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Stato di necessità: ricorso inammissibile per droga

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per detenzione e spaccio di stupefacenti. L’imputato aveva invocato lo stato di necessità a causa di gravi difficoltà economiche, ma la Corte ha ritenuto il ricorso generico e ripetitivo, confermando la decisione della Corte d’Appello che aveva già escluso tale scriminante e motivato adeguatamente la condanna e la pena inflitta.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Stato di necessità: non giustifica lo spaccio di droga

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: le difficoltà economiche, per quanto gravi, non possono integrare lo stato di necessità e giustificare la commissione di reati legati agli stupefacenti. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda un individuo condannato dalla Corte d’Appello per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, specificamente cocaina e marijuana, in quantità non trascurabili e con un elevato principio attivo. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basando la sua difesa su diversi motivi. In primo luogo, ha invocato l’applicazione della scriminante dello stato di necessità, sostenendo di essere stato spinto a commettere il reato da una condizione di bisogno economico tale da mettere a rischio diritti fondamentali. A sostegno di questa tesi, ha citato le denunce della moglie per la violazione degli obblighi di mantenimento. Oltre a ciò, ha lamentato la mancata applicazione dell’attenuante della collaborazione e un vizio nella motivazione della pena, a suo dire basata solo sulla quantità della droga e non su tutti i criteri previsti dalla legge.

L’analisi della Cassazione sullo stato di necessità

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, definendolo generico e ripetitivo. I giudici hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse già fornito una motivazione specifica, adeguata e congrua su tutti i punti sollevati dalla difesa. In particolare, la Corte di merito aveva già escluso in fatto e in diritto la sussistenza dello stato di necessità. La giurisprudenza è costante nell’affermare che la scriminante dello stato di necessità presuppone un pericolo attuale di un danno grave alla persona, non al patrimonio. Le difficoltà economiche, pur potendo incidere sulla vita di una persona, non integrano quel pericolo imminente e inevitabile alla persona fisica richiesto dall’art. 54 del codice penale.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha ritenuto la valutazione della Corte d’Appello non solo completa, ma anche non arbitraria e non sindacabile in sede di legittimità. I giudici di merito avevano correttamente motivato la loro decisione su ogni aspetto:

1. Assenza dello stato di necessità: È stato chiarito che la necessità di far fronte a un bisogno economico non può giustificare un’attività illecita come lo spaccio di droga, che a sua volta crea un grave pericolo per la salute pubblica.
2. Mancanza dei presupposti per l’attenuante della collaborazione: Anche su questo punto, la motivazione della sentenza impugnata è stata ritenuta adeguata.
3. Quantificazione della sanzione: La pena era stata determinata tenendo conto non solo della quantità, ma anche della purezza della sostanza (cocaina all’81%), elemento che ne denota la pericolosità e che giustifica una sanzione adeguata, come correttamente argomentato dai giudici di secondo grado.

In sostanza, la Corte di Cassazione ha confermato che la valutazione compiuta nel giudizio d’appello era immune da vizi logici o giuridici, e che le censure del ricorrente si limitavano a riproporre questioni già adeguatamente risolte.

Le Conclusioni della Corte

Con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, la condanna è diventata definitiva. Il ricorrente è stato inoltre condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa ordinanza rafforza un orientamento consolidato: lo stato di bisogno economico non è una ‘licenza’ per delinquere. La legge prevede strumenti di tutela sociale per affrontare le difficoltà economiche, e il ricorso ad attività criminali, oltre a essere illegale, non può trovare giustificazione nell’ordinamento giuridico attraverso l’invocazione dello stato di necessità.

Lo stato di necessità economico può giustificare il reato di spaccio di droga?
No, secondo la decisione della Corte, la condizione di bisogno economico non integra la causa di giustificazione dello stato di necessità prevista dall’art. 54 del codice penale, la quale richiede un pericolo attuale di un danno grave alla persona e non al patrimonio.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché generico e ripetitivo. La Corte ha stabilito che i motivi presentati non introducevano nuove argomentazioni valide, ma si limitavano a contestare la valutazione, già completa e congrua, effettuata dalla Corte d’Appello su tutti i punti, inclusa l’insussistenza dello stato di necessità e la correttezza della pena.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente a seguito della decisione?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, la condanna inflitta dalla Corte d’Appello è diventata definitiva. Inoltre, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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