela deve essere individuato nella data della piena cognizione dei fatti da parte dell’interessato (Cass. Sez. 6, n. 3719 del 24/11/2015 – dep. 27/01/2016, Saba, Rv. 266954); la decorrenza del termine per la presentazione della querela è infatti differita quando la persona offesa deve compiere accertamenti al fine di acquisire la consapevolezza della illiceità penale del fatto, fermo restando che tale differimento si protrae solo per il tempo strettamente necessario al compimento di tali verifiche, non potendo farsi discendere
dall’inerzia di una parte la produzione di effetti sfavorevoli per l’imputato (Cass. sez. 2, n. 7988 del 01/02/2017, COGNOME, Rv. 269726; Cass. Sez. 5, n. 17104 del 22/12/2014 – dei). 23/04/2015, COGNOME, Rv. 263620).
Ai sensi dell’art. 124 cod. pen., comma 1, il diritto di querela deve essere esercitato nel termine di decadenza di “tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato”, intendendosi per notizia del fatto la conoscenza certa dell’episodio delittuoso e quindi la piena cognizione che dello stesso si siano realizzati i requisiti costitutivi, nel senso che l’interessato sia venuto in possesso degli elementi necessari per proporre fondatamente l’istanza punitiva.
Peraltro, la prova del difetto di tempestività della querela resterebbe a carico di chi ne deduce la tardività, di modo che deve ritenersi tempestiva la proposizione della querela, anche quando vi sia incertezza se la conoscenza precisa, certa e diretta del fatto, in tutti i suoi elementi costitutivi, da parte dell persona offesa sia avvenuta entro oppure oltre il termine previsto per esercitare utilmente il relativo diritto, dovendo la decadenza ex art. 124 cod. pen. essere accertata secondo criteri rigorosi e non sulla base di supposizioni prive di adeguato supporto probatorio; cfr., Sez. U, n. 12213 del 21/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272170-01; Sez. 6, n. 24380 del 12/03/2015, P., Rv. 264165-01).
Quanto alla eccezione relativa alla applicabilità dell’art. 148, comma 2 -bis, d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, si deve rilevare che si tratta di motivo non proposto con l’atto di appello, e pertanto inammissibile; è infatti principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo il quale non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare perchè non devolute alla sua cognizione (vedi Sez. 5, Sentenza n. 28514 del 23/04/2013, Rv. 255577; Sez. 2, Sentenza n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316 – 01)
1.2 Relativamente ai rimanti motivi di ricorso, si deve precisare come ci si trovi di fronte ad una affermazione conforme di responsabilità da parte dei due giudici di merito a seguito di richiesta di rito abbreviato formulata dai ricorrenti in primo grado; la Corte di appello ha pienamente condiviso, con motivazione logica e persuasiva, la decisione del giudice di primo grado, ricostruendo analiticamente la posizione e le condotte direttamente imputabili ai ricorrenti: in tal senso, la giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente chiarito che la sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo, specie quando i motivi di gravame non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate e ampiamente chiarite nella pronuncia di primo grado (Sez. U, n.
6682 del 04/02/1992, COGNOME, Rv. 191229- 01; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218-01; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595-01; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252615-01; Sez. 6, n. 8309 del 14/01/2021, COGNOME).
Pertanto, in presenza di una doppia conforme anche nell’iter motivazionale, il giudice di appello non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente ogni risultanza processuale, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale, egli spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente i fatti decisivi. Ne consegue che, in tal caso, debbono considerarsi implicitamente disattese le argomentazioni che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, COGNOME, Rv. 277593-01; Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, COGNOME, Rv. 260841- 01; Sez. 3, n. 13266 del 19/02/2021, Quatrini). Neppure la mancata enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie, con riguardo all’accertamento dei fatti e delle circostanze che si riferiscono all’imputazione, determina la nullità della sentenza d’appello per mancanza di motivazione, se tali prove non risultano decisive e se il vaglio sulla loro attendibilità possa, comunque, essere ricavato per relationem dalla lettura della motivazione (Sez. 3, n. 8065 del 21/09/2018, dep. 2019, C., Rv. 275853-01): ciò è riscontrabile nella sentenza impugnata, che ha esaminato ed espressamente confutato le deduzioni difensive negli aspetti fondamentali per ciascun ricorrente.
Occorre, inoltre, rilevare come i motivi proposti dai ricorrenti si caratterizzino per l’avere nella maggior parte della loro articolazione reiterato argomenti già introdotti con l’atto di appello. I ricorrenti hanno riproposto le proprie argomentazioni difensive al fine di giungere ad una lettura alternativa del merito, senza realmente confrontarsi con la motivazione logica e persuasiva della Corte di appello, che ha analiticamente ricostruito le condotte poste a base della condanna degli stessi; deve essere, in tal senso, sottolineato che è preclusa alla Corte di cassazione la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito attraverso una diversa ed alternativa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti dì prova (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217-01, Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 27510001, Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271702-01, Sez. 5, n.
48050 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277758-01, Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La COGNOME, Rv. 269217-01; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482-01; Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, Battaglia, Rv. 275100-01).
Da ciò consegue l’inammissibilità di tutte le doglianze che criticano la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento, rappresentando tutto ciò una non ammissibile interferenza con la valutazione del fatto riservata al giudice del merito (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747-01, Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965-01).
Ciò premesso, occorre rilevare come l’eccezione sulla mancata assunzione del teste COGNOME sia stata rinunciatcr, (pag. 10 sentenza di appello), e che la sentenza del Giudice di Pace citata dai ricorrenti è stata riformata dal Tribunale di Vibo Valentia, per cui la consulenza dell’Ing. COGNOME è da ritenersi superata dalle motivazioni del Tribunale; ancora, vi è motivazione sul fatto che non è stato possibile reperire alcun servizio di carro attrezzi, contrariamente a quanto dichiarato da NOME COGNOME; sulla incompatibilità dei danni riportati dall’autovettura con la dinamica descritta dell’incidente; sul fatto che i ricorrenti COGNOME si siano presentati presso il Pronto Soccorso a distanza di un’ora l’uno dall’altro, e che non era possibile che tale dato dipendesse dalla presenza di altre persona in attesa al Pronto Soccorso; non vi è poi alcun confronto con la sentenza impugnata relativamente: alla discordanza tra la vettura che avrebbe provocato l’incidente indicata nella richiesta risarcitoria (una Mitsubishi Pajero) e quella ritratta nelle foto inviate al perito (una Suzuki Vitara); al fatto che la RAGIONE_SOCIALE all’epoca del sinistro non era di proprietà di NOME COGNOME (indicata come proprietaria nella richiesta di risarcimento), che la avrebbe prestata a NOME COGNOME ma di altra persomi e che comunque la RAGIONE_SOCIALE era sottoposta a fermo amministrativo, revocato in data successiva all’asserito sinistro; alla conoscenza di NOME COGNOME sia con la COGNOME che con la COGNOME.
2.11 ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, le parti private che lo hanno proposto devono essere condannate al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della
Cassa delle ammende della somma di C 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Deve essere rigettata la richiesta di rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, che non ha apportato alcun contributo utile alla trattazione delle
questioni concernenti l’azione civile, mediante un’attività diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria e
fornendo così un utile contributo alla decisione, ma essendosi limitata la stessa a chiedere il rigetto del ricorso e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle
spese legali.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Nulla sulle spese di parte civile.
Così deciso il 31/07/2025