Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 5457 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2   Num. 5457  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/05/2023 del TRIB. LIBERTA’ di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette/sentite le conclusioni del PG COGNOME
Il Proc. Gen. si riporta alla memoria, conclude per il rigetto.
udito il difensore
L’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME NOME insiste per l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
Il Tribunale di Palermo con ordinanza in data 5 maggio 2023, decidendo all’esito della sentenza di annullamento con rinvio numero 15.842 pronunciata dalla Corte di Cassazione in data 11 gennaio 2023, ha confermato l’ordinanza del 13/05/2022 con cui è stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere nei riguardi di COGNOME NOME, indiziato dei reati GLYPH di partecipazione alla associazione mafiosa denominata RAGIONE_SOCIALE (l’indagato avrebbe fatto parte della famiglia mafiosa di COGNOME, partecipato a riunioni aventi ad oggetto lo scambio di informazioni e la programmazione delle attività criminali, gestito gli affari de sodalizio) e di violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, previst dall’art. 75 d. I.gs. 6 settembre 2011, n. 159 (l’indagato, sottoposto alla misura di prevenzione indicata, avrebbe incontrato e comunque intrattenuto rapporti di frequentazione con pregiudicati).
Ricorre per Cassazione il COGNOME con due ricorsi di analogo contenuto
Ricorso AVV_NOTAIO:
3.1. vizio della motivazione in ordine alla sussistenza della gravità indiziaria Lamenta che il tribunale non ha osservato il principio fissato dalla Corte di cassazione nella sentenza di annullamento perché ha continuato a motivare attribuendo alla precedente condanna non una valenza interpretativa di nuovi elementi, ma prova del fatto nuovo finendo ancora una volta per sostenere che un soggetto è attualmente colpevole di associazione mafiosa perché tale è stato giudicato in passato;
3.2. violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla sussistenza del reato di violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale. Sostiene che il numero di appena tre incontri registrati e per di più in assenza di certezza in ordine al loro reale contenuto depone per l’insussistenza del delitto. Del tutto inconsistenti sono ritenute dal ricorrente le considerazioni dell’ordinanza impugnata in ordine al fatto che il delitto in esame deve essere assorbito in quello di partecipazione all’associazione mafiosa. Sul punto il tribunale si sarebbe limitato ad affermare l’astratta autonomia dei due delitti;
3.3. assenza di motivazione in ordine alle esigenze cautelari.
Ricorso AVV_NOTAIO Accorretti.
Il ricorso presenta doglianze che riproducono sostanzialmente quelle del codifensore sia con riguardo alla gravità indiziaria per entrambi i reati (lamenta con riguardo al reato associativo l’assenza di elementi attestanti un contributo
concreto da parte del ricorrente alla consorteria) che per l’aggravante dell’agevolazione mafiosa con riguardo al capo 8) e alle esigenze cautelari. Ritiene illegittima anche la risposta che il tribunale del riesame ha reso rispetto al motivo con il quale aveva chiesto di ritenere assorbite le condotte di cui all’articolo 7 decreto legislativo numero 159/2011 nell’alveo dell’aggravante di quell’articolo 71 decreto legislativo citato imputata per il delitto di cui al capo 2)
Considerato in diritto
1. La Corte di cassazione con la sentenza n. 15842 del 2023 ha annullato l’ordinanza emessa dal tribunale di Palermo il 10/06/2022 sul presupposto della non corretta applicazione dei principi in ordine alla gravità indiziaria del reato d partecipazione ad associazione mafiosa nei confronti di un soggetto già condannato per lo stesso reato.
Si legge nella sentenza rescindente che il Tribunale ha fondato il giudizio di gravità indiziaria sul presupposto giuridico secondo il quale la prova della continuità dell’adesione al sodalizio di un soggetto già condannato per associazione di tipo mafioso possa farsi discendere da elementi di fatto che autonomamente considerati, potrebbero anche non essere sufficienti a fondare un’accusa originaria di partecipazione (status mafioso). Detto principio secondo la sentenza di annullamento deve essere chiarito nel senso che il giudizio di gravità indiziaria per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. nei riguardi di un soggetto già condannato per lo stesso reato deve essere autonomo e autosufficiente. Gli indizi del nuovo fatto associativo devono avere una loro capacità dimostrativa piena da sola sufficiente a fondare l’accusa. Non è consentito colmare l’anemia probatoria del “nuovo fatto” attraverso il richiamo al mero status di condannato per un precedente fatto di partecipazione ad associazione di tipo mafioso.
