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Stato di necessità: prova e oneri per l’imputato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per la violazione di una misura di prevenzione. L’imputato sosteneva di non aver versato la cauzione per uno stato di necessità dovuto a indigenza. La Corte ha ribadito che lo stato di necessità deve essere provato con elementi oggettivi e non con una semplice dichiarazione verbale, confermando la condanna.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Stato di necessità: non basta dirsi poveri, servono le prove

Affermare di trovarsi in difficoltà economiche non è sufficiente per giustificare la violazione di un obbligo di legge. La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale: lo stato di necessità deve essere supportato da prove concrete e oggettive. Analizziamo questa decisione per capire quali sono gli oneri probatori a carico di chi invoca questa scusante.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo condannato in primo grado e in appello alla pena di dieci mesi di arresto per aver violato le prescrizioni imposte da una misura di prevenzione. Nello specifico, non aveva versato la cauzione economica richiesta dalla legge. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basando la sua difesa su due punti principali: la sussistenza di uno stato di necessità e la mancata concessione delle attenuanti generiche.

Secondo il ricorrente, la sua condizione di impossidenza gli aveva impedito di pagare la somma dovuta, e la sua semplice dichiarazione verbale avrebbe dovuto costituire una prova sufficiente. Contestava inoltre la valutazione negativa del suo comportamento durante un precedente periodo di carcerazione (non aver svolto attività lavorativa) e riteneva di meritare le attenuanti per il suo atteggiamento collaborativo durante il processo.

La Decisione della Corte e lo stato di necessità

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. I giudici hanno smontato punto per punto le argomentazioni della difesa, confermando la solidità delle sentenze di primo e secondo grado, le quali costituivano una “doppia conforme”.

La Corte ha sottolineato come la Corte d’Appello avesse motivato in modo logico e completo le ragioni per cui la tesi dello stato di necessità non poteva essere accolta. L’imputato, infatti, non aveva mai formalmente dichiarato la sua impossibilità economica durante il procedimento di prevenzione, ma l’aveva affermata solo verbalmente e tardivamente, rendendo impossibile qualsiasi verifica.

Le Motivazioni della Corte

Il cuore della motivazione risiede nell’onere della prova. La Cassazione chiarisce che chi invoca lo stato di necessità ha il dovere di allegare “elementi oggettivi idonei a dimostrare l’asserito stato di necessità”. Una mera dichiarazione verbale è, per sua natura, insufficiente e non suscettibile di verifica. Inoltre, la condotta passata del ricorrente, che non aveva mai chiesto di svolgere lavoro intramurario durante una detenzione precedente, è stata interpretata dai giudici come un indicatore della “volontarietà” della sua presunta incapacità economica.

Anche la richiesta di attenuanti generiche è stata respinta. La Corte ha spiegato che un generico atteggiamento collaborativo non basta se non si affrontano criticamente le motivazioni della sentenza impugnata. L’imputato si era limitato a ribadire la propria tesi senza fornire alcun elemento concreto a supporto della sua condizione di indigenza, rendendo le sue giustificazioni del tutto generiche.

Le Conclusioni

La decisione riafferma un principio cruciale: nel processo penale, le affermazioni devono essere provate. Lo stato di necessità è una causa di giustificazione seria, ma non può essere utilizzata come un pretesto infondato per sottrarsi agli obblighi di legge. L’ordinanza stabilisce che l’imputato deve assumersi la responsabilità di fornire prove concrete e verificabili della propria impossibilità ad adempiere. In assenza di tali prove, la sua parola non è sufficiente a superare le evidenze processuali, e la condanna per la violazione degli obblighi imposti viene inevitabilmente confermata.

Una semplice dichiarazione verbale di povertà è sufficiente per giustificare il mancato versamento di una cauzione invocando lo stato di necessità?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che lo stato di necessità, e la conseguente impossibilità economica, deve essere provato attraverso elementi oggettivi e concreti, non essendo sufficiente una mera affermazione verbale del soggetto.

L’atteggiamento collaborativo durante il processo garantisce la concessione delle attenuanti generiche?
No, non automaticamente. Nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto che l’atteggiamento collaborativo non fosse sufficiente a fronte della mancata allegazione di elementi concreti a supporto delle proprie giustificazioni, come la presunta condizione di indigenza.

Cosa significa che una sentenza è ‘doppia conforme’?
Significa che la sentenza di primo grado e quella d’appello sono giunte alla stessa conclusione con motivazioni convergenti. In questi casi, il ricorso in Cassazione è più difficile, poiché le due sentenze formano un unico ‘corpo argomentativo’ e possono essere messe in discussione solo per vizi palesi come la manifesta illogicità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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