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Stato di necessità: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una persona condannata per occupazione abitativa, la quale invocava lo stato di necessità. La Corte ha stabilito che il ricorso era una mera ripetizione dei motivi d’appello e che lo stato di necessità non sussiste quando l’occupazione è stabile e finalizzata a risolvere un’esigenza abitativa definitiva, anziché a fronteggiare un pericolo attuale e transitorio.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Stato di Necessità e Occupazione Abitativa: la Cassazione chiarisce i limiti

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sui limiti di applicabilità della scriminante dello Stato di necessità e sui requisiti di ammissibilità del ricorso in Cassazione. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: l’emergenza abitativa, pur essendo un problema sociale rilevante, non può essere risolta attraverso un’occupazione stabile e definitiva invocando questa causa di giustificazione, destinata a fronteggiare pericoli imminenti e temporanei.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da una donna avverso una sentenza della Corte d’Appello che l’aveva condannata. La difesa della ricorrente si basava interamente sul riconoscimento della scriminante dello Stato di necessità, sostenendo che la sua condotta, presumibilmente un’occupazione abusiva di immobile, era stata determinata da un’esigenza abitativa impellente. La Corte d’Appello aveva già respinto questa tesi, e la questione è stata quindi portata dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte sullo Stato di Necessità

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi principali.

In primo luogo, dal punto di vista procedurale, i Giudici hanno qualificato il ricorso come una ‘pedissequa reiterazione’ dei motivi già presentati in appello. Un ricorso in Cassazione, per essere ammissibile, deve contenere una critica argomentata e specifica contro la sentenza impugnata, non limitarsi a riproporre le stesse difese già esaminate e respinte. In assenza di nuovi e specifici argomenti, il ricorso è stato considerato solo ‘apparente’ e quindi inammissibile.

In secondo luogo, e nel merito della questione, la Corte ha confermato la correttezza della decisione della Corte territoriale nel negare la sussistenza dello Stato di necessità. La scriminante non era applicabile perché la condotta dell’imputata non era volta a fronteggiare un pericolo ‘attuale e transitorio’, ma a risolvere in via ‘stabile e definitiva’ la propria esigenza abitativa. Questo contrasta con la natura stessa della scriminante, che presuppone una situazione di emergenza imminente e non una condizione problematica cronica.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte è chiara e si allinea con la giurisprudenza consolidata. La scriminante dello stato di necessità è concepita per situazioni eccezionali in cui un bene giuridico viene sacrificato per salvarne un altro di rango superiore (in questo caso, l’incolumità personale) da un pericolo imminente. La Corte ha evidenziato come le pagine della sentenza impugnata spiegassero logicamente l’assenza degli elementi costitutivi della scriminante per tutta la durata della condotta. L’occupazione non era un rimedio temporaneo a un pericolo improvviso, ma un tentativo di soluzione permanente a un problema strutturale. Accettare la tesi difensiva avrebbe significato snaturare la funzione dello stato di necessità, trasformandolo da causa di giustificazione eccezionale a strumento per legittimare condotte illecite volte a risolvere problemi sociali di lungo periodo.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce due importanti implicazioni pratiche. La prima è di natura processuale: un ricorso per cassazione deve essere redatto con estrema cura, evitando la semplice riproposizione dei motivi d’appello e concentrandosi su critiche specifiche e puntuali alla logica giuridica della sentenza impugnata. La seconda è di natura sostanziale: lo stato di necessità non può essere invocato per giustificare l’occupazione permanente di un immobile al fine di risolvere la propria difficoltà abitativa. Sebbene il diritto all’abitazione sia fondamentale, la sua tutela deve avvenire attraverso i canali legali e non mediante atti illeciti, salvo il caso di un pericolo attuale, imminente e transitorio per la propria incolumità.

Quando un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Secondo quanto emerge dall’ordinanza, un ricorso è inammissibile quando si limita a ripetere pedissequamente i motivi già presentati e respinti nel precedente grado di giudizio, senza formulare una critica argomentata e specifica contro la sentenza impugnata. In tal caso, il ricorso viene considerato non specifico ma soltanto apparente.

Perché lo stato di necessità non è stato riconosciuto in questo caso di occupazione abitativa?
Lo stato di necessità non è stato riconosciuto perché la condotta non era finalizzata a resistere a un pericolo attuale e transitorio, ma mirava a realizzare un’occupazione stabile per risolvere in via definitiva un’esigenza abitativa. Questa finalità è in contrasto con i principi della scriminante, che richiede un pericolo imminente e una reazione temporanea ad esso.

Cosa succede in caso di inammissibilità del ricorso?
In caso di inammissibilità, la Corte di Cassazione non esamina il merito della questione. La ricorrente viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel dispositivo dell’ordinanza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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