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Stato di necessità: non giustifica l’occupazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un individuo condannato per occupazione abusiva. La Corte ribadisce che lo stato di necessità non può essere invocato per giustificare l’occupazione di un immobile a causa di difficoltà economiche permanenti, poiché tale scriminante richiede un pericolo imminente di danno grave alla persona, non una situazione di disagio abitativo cronico.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Occupazione abusiva e stato di necessità: quando la difficoltà economica non giustifica il reato

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande attualità sociale e giuridica: l’applicabilità dello stato di necessità ai casi di occupazione abusiva di immobili. La pronuncia chiarisce, ancora una volta, i rigidi confini di questa causa di giustificazione, escludendone l’operatività in presenza di una difficoltà economica permanente. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un ricorso presentato alla Suprema Corte da un individuo condannato nei gradi di merito per i reati di invasione di terreni o edifici (art. 633 c.p.) e danneggiamento (art. 639-bis c.p.). L’imputato aveva occupato illecitamente un immobile e, avverso la sentenza di condanna della Corte d’Appello, proponeva ricorso per cassazione basato su due principali motivi.

I Motivi del Ricorso e l’invocato stato di necessità

Il ricorrente lamentava, in primo luogo, una violazione di legge riguardo all’affermazione della sua responsabilità penale. In secondo luogo, e questo è il punto centrale della vicenda, contestava la mancata applicazione della scriminante dello stato di necessità, prevista dall’art. 54 del codice penale. Sostanzialmente, la difesa argomentava che l’occupazione era stata determinata da una condizione di bisogno abitativo e di difficoltà economica che avrebbe dovuto giustificare la condotta illecita.

La Decisione della Corte: un ricorso tra inammissibilità e infondatezza

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su una duplice argomentazione, una di carattere processuale e una di carattere sostanziale.

* Il Profilo Processuale: Il primo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile perché considerato una ‘pedissequa reiterazione’ di argomenti già esposti e puntualmente respinti dalla Corte d’Appello. I giudici hanno sottolineato che il ricorso per cassazione deve contenere una critica argomentata e specifica della sentenza impugnata, non limitarsi a riproporre le stesse difese senza confrontarsi con le motivazioni del giudice precedente.

* Il Profilo Sostanziale e i limiti dello stato di necessità: Il secondo motivo, relativo allo stato di necessità, è stato ritenuto ‘manifestamente infondato’. La Corte ha ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: la scriminante dello stato di necessità può operare solo in presenza di un pericolo imminente di un danno grave alla persona. Questi requisiti, sottolinea la Corte, non sono soddisfatti in caso di difficoltà economica permanente.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha spiegato che lo stato di necessità è una causa di giustificazione eccezionale, che permette di commettere un reato solo quando è l’unica alternativa per evitare un pregiudizio grave e imminente alla propria o altrui incolumità fisica. Una situazione di disagio economico e abitativo, per quanto seria e prolungata nel tempo, non integra di per sé i requisiti del ‘pericolo attuale’ e del ‘danno grave alla persona’ richiesti dalla norma. Accogliere una tale interpretazione significherebbe legittimare una ‘surrettizia soluzione delle esigenze abitative’ attraverso la commissione di reati, snaturando la funzione della scriminante. La giurisprudenza citata nell’ordinanza è costante nell’affermare che il bisogno di un alloggio non può essere soddisfatto violando i diritti altrui, se non in situazioni estreme e momentanee di pericolo per la vita o l’integrità fisica.

Le Conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione riafferma con fermezza i paletti applicativi dello stato di necessità in materia di occupazione abusiva. La decisione conferma che il disagio economico e la necessità abitativa, seppur socialmente rilevanti, non possono essere risolti attraverso condotte illecite, se non in presenza di un pericolo concreto, attuale e inevitabile di un danno grave alla persona. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

La difficoltà economica permanente può giustificare l’occupazione abusiva di un immobile?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che lo stato di necessità si applica solo in caso di un pericolo attuale e imminente di un danno grave alla persona, non per risolvere esigenze abitative derivanti da una condizione di difficoltà economica stabile.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due ragioni: il primo motivo era una semplice ripetizione di argomentazioni già respinte in appello, mancando di una critica specifica alla sentenza impugnata; il secondo motivo era manifestamente infondato perché in contrasto con i principi consolidati della giurisprudenza sullo stato di necessità.

Cosa si intende per ‘stato di necessità’ secondo la giurisprudenza citata?
Lo stato di necessità (art. 54 c.p.) è una causa di giustificazione che esclude la punibilità solo quando l’azione illegale è l’unico modo per salvarsi da un pericolo imminente di un danno grave alla persona. Non può essere invocato per difficoltà economiche, per quanto serie, che non presentino tale carattere di imminenza e gravità del danno personale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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