Stato di Necessità e Occupazione Abusiva: Quando il Bisogno di una Casa Non Basta
L’emergenza abitativa è una questione sociale complessa, che spesso si intreccia con il diritto penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il delicato tema dell’occupazione abusiva di immobili, chiarendo i limiti entro cui può essere invocato lo stato di necessità come causa di giustificazione. Questa decisione sottolinea un principio consolidato: il bisogno, pur legittimo, di trovare un alloggio stabile non rientra nei parametri del pericolo grave, attuale e transitorio richiesto dalla legge per scriminare un reato.
I Fatti del Caso: Il Ricorso in Cassazione
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo contro una sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per il reato di invasione di terreni o edifici. L’imputato basava la sua difesa su due punti principali: la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e, soprattutto, il riconoscimento dello stato di necessità.
Secondo la difesa, l’occupazione dell’immobile era l’unica soluzione possibile per far fronte a una situazione di grave difficoltà abitativa. Il ricorso, tuttavia, non ha superato il vaglio di ammissibilità della Suprema Corte, che lo ha respinto con motivazioni nette e precise.
La Decisione della Corte sullo stato di necessità
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. In primo luogo, ha osservato che i motivi presentati erano una mera ripetizione di quanto già discusso e respinto nel giudizio d’appello. Il ricorso mancava di una critica specifica e argomentata contro la decisione impugnata, risultando generico e apparente.
I Limiti dello Stato di Necessità secondo la Giurisprudenza
Il punto cruciale della decisione riguarda l’invocato stato di necessità. La Corte ha ribadito un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. L’occupazione abusiva di un immobile può essere giustificata dallo stato di necessità solo quando risponde a un pericolo imminente e temporaneo. Non può, invece, essere utilizzata come strumento per risolvere in via definitiva un’esigenza abitativa strutturale e permanente.
La scriminante richiede la presenza di elementi specifici: l’assoluta necessità della condotta e l’inevitabilità del pericolo. Questo significa che il pericolo di un danno grave alla persona deve essere attuale e non altrimenti evitabile. La necessità di reperire un alloggio, per quanto fondamentale, non configura quel pericolo transitorio che la norma intende tutelare.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su una distinzione chiara tra un’emergenza momentanea e una condizione di bisogno cronico. Lo stato di necessità è concepito come una misura eccezionale per fronteggiare un pericolo immediato (ad esempio, la necessità di trovare riparo durante una calamità naturale). Utilizzarlo per giustificare un’occupazione a tempo indeterminato snaturerebbe la sua funzione, trasformandolo in una sorta di legittimazione della violazione del diritto di proprietà per risolvere problemi sociali che richiedono interventi strutturali da parte dello Stato.
La Corte ha inoltre specificato che i motivi relativi alla particolare tenuità del fatto erano già stati congruamente disattesi dalla Corte territoriale, la cui motivazione è stata ritenuta esente da vizi logici. La mancanza di un confronto critico con tali argomentazioni ha reso il ricorso inammissibile anche su questo punto.
Le Conclusioni
L’ordinanza conferma che la giurisprudenza penale mantiene una linea rigorosa sull’applicazione dello stato di necessità in materia di occupazioni abusive. Pur riconoscendo l’importanza del diritto all’abitazione, la Corte suprema stabilisce che la sua tutela non può avvenire attraverso la commissione di reati, se non in circostanze eccezionali e temporanee. La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questo provvedimento ribadisce la necessità di distinguere tra emergenza e bisogno strutturale, lasciando la soluzione di quest’ultimo alle politiche sociali e non all’autotutela individuale.
Quando si può invocare lo stato di necessità per occupare abusivamente un immobile?
Lo stato di necessità può essere invocato solo quando l’occupazione è necessaria per salvarsi da un pericolo attuale, grave, inevitabile e transitorio. Non può essere utilizzato per risolvere in via definitiva un’esigenza abitativa permanente.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile anche sulla richiesta di applicare la ‘particolare tenuità del fatto’?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile su questo punto perché i motivi presentati erano una semplice reiterazione di quelli già esaminati e respinti dalla Corte d’Appello, senza contenere una critica specifica e argomentata contro le motivazioni della sentenza impugnata.
Cosa significa che il pericolo deve essere ‘attuale e transitorio’ per giustificare l’occupazione?
Significa che il pericolo di danno grave alla persona deve essere immediato e di breve durata. La necessità cronica di un alloggio, essendo una condizione stabile e non momentanea, non rientra in questa definizione secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46117 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46117 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 14/05/1985
avverso la sentenza del 03/04/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che l’unico motivo di ricorso, con cui si contesta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto – con riferimento al reato di cui agli artt 633, 639-bis cod. pen. – non risulta connotato dai requisiti richiesti, a pena di inammissibilità del ricorso, dall’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., poiché fondato su profili di censura che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti in appello e congruamente disattesi dai giudici di merito, dovendosi gli stessi considerare non caratterizzati da un effettivo confronto con le argomentazioni poste a base della decisione, e dunque non specifici ma soltanto apparenti, omettendo di assolvere la tipica funzione di una concreta critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che, infatti, la Corte territoriale, con una motivazione esente dai vizi contestati (si veda in particolare pagg. 2 e 3 dell’impugnata sentenza) ha congruamente indicato le ragioni a sostegno della ritenuta assenza dei presupposti applicativi per l’operatività dell’art. 131-bis cod. pen. in favore della ricorrente;
che con specifico riferimento all’invocata causa di giustificazione dello stato di necessità deve ribadirsi il consolidato principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui « L’abusiva occupazione di un bene immobile è scriminata dallo stato di necessità conseguente al pericolo di danno grave alla persona, che ben può consistere anche nella compromissíone del diritto di abitazione ovvero di altri diritti fondamentali della persona riconosciuti e garantiti dall’art. 2 Cost., sempre che ricorrano, per tutto il tempo dell’illecita occupazione, gli altri elementi costitutivi della scriminante, quali l’assoluta necessità della condotta e l’inevitabilità del pericolo; ne consegue che la stessa può essere invocata solo in relazione ad un pericolo attuale e transitorio e non per sopperire alla necessità di reperire un alloggio al fine di risolvere in via definitiva la propria esigenza abitativa» (Cass. Sez.2, n. 10694 del 30/10/2019 (dep. 2020), Rv. 278520 – 01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del l* ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condannailg ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 novembre 2024.