Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20229 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20229 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza del 11/11/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di SALERNO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilital udito il difensore L’avvocato COGNOME insiste per l’accoglimento del ricorso.
FATTO E DIRITTO
1. Con l’ordinanza di cui in premessa il tribunale di Salerno, in funzione di tribunale del riesame, ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Salerno, previa convalida del sequestro operato d’urgenza dalla polizia giudiziaria, avente a oggetto kg 100,150 di merce proveniente dalla Turchia e importata dalla società “RAGIONE_SOCIALE“, che, secondo l’ipotesi accusatoria deve considerarsi tabacco, dunque classificabile alla voce doganale 2403, soggetta a imposizione fiscale, contrariamente a quanto dichiarato dalla società importatrice, che aveva dichiarato, nella documentazione a corredo dell’importazione, la voce doganale 2401, corrispondente a prodotto non soggetto a imposizione fiscale, in relazione ai reati di cui agli artt. 84, co. 1, d.lgs. n. 141/2024 e 56, 48, 479, c.p., in relazione all’art. 476, co. 2, c.p.
1.1. In estrema sintesi, il tribunale del riesame, quanto al fumus commissi delicti, attraverso la disamina della normativa in materia, premesso che per tabacchi lavorati sottoposti ad accisa, devono intendersi le seguenti categorie: i sigari e i sigaretti; le sigarette; il tabacco da fumo; il tabacco da fiuto, il tabacco da masticare e i tabacchi da inalazione senza combustione, ha ritenuto, sulla base dei risultati delle analisi dei campioni effettuate presso il laboratorio chimico delle Dogane di Roma, che la merce sequestrata sia riconducibile alla categoria il tabacco da fumo, posto che l’esame analitico, corredato dalla prova di fumabilità aveva concluso nel senso che non essendo “stato possibile fumare i campioni senza ulteriore trattamento si può ragionevolmente pensare che il campione in esame, pure classificabile alla voce 2401, costituito da foglie essiccate, schiacciate, irregolari, parzialmente scostolate, sottoposte a essiccazione primaria, possa essere ricompreso nella nozione di tabacchi da fumo ai sensi del d.lgs. n. 504 del 26.101995, in quanto non si esclude che possa essere fumato a seguito di una semplice trasformazione mediante triturazione o trinciatura a mano”. Gli esiti di un nuovo esame effettuato presso la Direzione Antifrode hanno evidenziato che è stato possibile fumare i
tabacchi in parola a seguito di tranciatura manuale, ragione per cui essi sono da classificare alla voce 2403 19, con la conseguenza di essere assoggettati a imposizione fiscale.
Ad avviso del tribunale del riesame la merce in questione deve qualificarsi tabacco fumabile anche alla luce dei principi fissati in materia dalla direttiva 2011/64/UE del 21.6.2011.
Esiste, pertanto, il fumus commissi delicti, sia in relazione al reato di contrabbando di tabacchi lavorati di cui all’art. 84, co. 1, d.lgs. 26.9.2024, n. 141, sia in relazione al reato di cui agli artt. 56, 48, 479, c.p., in relazione all’art. 476, co. 2, c.p., per avere la ditta importatrice posto atti idonei diretti in modo non equivoco a indurre in errore i funzionari doganali i quali avrebbero emesso bollette doganali di importazione ideologicamente false.
Il tribunale del riesame si sofferma anche sul periculum in mora, evidenziando come l’attualità e la concretezza del pericolo posto a base del vincolo reale, si evincono dalla circostanza che, ove tale vincolo non fosse disposto, si consentirebbe la circolazione illecita del tabacco sul mercato, aggravando o protraendo le conseguenze dell’ipotizzato reato di contrabbando, senza tacere che si tratta di beni confiscabili ai sensi dell’art. 94, d.lgs. n. 141 del 2024.
2. Avverso il menzionato provvedimento, di cui chiede l’annullamento propone ricorso per cassazione la “RAGIONE_SOCIALE“, attraverso il suo legale rappresentante, lamentando: 1) violazione di legge processuale, posto che il tribunale del riesame ha indebitamente integrato la motivazione del giudice per le indagini preliminari, che, con riferimento al requisito del fumus commissi deliciti era del tutto assente, avendo al riguardo tale giudice operato un mero e immotivato richiamo alla informativa in atti, omettendo totalmente di valutare gli elementi di fatto ritenuti sussistenti ai fini della configurazione dei reati contestati e di motivare in merito a essi; 2) violazione di legge processuale, in quanto il tribunale del riesame ha omesso di considerare uno specifico rilievo articolato e documentato dalla ricorrente, alla luce del quale in base alla normativa che regola le prove di fumabilità del tabacco il
prodotto importato dalla menzionata società non può essere considerato tabacco da fumo e, di conseguenza, non può ritenersi accisabile, in quanto la prova di laboratorio eseguita sui campioni di tabacco integri, conformemente a quanto previsto dall’Allegato A al capitolo 24 delle “Note esplicative della nomenclatura combinata dell’Unione Europea” ha accertato che il prodotto non era, come non è, fumabile, senza tacere che il laboratorio di analisi di Roma non poteva procedere alla trinciatura dei campioni di tabacco, essendo vietato dal medesimo Allegato A, né il medesimo tabacco assoggettato a trinciatura poteva essere poi qualificato come fumabile; 3) violazione di legge in relazione all’art. 39 bis, d.lgs. n. 504 del 26.10.1995 e per inosservanza delle disposizioni contenute nel citato Allegato A, da interpretarsi nel senso che il tabacco da fumo è solo quello fumabile così come si trova (“tal quale”), senza cioè alcuna successiva trasformazione industriale, mentre, come si è detto, i campioni di tabacco analizzati dal laboratorio di Roma dell’ADM sono risultati, nello stato in cui si trovavano, non fumabili, senza tacere che il codice doganale 2401 comprende anche i tabacchi parzialmente o totalmente scostolati; 4) violazione di legge processuale in ordine alla mancata motivazione sul profilo del periculum in mora.