I gravi indizi di colpevolezza non possono farsi discendere, neppure parzialmente, dallo status di condannato per il reato di associazione mafiosa, che non può costituire neppure un mero riscontro, un riempitivo probatorio, una integrazione complementare rispetto ai nuovi indizi dimostrativi del nuovo fatto associativo da provare e che devono essere autosufficienti anche ai fini della emissione di un titolo cautelare. Lo status di condannato per partecipazione allo stesso sodalizio mafioso non ha una valenza surrogatoria rispetto all’obbligo di provare tutto, per intero, autonomamente il nuovo fatto mafioso.
Diverso è il caso in cui, ai fini della prova del nuovo fatto, si utilizzino, ai s dell’art. 238 bis cod. proc. pen., sentenze irrevocabili. In tal caso, la circolazio probatoria è disciplinata espressamente dal legislatore.
Secondo la sentenza rescindente il Tribunale nel provvedimento annullato non ha fatto corretta applicazione dei principi indicati. Non ha utilizzato una precedente sentenza irrevocabile per provare il fatto in essa accertato, ma ha utilizzato il mero status di condannato di COGNOME per associazione mafiosa per riempire di valenza indiziaria una serie di altri elementi il cui “peso” e la c capacità dimostrativa è fatta derivare dallo status di già condannato di COGNOME. Semplificazione probatoria non consentita che ha determinato l’annullamento dell’ordinanza del tribunale di Palermo del 10/06/2022 con assorbimento delle ulteriori doglianze
Il tribunale del riesame con ordinanza in data 5 maggio 2023 ha confermato la misura cautelare nei confronti del COGNOME ritenendo che numerosi elementi consentono di confermare la permanente attualità della partecipazione all’associazione del ricorrente già condannato con sentenza irrevocabile per il reato di associazione di tipo mafioso commesso fino all’11/5/2009 quale uomo di spicco, deputato all’imposizione del pizzo e ai traffici di cocaina della famiglia mafiosa COGNOME ricompresa nel mandamento mafioso COGNOME a quel tempo capeggiata da NOME NOME.
Nell’ordinanza impugnata è stata posta in evidenza la portata fortemente indiziante di alcune conversazioni intercettate e di alcuni servizi sul territorio c dimostrano non solo il perdurante inserimento dell’indagato in cosa nostra ma anche il fattivo concreto contributo costantemente assicurato per la gestione di alcune attività illecite – in ispecie quelle estorsive – e il vivo interesse espre per le dinamiche di potere interne al sodalizio e per il mantenimento del controllo del territorio. In particolare, sono state sottolineate le risultanze investigat emerse in relazione all’incontro del 3 dicembre 2020 al quale hanno partecipato oltre al COGNOME, il COGNOME ed il COGNOME. Si tratta di una riunione dedicata al pianificazione dell’attività estorsiva che rappresenta una delle più tipiche manifestazioni del potere illecito sul territorio di RAGIONE_SOCIALE nostra e che secondo il giudice di merito comprova il rilevante ruolo attivo rivestito dal COGNOME nella compagine associativa.
Così come viene sottolineato come da alcune conversazioni telefoniche, espressamente richiamate, emerga il ruolo di rilievo rivestito dal ricorrente come soggetto dotato di una vera e propria autorità, alternativa a quella pubblica, nel dirimere questioni relative ad azioni delittuose, secondo Io schema tipico dell’agire mafioso.
Secondo il tribunale gli elementi emersi costituiscono indice dell’attuale partecipazione del COGNOME all’associazione mafiosa dimostrando che lo stesso
non solo non si è dissociato dalla consorteria, ma ha continuato ad agire nell’interesse della stessa.
 Gli incontri e i contatti emersi tra il ricorrente e altri consociati già condanna per reato associativo, secondo il Tribunale, acquistano rilievo anche ai fini della configurabilità del reato di cui all’articolo 75 comma 2 decreto legislativo numero 159/2011 di cui al capo 8).
