Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 31770 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 31770 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/06/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME NOME, nato a Marsala il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato a Marsala il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/06/2023 della Corte di appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento denunziato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi; lette le conclusioni del difensore della parte civile NOME COGNOME, AVV_NOTAIO, che ha chiesto la conferma della sentenza impugnata e la liquidazione delle spese a favore del proprio assistito, ammesso al patrocinio a spese dello Stato; lette le conclusioni dei difensori dei ricorrenti, AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, che hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei rispettivi motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Palermo, per quel che qui interessa, confermava la sentenza del Tribunale di Sciacca del 21
giugno 2022 nella parte in cui aveva condannato gli imputati NOME COGNOME e NOME COGNOME per il reato di cui capo A)(lesioni dolose personali nei confronti di NOME COGNOME), e il solo NOME COGNOME anche per i reati di cui ai capi D) (minaccia nei confronti di NOME COGNOME), E) (porto in luogo pubblico, senza giustificato motivo, di una picozza e di un bastone) e F)(resistenza a pubblici ufficiali), mentre riformava la suddetta sentenza nei confronti di NOME COGNOME in ordine al reato di cui al capo C)(percosse nei confronti di NOME COGNOME), perché l’azione non poteva essere iniziata per difetto di querela, riducendo pertanto la pena allo stesso inflitta in primo grado.
In primo grado entrambi gli imputati erano stati assolti dal reato di cui al capo B)(danneggiannento ai danni di NOME) per non aver commesso il fatto.
Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori degli imputati, denunciando, con separati atti, i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Ricorso di NOME COGNOME.
2.1.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione ai reati di cui agl artt. 110, 582 e 585 cod. pen. (capi A e C): assoluzione perché il fatto non sussiste.
La Corte di appello ha basato la condanna del ricorrente sulle inattendibili dichiarazioni delle persone offese e un percorso argomentativo illogico e contraddittorio ,se posto in relazione con quanto dichiarato da quest’ultime e dai testimoni oculari.
Sono riportate in calce le sintesi delle dichiarazioni dei testi in contrasto con la ricostruzione dei fatti accolta dai giudici.
Le stesse lesioni riportate dalla parte civile sono incompatibili con l’aggressione riferita.
La persona offesa, COGNOME, si è contraddetta nel suo racconto ed era inattendibile. Sussistono veri dubbi sulla identificazione degli imputati da parte dell’COGNOME. Parimenti inattendibile è il racconto della di lui moglie.
In definitiva, la Corte di appello ha trascurato di attenzionare prove decisive, commettendo così una grave violazione di legge in relazione agli artt. 110, 582, 585 cod. pen. nonché determinando la illogicità della motivazione in relazione alle emergenze istruttorie. Avrebbe dovuto assolvere l’imputato perché il fatto non sussiste.
2.1.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione ai reati di cui agl artt. 612 cod. pen. e 4 I. n. 110 del 1975, 61 n. 2 cod. pen. (capi B ed E): assoluzione perché il fatto non sussiste.
Anche in tal caso la motivazione è illogica e contraddittoria rispetto alle emergenze probatorie e segnatamente alle dichiarazioni dei testi.
Soltanto le persone offese hanno affermato che l’imputato le avrebbe minacciate t ma le stesse sono inattendibili (in quanto cadono in contraddizione nel loro racconto e sono smentite da altri testi). Inoltre, la Corte di appello h svalutato la deposizione del teste COGNOME ( COGNOME aveva affermato che la picozza e il bastone erano in mano delle parti offese.
La deposizione della RAGIONE_SOCIALE offre una ricostruzione inverosimile.
In definitiva la valutazione del materiale probatorio è illogica e omette di confrontarsi con le prove e considera attendibili e credibili le dichiarazioni dell persone offese.
2.1.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato di cui all’art. 337 cod. pen. (capo F).
Il ricorrente non si è opposto ai pubblici ufficiali aggredendoli, ma si è limitat a non adempiere a loro invito di andare a casa.
L’unica violenza è stata diretta contro l’autovettura dei carabinieri e si trattava di condotta che non aveva alcuna idoneità ad opporsi concretamente all’attività dei pubblici ufficiali, in quanto scaturita da una situazione di rabbia derivant dall’allontanamento forzato già avvenuto.
2.2. Ricorso di NOME COGNOME.
2.2.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 62-bis e 133 cod. pen.
La Corte di appello, nel rispondere al motivo di appello sul trattamento sanzionatorio, ha preso in considerazione in realtà le censure di natura diversa dell’altro coimputato.
