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Stato di necessità: respinto ricorso senza prove

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un individuo che aveva violato il divieto di accesso in un comune, invocando lo stato di necessità per recarsi in ospedale. La Corte ha ritenuto le prove insufficienti e generiche, confermando la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Stato di Necessità: Quando la Giustificazione non Regge Senza Prove Concrete

Invocare uno stato di necessità per giustificare la violazione di un obbligo di legge è una difesa comune, ma per avere successo deve essere supportata da prove solide e credibili. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 6679/2024) ribadisce questo principio fondamentale, dichiarando inammissibile il ricorso di un cittadino che aveva violato il divieto di accedere a un comune adducendo una presunta urgenza sanitaria, senza però fornire alcuna prova a sostegno.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo sanzionato per aver violato l’obbligo di non accedere al territorio di un determinato comune. L’imputato ha presentato ricorso, sostenendo di aver agito in stato di necessità, come previsto dall’art. 54 del codice penale. La sua giustificazione era di doversi recare presso una struttura ospedaliera situata in quel comune per una necessità sanitaria.

Tuttavia, la Corte di Appello di Palermo aveva già respinto questa tesi, evidenziando due elementi cruciali emersi durante l’istruttoria dibattimentale: l’imputato si stava dirigendo in una direzione opposta a quella dell’ospedale e non aveva prodotto alcuna documentazione che potesse attestare un effettivo accesso o appuntamento medico. Inoltre, la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) era stata negata a causa dei precedenti penali specifici del ricorrente.

La Decisione della Corte di Cassazione e lo Stato di Necessità

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno qualificato le censure del ricorrente come ‘mere doglianze in punto di fatto’, ossia critiche generiche sulla ricostruzione dei fatti già ampiamente valutata nei gradi di merito, e non come valide questioni di legittimità.

La Corte ha sottolineato che, per essere efficace, la scriminante dello stato di necessità richiede una dimostrazione concreta e attendibile del pericolo attuale di un danno grave alla persona, cosa che nel caso di specie è completamente mancata. La semplice affermazione di un’esigenza sanitaria non è sufficiente se non è corroborata da elementi oggettivi.

Analisi sulla Mancata Applicazione dell’Art. 131-bis c.p.

Un altro punto chiave della decisione riguarda il diniego dell’applicazione dell’art. 131-bis c.p., che esclude la punibilità per fatti di particolare tenuità. La Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello, la quale aveva correttamente valorizzato i precedenti penali del ricorrente. La presenza di condanne per reati della stessa indole, come risultava dal certificato del casellario giudiziale, è un fattore ostativo all’applicazione di tale beneficio, poiché indica una tendenza a delinquere che contrasta con il presupposto della ‘non abitualità’ del comportamento richiesto dalla norma.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte sono chiare e lineari. Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché le argomentazioni della difesa erano generiche e non supportate da prove.

1. Sullo stato di necessità (art. 54 c.p.): La Corte ha ribadito che la difesa si è basata su affermazioni non provate. L’incongruenza tra la direzione di marcia del ricorrente e l’ubicazione dell’ospedale, unita all’assenza totale di documentazione medica, ha reso la tesi difensiva del tutto inattendibile.

2. Sulla particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.): La decisione si fonda sui precedenti penali dell’imputato. La norma non può essere invocata da chi ha già dimostrato una propensione a commettere reati simili, venendo meno il requisito della occasionalità della condotta.

3. Conseguenze dell’inammissibilità: Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, in questo caso quantificata in tremila euro.

Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione offre un importante monito: le cause di giustificazione, come lo stato di necessità, non sono clausole di stile da invocare genericamente, ma richiedono un onere probatorio rigoroso a carico di chi le eccepisce. La credibilità di una difesa si basa sulla sua capacità di fornire elementi concreti e riscontrabili. In assenza di prove, le argomentazioni, per quanto suggestive, sono destinate a essere respinte come mere doglianze di fatto. Inoltre, la pronuncia conferma che l’accesso a benefici come la non punibilità per tenuità del fatto è precluso a chi manifesta una certa serialità nel comportamento illecito, proteggendo così la funzione deterrente della sanzione penale.

È sufficiente invocare uno stato di necessità per giustificare la violazione di un provvedimento dell’autorità?
No, non è sufficiente. Secondo la decisione, chi invoca lo stato di necessità ha l’onere di fornire prove concrete e credibili a sostegno della sua affermazione. Nel caso specifico, la mancanza di documentazione e le incongruenze fattuali (come la direzione di marcia opposta all’ospedale) hanno reso la giustificazione inattendibile.

Perché la Corte ha escluso l’applicazione della particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La Corte ha escluso l’applicazione di tale beneficio a causa dei precedenti penali specifici del ricorrente. La presenza di condanne per reati della stessa indole, come risultava dal certificato del casellario giudiziale, è stata considerata un elemento ostativo, indicando un comportamento non occasionale.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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