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Stato di necessità: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per evasione che invocava lo stato di necessità. La Corte ha stabilito che la necessità di uscire per acquistare cibo era stata solo affermata ma non provata. Inoltre, la richiesta di non punibilità per tenuità del fatto è stata respinta a causa della condotta abituale dell’imputato, evidenziata da precedenti violazioni della stessa indole.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Stato di necessità: quando la giustificazione non è provata

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui limiti di applicabilità dell’esimente dello stato di necessità e della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Con una decisione netta, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per evasione, ribadendo principi fondamentali in materia di onere della prova e valutazione della condotta dell’imputato.

I Fatti del Caso

Un individuo, già sottoposto a una misura restrittiva della libertà personale, veniva condannato per il reato di evasione. Contro la sentenza della Corte d’Appello, proponeva ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su due argomenti principali. In primo luogo, sosteneva di aver agito in stato di necessità, poiché si era allontanato dalla propria abitazione con il solo scopo di acquistare del cibo. In subordine, chiedeva il riconoscimento della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis del codice penale, data la presunta lieve entità del fatto.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni difensive, dichiarando il ricorso inammissibile. Secondo i giudici, i motivi presentati erano generici e non affrontavano in modo concreto le ragioni esposte nella sentenza di secondo grado. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le motivazioni: perché lo stato di necessità è stato escluso

La Corte ha smontato punto per punto la linea difensiva, fornendo una lezione di rigore giuridico. Innanzitutto, il motivo di ricorso è stato giudicato “generico”, in quanto si limitava a una critica superficiale della sentenza impugnata senza un reale confronto con le sue motivazioni.

Sul punto centrale, lo stato di necessità, i giudici hanno sottolineato come la giustificazione addotta – la necessità di comprare del cibo – fosse stata “meramente allegata ma non dimostrata”. In diritto penale, non è sufficiente affermare l’esistenza di una causa di giustificazione; è onere di chi la invoca fornire prove concrete a suo sostegno. L’allontanamento volontario, in assenza di prove concrete del pericolo di un danno grave e imminente, integra pienamente il reato di evasione.

Le motivazioni sulla non punibilità e la recidiva

Anche la richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p. (non punibilità per particolare tenuità del fatto) è stata respinta. La Corte ha evidenziato che l’imputato aveva commesso in passato “più violazioni del foglio di via obbligatorio”. Questo reato è stato considerato “della stessa indole” del delitto di evasione, configurando così una “accertata abitualità della condotta”. Tale abitualità è una delle cause ostative che impediscono il riconoscimento della particolare tenuità del fatto.

Infine, la valutazione sulla recidiva è stata confermata. I plurimi precedenti penali del soggetto sono stati ritenuti “significativi della accresciuta pericolosità”, giustificando una valutazione più severa della sua condotta.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza ribadisce due principi cardine del diritto penale. Primo: le cause di giustificazione, come lo stato di necessità, devono essere provate in modo rigoroso e non possono basarsi su semplici affermazioni non corroborate da elementi oggettivi. Secondo: l’accesso a benefici come la non punibilità per tenuità del fatto è precluso a chi dimostra una tendenza a delinquere, specialmente se i reati commessi sono della stessa natura. La decisione serve da monito contro i ricorsi pretestuosi e rafforza l’idea che la valutazione della pericolosità sociale di un individuo passa anche attraverso l’analisi della sua storia criminale.

È sufficiente dichiarare di essere in uno stato di necessità per essere giustificati?
No, secondo questa ordinanza non è sufficiente. Lo stato di necessità deve essere concretamente provato e non solo allegato. Nel caso specifico, l’affermazione di dover uscire per comprare del cibo non è stata ritenuta sufficiente perché non supportata da alcuna prova.

La non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) si applica a chi ha commesso altri reati in passato?
No, non si applica se il comportamento è abituale. La Corte ha stabilito che le precedenti violazioni del foglio di via obbligatorio, essendo reati della stessa indole dell’evasione, configurano un’abitualità nella condotta che preclude l’applicazione di questa causa di non punibilità.

Cosa rende un ricorso in Cassazione “generico” e quindi inammissibile?
Un ricorso è considerato generico quando si limita a una critica superficiale o “lessicale” della sentenza impugnata, senza confrontarsi realmente con le motivazioni della decisione. In pratica, non basta esprimere il proprio disaccordo, ma è necessario evidenziare vizi specifici e argomentati della sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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