2.2.2. Violazione di legge in relazione all’art. 538 cod. proc. pen.
La Corte di appello non ha preso in considerazione il motivo sulle statuizioni civili, limitandosi a confermare la congruità della somma liquidata a favore della parte civile COGNOME. Peraltro, il ricorrente non era imputato di reato in danno della suddetta parte civile.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO e le parti priva hanno depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di NOME COGNOME è inammissibile in ogni sua articolazione, mentre quello proposto da NOME COGNOME è fondato soltanto per il secondo motivo, risultando anch’esso nel resto inammissibile.
Il ricorso di NOME COGNOME è inammissibile in quanto i motivi declinano censure precluse in sede di legittimità.
2.1. Anche a voler tacere del riferimento dei motivi anche a capi per i quali il ricorrente è stato assolto (capo B) o prosciolto per mancanza di querela (capo C), le critiche difensive avanzano argomenti di puro fatto, in diretto confronto con il materiale probatorio, del quale hanno proposto una completa rivisitazione.
E’ principio pacifico che il vizio di travisamento della prova sia precluso in sede di legittimità in presenza di una “doppia conforme” e comunque deve avere “un oggetto definito e non opinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco” della singola prova e quello che il giudice ne abbia inopinatamente tratto ed è pertanto da escludere che integri il suddetto vizio un presunto errore nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima (tra tante, Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017, dep. 2018, Rv. 272406).
Né risultano errori di diritto nella valutazione delle prove, avendo la Corte di appello fatto buon governo dei principi affermati in sede di legittimità e puntualmente richiamati in sentenza.
Le dichiarazioni del soggetto danneggiato dal reato che si sia costituito parte civile possono essere infatti legittimamente poste da sole a fondamento della responsabilità dell’imputato, senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all’art. 192 commi 3 e 4, cod. proc. pen., purché il narrato sia soggetto ad un più rigoroso controllo di attendibilità, opportunamente corroborato dall’indicazione di altri elementi di riscontro (per tutte, Sez. 4, n. 410 del 09/11/2021, dep. 2022, Rv. 282558).
In questa prospettiva i tanto il giudice di primo grado (pagg. 5-6 della sentenza di primo grado) quanto la Corte di appello (pagg. 4-7 della sentenza impugnata) hanno proceduto al vaglio della credibilità del narrato delle parti civili e, particolare, la Corte di appello ha esaminato e superato con argomenti non manifestamente illogici le censure mosse dalla difesa del ricorrente. Rispetto ad essi il ricorrente si limita a generiche critiche, dal contenuto meramente oppositivo.
E’ appena il caso di precisare che, come già affermato da questa Corte, i riscontri di cui parla la giurisprudenza di legittimità in tema di valutazione del dichiarazioni della parte civile possono consistere in qualsiasi elemento idoneo a escludere l’intento calunniatorio del dichiarante, non dovendo risolversi in autonome prove del fatto, né assistere ogni segmento della narrazione (Sez. 5, n. 21135 del 26/03/2019, Rv. 275312).
Ciò premesso, anche su tale aspetto le critiche difensive si risolvono in valutazioni sul merito del significato delle prove e su personali conclusioni sulla attendibilità o meno dei dichiaranti.
2.2. Aspecifiche e manifestamente infondate sono infine le censure sulla configurabilità del reato di resistenza a pubblico ufficiale.
Come già aveva puntualmente spiegato il primo giudice, l’art. 337 cod. pen. non esige, a differenza dell’art. 336 stesso codice, che la violenza (o la minaccia) sia usata nei confronti di un pubblico ufficiale o di un incaricato di pubblico servizio ma richiede soltanto che la violenza sia usata per opporsi al pubblico ufficiale nel compimento di un atto o di un’attività del suo ufficio. Ne consegue che a concretare il delitto di resistenza è sufficiente anche la mera violenza sulle cose o sulle persone dei privati, quando sia indirizzata a turbare, ostacolare o a frustrare il compimento dell’atto (o dell’attività) di ufficio o di servizio, giacché anche in t caso sussiste, sotto il profilo psicologico, la volontà di opporre una forza di resistenza positiva all’attività costituita dall’esercizio di una pubblica funzione (p tutte, Sez. 6, n. 3682 del 29/09/1997, Rv. 208771; Sez. 6, n. 15040 del 03/07/1989, Rv. 182434).
Pertanto, è sufficiente a configurare il reato in esame anche la mera violenza sulle cose, quando sia indirizzata a turbare, ostacolare o frustrare il compimento dell’atto di ufficio.
Quanto alla direzione dell’azione, ancora una volta le censure del ricorrente si risolvono in apprezzamenti di merito non consentiti in questa Sede.
Quanto al ricorso di NOME COGNOME si osserva quanto segue.
3.1. Il primo motivo avanza censure aspecifiche, in quanto la Corte di appello, nel ritenere da un lato le modalità “particolarmente violente della condotta” e dall’altro la “totale mancanza” di elementi favorevoli per la concessione delle attenuanti generiche, ha dimostrato di aver valutato le specifiche doglianze del ricorrente.
