Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 893 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 893 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nata il 01/07/1992
avverso la sentenza del 23/05/2024 della Corte d’appello di Milano
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME;
considerato che i due motivi di cui si compone il ricorso, con cui si lamenta vizio di legge in relazione all’art. 54 cod. pen. e vizio di motivazione tanto in merit all’esclusione della suddetta scriminante quanto in ordine alla subordinazione della richiesta sospensione condizionale della pena al rilascio dell’immobile occupato, non sono consentiti in sede di legittimità, oltre che manifestamente infondati;
che, infatti, preliminarmente, emerge come le suddette doglianze non siano connotate dai requisiti, richiesti a pena di inammissibilità del ricorso, dall’art. 59 comma 1, lett. c), cod. proc. pen., fondandosi su profili di censura che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi, con corretti argomenti giuridici dai giudici di appello, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che, infatti, i giudici di merito, facendo congrua applicazione dei principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità, hanno esplicato le ragioni di fatto e di diritto per cui non è possibile ritenere configurata con riferimento al caso di
specie la causa di giustificazione dello stato di necessità (si vedano, in particolare, le pagg. 2-4 dell’impugnata sentenza, là dove la Corte territoriale ha sottolineato il doversi escludere, nel caso di specie, la sussistenza degli elementi dell’inevitabilità di un pericolo attuale e transitorio e della necessità della condott non potendosi trasformare la scriminante de qua in uno strumento per risolvere in via definitiva le proprie esigenze abitative, essendo all’uopo previsti appositi strumenti di tutela degli indigenti, dei quali l’imputata – alla quale pure erano stati prospettati dall’assistente sociale – ha volontariamente scelto di non avvalersi);
che, inoltre, con specifico riferimento alla subordinazione della concessione della sospensione condizionale al rilascio dell’immobile, deve osservarsi come i giudici di appello, legittimamente richiamandosi per relationem a quanto sul punto statuito dal giudice di prime cure, hanno fatto corretta applicazione di quanto disposto dall’art. 165 cod. pen., nella parte in cui stabilisce che ben può il giudice condizionare tale beneficio all’eliminazione delle conseguenze dannose e pericolose del reato realizzatosi (il che, nel caso di specie, coincide proprio con la cessazione dell’occupazione);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2024.