Con memoria del 14.2.2025, pervenuta a mezzo di posta elettronica certificata, il difensore di fiducia della società ricorrente, avv. NOME COGNOME insiste per l’accoglimento del ricorso.
Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto nei seguenti termini.
In via preliminare va ribadito il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice
(cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Rv. 269656; Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, Rv. 285608).
In questa prospettiva, si è rilevato, con condivisibile pronuncia, in tema di riesame delle misure cautelari reali, costituisce di violazione di legge legittimante il ricorso per cassazione a norma dell’art. 325, comma primo, cod. proc. pen. sia l’omissione totale della motivazione sia la motivazione fittizia o contraddittoria, che si configurano, la prima, allorché il giudice utilizzi espressioni di stile o stereotipate e, la seconda, quando si riscontri un argomentare fondato sulla contrapposizione di argomentazioni decisive di segno opposto, con esclusione della motivazione insufficiente e non puntuale (cfr. Sez. 1, n. 6821 del 31/01/2012, Rv. 252430)
6. Ciò posto, va rilevata l’infondatezza del primo motivo di ricorso, non trovando riscontro la doglianza difensiva, peraltro formulata in termini meramente assertivi, circa la completa assenza di motivazione, con riferimento al requisito del fumus commissi deliciti, dell’originario provvedimento cautelare reale emesso dal giudice per le indagini preliminari.
Al riguardo si osserva che, come affermato da un consolidato e condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimità, che nella motivazione del provvedimento genetico di applicazione della misura cautelare reale o di convalida della stessa può essere utilizzata la tecnica della redazione “per relationem”, purché essa dia conto degli elementi posti a fondamento del vincolo e di quelli a discarico eventualmente rappresentati dalla difesa, al fine di consentire l’esercizio della funzione di controllo a cui il tribunale del riesame è deputato, nel rispetto dei parametri identificati dal combinato disposto degli artt. 324, comma 7, e 309, comma 9, cod. proc. pen.
Pertanto anche attraverso una motivazione “per relationem”, il giudice può adempiere al suo specifico dovere di indicare le ragioni per le quali ritiene di poter attribuire, al compendio indiziario, un significato coerente alla integrazione dei presupposti normativi per l’adozione della misura (cfr., ex plurimis, Sez. 3, n. 2257 del 18/10/2016, Rv. 268800; Sez. 2,
n. 7258 del 27/11/2019; Rv. 278509; Sez. 2, n. 8951 del 11/11/2015, Rv. 265833).
Per converso, la giurisprudenza di legittimità è costantemente orientata nell’attribuire al tribunale del riesame il potere di integrazione della motivazione del decreto di sequestro preventivo, anche sulla scorta dei documenti in suo possesso, impedita solo dalla totale carenza di motivazione del provvedimento genetico (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 15852 del 28/02/2023, Rv. 284598; Sez. 3, n. 3038 del 14/11/2023, Rv. 285747; Sez. 2, n. 7258 del 27/11/2019; Rv. 278509; Sez. 2, n. 3103 del 18/12/2007, Rv. 239267).
Orbene la motivazione dell’ordinanza oggetto di ricorso appare conforme a tali principi, avendo il tribunale del riesame di Salerno innanzitutto evidenziato, nel rigettare il primo motivo di impugnazione, come il giudice per le indagini preliminari abbia ritenuto integrato il fumus commissi delicti dei reati per cui si procede, sulla base degli esiti investigativi consacrati nella comunicazione di notizia di reato (peraltro indicati dallo stesso tribunale del riesame nella parte della motivazione dedicata alla ricostruzione del contenuto del provvedimento cautelare), facendoli propri e argomentando, con autonoma valutazione, le ragioni della configurabilità, nel caso concreto, dei reati oggetto della contestazione provvisoria.
Risolta tale questione con motivazione non certo priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, il giudice dell’impugnazione cautelare ha, poi, proceduto, del tutto legittimamente, a integrare la motivazione del decreto di sequestro preventivo, in rapporto alle specifiche doglianze rappresentate dalla società “RAGIONE_SOCIALE.
