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Stato di necessità: quando la difficoltà non basta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21202/2025, ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due persone che invocavano lo stato di necessità a causa di difficoltà economiche e abitative. La Corte ha stabilito che tale esimente richiede un pericolo ‘attuale’, non una condizione cronica e permanente, per la quale esistono appositi istituti di assistenza sociale. È stata inoltre confermata la valutazione sulla recidiva, basata sui numerosi precedenti penali.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Stato di necessità: la Cassazione chiarisce quando la povertà non giustifica il reato

L’ordinanza n. 21202 del 2025 della Corte di Cassazione affronta un tema delicato e di grande attualità: il confine tra la difficoltà economica e lo stato di necessità come causa di giustificazione di un reato. La Suprema Corte ha fornito un’interpretazione rigorosa dei requisiti di legge, stabilendo che una condizione di disagio permanente non integra l’esimente, che presuppone invece un pericolo imminente e non altrimenti evitabile.

I Fatti del Caso: un Appello contro la Condanna

Il caso trae origine dai ricorsi presentati da due individui contro una sentenza della Corte d’Appello di Messina. Gli appellanti, condannati in secondo grado, hanno cercato di ottenere l’annullamento della decisione basando la loro difesa principalmente su due argomenti: il riconoscimento dello stato di necessità e un presunto vizio di motivazione riguardo alla contestazione della recidiva.

La Tesi Difensiva e lo Stato di Necessità Economico

Il fulcro dell’argomentazione difensiva era la sussistenza di uno stato di necessità. I ricorrenti sostenevano che la loro condotta fosse stata dettata da una grave situazione di difficoltà economica e da una conseguente necessità abitativa. Secondo la loro tesi, questa condizione di disagio avrebbe dovuto escludere la punibilità del reato commesso, in quanto agivano per far fronte a un bisogno primario e impellente. Contestavano inoltre la motivazione della Corte d’Appello in merito alla recidiva, ritenendola inadeguata.

La Decisione della Cassazione: Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente le argomentazioni dei ricorrenti, dichiarando i ricorsi inammissibili. Questa decisione ha comportato non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per i ricorrenti di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Corte: Pericolo non Attuale e Recidiva

La decisione della Suprema Corte si fonda su un’analisi puntuale dei requisiti dello stato di necessità e sulla correttezza della motivazione della sentenza impugnata.

Stato di Necessità e Requisito dell’Attualità del Pericolo

Il punto cruciale della motivazione riguarda la distinzione tra un pericolo ‘attuale’ e una condizione di difficoltà ‘permanente’. La Cassazione ha chiarito che l’esimente dello stato di necessità può essere invocata solo in presenza di un pericolo imminente, un’emergenza non altrimenti evitabile. Al contrario, le difficoltà economiche e abitative descritte dai ricorrenti, per quanto reali, sono state qualificate come ‘permanenti’.

Si tratta di esigenze croniche rispetto alle quali l’ordinamento giuridico prevede specifici strumenti di tutela, come gli istituti di assistenza sociale. Affidarsi a tali strumenti è la via corretta per affrontare il disagio, non la commissione di reati. Pertanto, il requisito dell’attualità del pericolo, essenziale per invocare lo stato di necessità, non è stato ritenuto soddisfatto.

La Questione della Recidiva

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo al vizio di motivazione sulla recidiva, è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha osservato che la sentenza d’appello aveva adeguatamente motivato la sua decisione, facendo riferimento ai ‘numerosi e gravi precedenti penali’ a carico di uno degli imputati. Tali precedenti sono stati considerati ‘sintomatici della persistente pericolosità sociale’ del soggetto, giustificando pienamente la contestazione e la valutazione della recidiva.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale del diritto penale: lo stato di necessità non è uno scudo per giustificare reati commessi a causa di una condizione di povertà o disagio sociale cronico. La legge richiede un pericolo attuale, grave e inevitabile, una situazione eccezionale che non può essere risolta con i mezzi ordinari. La decisione sottolinea che le problematiche sociali strutturali devono trovare risposta nelle politiche di welfare e negli istituti di assistenza, non nell’aula di un tribunale penale attraverso la disapplicazione della legge. Per i cittadini, questo significa che, pur in presenza di gravi difficoltà, la commissione di un illecito non troverà giustificazione se il pericolo non è imminente e se esistono alternative legali, come rivolgersi ai servizi sociali.

Una condizione di difficoltà economica e abitativa permanente può configurare lo stato di necessità?
No, secondo la Corte di Cassazione, lo stato di necessità richiede un pericolo ‘attuale’ e non una condizione di difficoltà ‘permanente’. Le esigenze derivanti da una situazione cronica devono essere affrontate tramite gli istituti di assistenza sociale.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sono state ritenute manifestamente infondate. La Corte ha stabilito che non sussisteva il requisito dell’attualità del pericolo per lo stato di necessità e che la motivazione sulla recidiva, basata sui gravi precedenti penali, era adeguata.

Quali sono state le conseguenze per i ricorrenti?
I ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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