Le risultanze investigative hanno consentito di evidenziare come il COGNOME, sottoposto in data 7 marzo 2020 alla misura della prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per la durata di anni tre, abbia in più occasioni incontrato, con modalità riservate, soggetti pregiudicati con precedenti penali taluni condannati con sentenza irrevocabile per associazione mafiosa (incontro tra COGNOME e COGNOME registrato il 12 ottobre 2020 in epoca successiva al passaggio di quest’ultimo in posizione apicale – avvenuta il 4 giugno 2020 – e organizzato da NOME, già condannato con sentenze irrevocabili per il delitto di intestazione fittizia e per il delitto di estorsione aggravata dal metodo mafioso; incontro sempre con il COGNOME in data 12 gennaio 2021 e svoltosi sempre in forma riservata; contatti tra COGNOME, COGNOME e COGNOME NOME)
Può quindi affermarsi che il provvedimento pronunciato dal tribunale del riesame in sede rescissoria ha dato atto della esistenza di gravi indizi di colpevolezza con riguardo all’attuale partecipazione del RAGIONE_SOCIALE nella compagine associativa chiarendo anche quale sia in concreto il contributo dallo stesso fornito al sodalizio. Si tratta di una motivazione che, come espressamente indicato nel provvedimento in questa sede impugnato, assume rilievo anche rispetto agli ulteriori motivi di ricorso ritenuti assorbiti nella sentenz annullamento.
Il tribunale ha infatti dato atto delle esistenza di gravi indizi in ordine violazione dell’articolo 75 decreto legislativo citato e della sussistenza dell contestata aggravante di cui all’articolo 416 bis.1 cod.pen in considerazione in particolare dell’oggetto dell’incontro svoltosi il 3 dicembre 2020 nel corso del quale è stata programmata una delle più tipiche manifestazioni del potere intimidatorio finalizzato al controllo del territorio mediante la pretesa economica rivolta, dietr minaccia, a titolare di attività commerciali e a vantaggio dell’intera compagine associativa (come attestato dal contenuto della conversazione intercettata, richiamata dal tribunale del riesame nell’ordinanza impugnata).
A fronte delle argomentazioni espresse i motivi di ricorso che investono la gravità indiziaria co74” riguardo ad entrambi i reati contestati e la sussistenza
dell’aggravante di cui all’articolo 416 bis.1 si appalesano non solo generici, per mancato confronto con le precise argomentazioni del provvedimento reso in fase rescissoria, ma anche manifestamente infondati in quanto il tribunale ha dato conto delle ragioni che fondavano il giudizio di gravità indiziaria con riguardo ad elementi di portata fortemente indiziante che dimostravano in maniera inequivoca non solo il perdurante inserimento dell’indagato in cosa nostra ma anche il suo concreto contributo, costantemente assicurato, per la gestione di alcune attività illecite tipiche della consorteria.
 Del tutto generico è il motivo in cui reitera la questione del mancato assorbimento del reato di cui all’articolo 75 nel reato di cui all’art. 416 bis e nell’aggravante di cui all’articolo 71 del decreto legislativo indicato per mancato confronto argomentativo con la motivazione del tribunale sul punto e comunque manifestamente infondato stante la differenza strutturale tra le due previsioni che si pongono in rapporto di piena autonomia.
Generico e comunque manifestamente infondato è anche il motivo che investe le esigenze cautelari. Il Tribunale, circa la ricorrenza delle esigenze cautelari, ha implicitamente richiamato la presunzione di sussistenza delle medesime, in virtù della confermata gravità indiziaria sul delitto di partecipazione alla associazione mafiosa. A tale considerazione si aggiunge il rilievo del precedente giudicato (sempre per partecipazione alla medesima associazione) e l’assenza di elementi fattuali capaci di invertire la ricordata prognosi negativa in punto di pericolosità sociale. Il pericolo di reiterazione viene dunque ritenuto concreto ed attuale e contenibile solo con la misura in atto.
I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali della somma di euro 3000,00 alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 comma 1-ter disp. Att. cod proc pen.
Roma, 9/11/2023