Non è infatti censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente in relazione a una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando il suo rigetto risulti dalla complessiva struttura argomentativa della sentenza (ex multis, Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, dep. 2023, Rv. 284096).
Il ricorrente aveva infatti chiesto con l’appello il riconoscimento delle suddette attenuanti in ragione delle motivazioni della sua presenza sul luogo dei fatti (dividere i litiganti) e per la non gravità dei fatti (stante il referto che ind lesioni giudicate guaribili in tre giorni).
Ebbene, nell’accertare la penale responsabilità del ricorrente per il capo A), la z Corte di appello ha smentito la ricostruzione difensiva (affermando che anche (il
ricorrente aveva iniziato con il fratello a provocare le parti offese), mentre ha ritenuto espressive di gravità le modalità particolarmente violente della condotta.
3.2. Fondato è invece il motivo sulle statuizioni civili a favore della parte civil COGNOME.
Va premesso che la COGNOME figurava parte offesa per il solo reato di percosse sub C), per il quale in ogni caso era stato imputato e condannato in primo grado il solo NOME COGNOME, con proscioglimento in appello per difetto di querela.
In primo grado, tuttavia, era stato condannato anche il ricorrente al risarcimento dei danni in solido con NOME COGNOME in favore delle parti civili costituite (quindi anche la COGNOME). (ai )
La questione delle statuizioni civili era stata posta con l’appello ed effettivamente la Corte di appello non ha risposto sul punto.
Ebbene, l’errore in cui è incorso il giudice di primo grado può essere direttamente rilevato in questa Sede, senza necessità di rinvio al giudice di merito, in quanto è dirimente l’esame della costituzione di parte civile della COGNOME, ben potendo ottenere il risarcimento del danno morale subito in conseguenza del reato anche colui che non è persona offesa dello stesso (Sez. 2, n. 4816 del 15/01/2010, Rv. 246280).
Nel caso in esame la COGNOME si è costituita nei confronti del solo NOME COGNOME e per il solo reato di percosse, sub C).
Pertanto, va eliminata nei confronti di NOME COGNOME la condanna alla statuizione civile in favore della COGNOME.
Conclusivamente, sulla base di quanto premesso conseguono le seguenti statuizioni.
4.1. Il ricorso di NOME COGNOME va dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento a favore della cassa delle ammende della somma a titolo di sanzione pecuniaria, che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo quantificare nella misura di euro tremila.
Quanto poi al provvedimento allegato dal difensore di NOME COGNOME di ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato, va rammentato che l’ammissione al beneficio comporta soltanto, ex art. 4 d.P.R. n. 115 del 2002, l’anticipazione delle spese da parte dello Stato, ma non incide sull’operatività della regola per cui l’imputato soccombente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali – le quali, infatti, sono soggette a recupero da parte dello Stato ex art. 200 del succitato d.P.R. – né sulla sua eventuale condanna, in caso di inammissibilità del ricorso per cassazione dal medesimo proposto, al pagamento
di una somma in favore della Cassa delle ammende (tra tante, Sez. 3, n. 24114 del 21/07/2016, dep. 2017, Rv. 270511).
In ordine alla liquidazione del compenso spettante al difensore, la richiesta va rivolta al giudice di merito, come prevede il citato d.P.R.
4.2. Va invece annullata la sentenza impugnata senza rinvio nei confronti di NOME COGNOME limitatamente alle statuizioni civili pronunciate a favore di NOME COGNOME, che vanno eliminate, mentre per il resto il ricorso del predetto va dichiarato inammissibile.
4.3. Consegue, ancora, la condanna di entrambi i ricorrenti alla rifusione delle spese sostenute nel grado a favore della parte civile costituita NOME COGNOME, da liquidarsi come indicato nel dispositivo (Sez. U, n. 5464 del 26/09/2019, dep. 2020, De Falco, Rv. 277760).
E’ appena il caso di precisane che l’ammissione di NOME COGNOME al patrocinio a spese dello Stato non incide su tale condanna, secondo l’orientamento di legittimità ampiamente maggioritario, che il Collegio condivide (cfr. per tutte, Sez. 3, n. 33630 del 31/05/2022, Rv. 283521; Sez. 4, n. 25854 del 27/02/2019, Rv. 276457).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente alle statuizioni civili pronunciate a favore di NOME, che elimina.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso di RAGIONE_SOCIALE.
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Condanna gli imputati, inoltre, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME NOME, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Palermo con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 d.P.R. n. 115 del 2002, disponendone il pagamento in favore dello Stato.
Così deciso il 13/ /2024.