Fondati, invece, appaiono il secondo e il terzo motivo di ricorso, in essi assorbita ogni ulteriore doglianza.
Al riguardo si osserva che, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, in tema di impugnazioni cautelari reali, la parte che propone richiesta di riesame, per la natura di mezzo di gravame della stessa, è tenuta ad articolare appositi motivi, sicché, ove successivamente
proponga ricorso per cassazione avverso la decisione del tribunale del riesame, è tenuta a dedurre motivi corrispondenti a quelli con i quali erano state fatte valere le questioni a questo prospettate, pena l’inammissibilità delle deduzioni, siccome nuove (cfr. Sez. 3, n. 29366 del 23/04/2024, Rv. 286752).
Di tale principio la ricorrente ha fatto buon governo, avendo dedotto, con il secondo e terzo motivo, le medesime doglianze in punto di mancata considerazione da parte del giudice per le indagini preliminari della disciplina prevista dall’Allegato A al capitolo 24 delle “Note esplicative della nomenclatura combinata dell’Unione Europea”, di cui all’art. 9 del Regolamento CEE n. 2658/87 del consiglio del 23.7.1987 (cfr. pp. 5 e seguenti della richiesta di riesame del 31.10.2024, allegata al ricorso).
Si tratta di un profilo decisivo, in quanto, come correttamente rilevato dalla società ricorrente sin dalla richiesta di riesame, tale testo normativo, contiene la disciplina che regola le modalità con le quali devono essere effettuate le prove finalizzate a stabilire se un campione di tabacco sia da classificare come “tabacco da fumo”, soggetto ad accise, ovvero come tabacco “greggio”, non soggetto ad accise.
Proprio in applicazione di tale disciplina, rileva, inoltre, la ricorrente, la prima prova di fumabilità effettuata dal Laboratorio di Roma dell’ADM sui campioni “integri” prelevati dal tabacco importato, aveva dato esito negativo, nel senso che il campione era risultato “non fumabile”, non avendo superato le tre prove previste dal menzionato Allegato A, come si evince dal contenuto del verbale di sequestro, allegato al ricorso, laddove la prova di fumabilità era risultata positiva, solo alla luce di un successivo esame, effettuato dopo che le “foglie in pezzi grandi, essiccate, parzialmente scostolate”, di cui era costituito il campione sequstrato, vennero sottoposte a “trinciatura a mano”, come indicato nel verbale di sequestro, dunque, osserva la ricorrente, sottoposte a un intervento di manipolazione, non consentito dalla suddetta fonte normativa, che vieta di “tagliare, spezzare, sbriciolare o rompere in altri modi il campione”, assimilabile a un trattamento industriale.
Su tale fondamentale profilo il tribunale del riesame non ha fornito un’effettiva motivazione, limitandosi a fare riferimento agli esiti del secondo esame, effettuato come si è detto, dopo la manipolazione del campione sequestrato alla “RAGIONE_SOCIALE“, affermando, al tempo stesso, che il tabacco in sequestro è da qualificare come tabacco fumabile, in quanto trinciato o in altro modo frazionato, e fumabile senza successiva trasformazione industriale, non potendosi ritenere tale, secondo il giudice dell’impugnazione cautelare, manipolazioni agevoli intese a rendere un prodotto del tabacco non finito tale da essere fumato, come quella consistente semplicemente nell’inserire un rotolo di tabacco in un tubetto di sigarette (cfr. pp. 7-8 dell’impugnata ordinanza).
Risultano, pertanto, negletti, due temi di fondamentale importanza, rispetto ai quali è configurabile un difetto di motivazione, che inficia il percorso argomentativo seguito dal giudice dell’impugnazione cautelare: 1) la compatibilità del percorso seguito in fase di indagine per accertare che il tabacco importato dalla società ricorrente fosse fumabile, con la disciplina prevista dall’Allegato A al capitolo 24 delle “Note esplicative della nomenclatura combinata dell’Unione Europea”, di cui all’art. 9 del Regolamento CEE n. 2658/87 del consiglio del 23.7.1987; 2) se, all’atto dell’importazione, dunque prima che venisse sottoposto a manipolazione, il tabacco, che pacificamente si presentava in “foglie in pezzi grandi, essiccate, parzialmente scostolate”, presentasse o meno le caratteristiche, che lo stesso tribunale del riesame individua come necessarie perché il tabacco possa essere considerato fumabile, alla luce della normativa europea, vale a dire essere trinciato o in altro modo frazionato, filato o compresso in tavolette e, al tempo stesso, fumabile senza successiva trasformazione industriale.
Sui punti indicati, si impone, pertanto l’annullamento dell’impugnata ordinanza, con rinvio per nuovo esame al tribunale del riesame di Salerno, che provvederà a colmare l’evidenziata assenza di motivazione
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al tribunale di Salerno.
Così deciso in Roma il 26.2.2025.
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