Stato di Necessità: Quando la Giustificazione non Regge Senza Prove Concrete
Invocare uno stato di necessità per giustificare la violazione di un obbligo di legge è una difesa comune, ma per avere successo deve essere supportata da prove solide e credibili. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 6679/2024) ribadisce questo principio fondamentale, dichiarando inammissibile il ricorso di un cittadino che aveva violato il divieto di accedere a un comune adducendo una presunta urgenza sanitaria, senza però fornire alcuna prova a sostegno.
I Fatti di Causa
Il caso riguarda un individuo sanzionato per aver violato l’obbligo di non accedere al territorio di un determinato comune. L’imputato ha presentato ricorso, sostenendo di aver agito in stato di necessità, come previsto dall’art. 54 del codice penale. La sua giustificazione era di doversi recare presso una struttura ospedaliera situata in quel comune per una necessità sanitaria.
Tuttavia, la Corte di Appello di Palermo aveva già respinto questa tesi, evidenziando due elementi cruciali emersi durante l’istruttoria dibattimentale: l’imputato si stava dirigendo in una direzione opposta a quella dell’ospedale e non aveva prodotto alcuna documentazione che potesse attestare un effettivo accesso o appuntamento medico. Inoltre, la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) era stata negata a causa dei precedenti penali specifici del ricorrente.
La Decisione della Corte di Cassazione e lo Stato di Necessità
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno qualificato le censure del ricorrente come ‘mere doglianze in punto di fatto’, ossia critiche generiche sulla ricostruzione dei fatti già ampiamente valutata nei gradi di merito, e non come valide questioni di legittimità.
La Corte ha sottolineato che, per essere efficace, la scriminante dello stato di necessità richiede una dimostrazione concreta e attendibile del pericolo attuale di un danno grave alla persona, cosa che nel caso di specie è completamente mancata. La semplice affermazione di un’esigenza sanitaria non è sufficiente se non è corroborata da elementi oggettivi.
Analisi sulla Mancata Applicazione dell’Art. 131-bis c.p.
Un altro punto chiave della decisione riguarda il diniego dell’applicazione dell’art. 131-bis c.p., che esclude la punibilità per fatti di particolare tenuità. La Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello, la quale aveva correttamente valorizzato i precedenti penali del ricorrente. La presenza di condanne per reati della stessa indole, come risultava dal certificato del casellario giudiziale, è un fattore ostativo all’applicazione di tale beneficio, poiché indica una tendenza a delinquere che contrasta con il presupposto della ‘non abitualità’ del comportamento richiesto dalla norma.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte sono chiare e lineari. Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché le argomentazioni della difesa erano generiche e non supportate da prove.
1.  Sullo stato di necessità (art. 54 c.p.): La Corte ha ribadito che la difesa si è basata su affermazioni non provate. L’incongruenza tra la direzione di marcia del ricorrente e l’ubicazione dell’ospedale, unita all’assenza totale di documentazione medica, ha reso la tesi difensiva del tutto inattendibile.
2.  Sulla particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.): La decisione si fonda sui precedenti penali dell’imputato. La norma non può essere invocata da chi ha già dimostrato una propensione a commettere reati simili, venendo meno il requisito della occasionalità della condotta.
3.  Conseguenze dell’inammissibilità: Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, in questo caso quantificata in tremila euro.
Conclusioni
Questa ordinanza della Cassazione offre un importante monito: le cause di giustificazione, come lo stato di necessità, non sono clausole di stile da invocare genericamente, ma richiedono un onere probatorio rigoroso a carico di chi le eccepisce. La credibilità di una difesa si basa sulla sua capacità di fornire elementi concreti e riscontrabili. In assenza di prove, le argomentazioni, per quanto suggestive, sono destinate a essere respinte come mere doglianze di fatto. Inoltre, la pronuncia conferma che l’accesso a benefici come la non punibilità per tenuità del fatto è precluso a chi manifesta una certa serialità nel comportamento illecito, proteggendo così la funzione deterrente della sanzione penale.
 
È sufficiente invocare uno stato di necessità per giustificare la violazione di un provvedimento dell’autorità?
No, non è sufficiente. Secondo la decisione, chi invoca lo stato di necessità ha l’onere di fornire prove concrete e credibili a sostegno della sua affermazione. Nel caso specifico, la mancanza di documentazione e le incongruenze fattuali (come la direzione di marcia opposta all’ospedale) hanno reso la giustificazione inattendibile.
Perché la Corte ha escluso l’applicazione della particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La Corte ha escluso l’applicazione di tale beneficio a causa dei precedenti penali specifici del ricorrente. La presenza di condanne per reati della stessa indole, come risultava dal certificato del casellario giudiziale, è stata considerata un elemento ostativo, indicando un comportamento non occasionale.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6679 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 6679  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CANICATTI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/10/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
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Rilevato in fatto e considerato in diritto
Ritenuto che sono inammissibili le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME – nel quale il difensore si duole della violazione di legge in relazione al mancato riconoscimento della scriminante ex art. 54 cod. pen. e all’applicazione dell’art. 131 bis cod. pen. e del vizio di motivazione – perché, oltre ad essere costituite da mere doglianze in punto di fatto, altresì generiche, sono manifestamente infondate.
Invero, la Corte di appello di Palermo, nell’escludere la scriminante ex art. 54 cod. pen. in relazione alla violazione dell’obbligo di non accedere nel comune di Agrigento, fa leva sulle risultanze dell’istruttoria dibattimentale, secondo cui il ricorrente si stava dirigendo in direzione opposta a quella del nosocomio, e sulla mancata produzione di documentazione per dimostrare un effettivo accesso ospedaliero. Nell’escludere, poi, l’invocata applicazione dell’art. 131 bis cod. pen., fa leva sui precedenti penali della stessa indole di cui al certificato del casellario giudiziale.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. peri.
P.Q.111.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2024.