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Successione leggi penali: onere della prova per il reo

La Cassazione chiarisce che, in caso di successione leggi penali, spetta al reo dimostrare concretamente la maggiore favorevolezza della norma abrogata, inclusa l’assenza di preclusioni soggettive. Un ricorso che non assolve tale onere della prova viene dichiarato inammissibile.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Successione Leggi Penali: Quando Spetta al Reo l’Onere della Prova?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18805 del 2025, offre un importante chiarimento sul principio di successione leggi penali e sugli oneri che gravano sull’imputato che invoca l’applicazione di una norma abrogata perché ritenuta più favorevole. Il caso analizzato riguarda un ricorso avverso una condanna per un reato commesso nel 2016, dove la difesa chiedeva l’applicazione di una sanzione sostitutiva, la libertà controllata, che nel frattempo era stata soppressa dalla riforma Cartabia.

Il Caso in Analisi: Tra Riforme Processuali e Diritto Sostanziale

Un soggetto, condannato in primo e secondo grado per un reato risalente al dicembre 2016, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando due principali vizi.

Il primo motivo era di natura procedurale: la notifica del decreto di citazione in appello non avrebbe rispettato il termine a comparire di quaranta giorni introdotto dalla riforma Cartabia. Il secondo motivo, di carattere sostanziale, riguardava il rigetto da parte della Corte d’appello della richiesta di sostituire la pena detentiva con la libertà controllata. I giudici di merito avevano negato tale possibilità sulla base della semplice abrogazione dell’istituto, senza valutare il principio della legge più favorevole al reo.

La Posizione della Cassazione sulla Successione Leggi Penali

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo però una disamina precisa di entrambi i motivi.

Sul vizio procedurale, i giudici hanno chiarito che la nuova disciplina sui termini a comparire, introdotta dal d.lgs. 150/2022, si applica solo alle impugnazioni proposte a far data dal 1° luglio 2024. Per i ricorsi precedenti, vige il principio tempus regit actum, secondo cui la validità dell’atto processuale è regolata dalla legge in vigore al momento del suo compimento. Pertanto, il motivo è stato ritenuto infondato.

L’Onere della Prova in Concreto

Il cuore della pronuncia risiede nell’analisi del secondo motivo. La Cassazione riconosce che la Corte d’appello ha errato nel motivare il rigetto con la sola abrogazione della libertà controllata. Il principio di successione leggi penali, sancito dall’art. 2 del codice penale, impone infatti di applicare la legge più favorevole, anche se abrogata.

Tuttavia, la Corte Suprema sposta l’attenzione sull’onere della prova a carico del ricorrente. Non è sufficiente invocare astrattamente la maggiore favorevolezza di una norma passata. L’imputato deve dimostrare in concreto di poter beneficiare di quella norma, specificando perché sarebbe per lui più vantaggiosa e, soprattutto, di possedere tutti i requisiti soggettivi e oggettivi richiesti dalla vecchia legge.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione di inammissibilità si fonda sulla carenza di argomentazione del ricorrente. Quest’ultimo, infatti, non ha specificato perché la libertà controllata sarebbe stata per lui più favorevole rispetto alle nuove pene sostitutive, né ha dimostrato di non incorrere nelle preclusioni previste dalla vecchia normativa (L. 689/1981).

In particolare, l’art. 59 di tale legge impediva la sostituzione della pena per chi, già condannato a una pena detentiva superiore a tre anni, avesse commesso un nuovo reato nei cinque anni successivi. Nel caso di specie, il capo di imputazione contestava la recidiva infraquinquennale, un elemento che faceva presumere l’esistenza di tale preclusione. Il ricorrente, non avendo argomentato nulla al riguardo, ha dimostrato una carenza di interesse concreto alla richiesta, rendendo il suo ricorso generico e, quindi, inammissibile. La Corte ribadisce che il giudice non può creare una “terza legge” combinando gli aspetti favorevoli di normative diverse; la legge scelta va applicata integralmente.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa

Questa sentenza sottolinea un principio fondamentale per la pratica legale: quando si invoca l’applicazione di una legge abrogata in virtù del principio del favor rei, l’onere della prova grava sulla difesa. È indispensabile presentare al giudice un’analisi comparativa dettagliata tra la vecchia e la nuova disciplina, applicata alla situazione specifica dell’imputato. Soprattutto, è cruciale dimostrare che l’assistito soddisfa tutte le condizioni, anche quelle soggettive e ostative, previste dalla norma che si vuole applicare. Un’istanza generica, priva di questa specificazione, è destinata a essere dichiarata inammissibile per carenza di interesse.

Quando si applica il nuovo termine di 40 giorni per la comparizione in appello?
Il nuovo termine a comparire di quaranta giorni, introdotto dalla Riforma Cartabia, si applica esclusivamente alle impugnazioni proposte a partire dal 1° luglio 2024. Per quelle precedenti, vale la disciplina anteriore.

Se una sanzione penale viene abrogata, un imputato può ancora chiederne l’applicazione?
Sì, in base al principio di successione leggi penali (o favor rei), l’imputato può chiedere l’applicazione della legge in vigore al momento del fatto se questa risulta complessivamente più favorevole rispetto a quella attuale.

Cosa deve dimostrare l’imputato per ottenere l’applicazione di una legge abrogata più favorevole?
L’imputato deve dimostrare in modo specifico e concreto non solo che la vecchia legge è più vantaggiosa nel suo complesso, ma anche di possedere tutti i requisiti soggettivi e oggettivi richiesti da quella legge, inclusa l’assenza di eventuali condizioni ostative (preclusioni), come la recidiva qualificata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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