Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24050 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24050 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DEL NOME nato a SAN SEVERO il 02/08/1990
avverso la sentenza del 05/11/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di Del Giudice NOME;
Ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta violazione di legge per mancata applicazione della causa di giustificazione di cui all’art. 54 cod. pen. nel giudizio di responsabilità per il reato di cui agli artt. 633-639-bis cod. pen., non è consentito perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
in particolare la corte di Appello ha fornito un’adeguata rassegna degli elementi necessari per la configurazione della suddetta scriminante, non ravvisandoli, tuttavia, nel caso di specie (si veda, sul punto, pag. 2 della sentenza impugnata); infatti, per costante orientamento giurisprudenziale, sebbene lo stato di necessità possa a ragione essere invocato per la tutela di diritti fondamentali dell’individuo, coessenziali alla vita e all’integrità fisica – tra cui rientra il all’alloggio – è necessario che, essendo una norma di carattere eccezionale, essa possa essere applicata “solo in presenza del pericolo attuale di un danno grave alla persona, non coincidendo la predetta causa di giustificazione dello stato di necessità con l’esigenza dell’agente di reperire un alloggio e risolvere i propri problemi abitativi: ne deriva che l’abusiva occupazione di un bene immobile può risultare scriminata dallo stato di necessità conseguente al pericolo di danno grave alla persona, sempre che ricorrano, per tutto il tempo dell’illecita occupazione, gli altri elementi costitutivi della scriminante, quali l’assoluta necessità della condotta e l’inevitabilità del pericolo, e quindi che la causa di giustificazione de qua può essere invocata solo in relazione ad un pericolo attuale e transitorio e non per sopperire alla necessità di reperire un alloggio al fine di risolvere in via definitiv le proprie esigenze abitative” (ex multis, Sez. 2, n. 4292 del 21/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251800; Sez. 2, n. 10694 del 30/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278520); ad avviso della giurisprudenza di legittimità, dunque, occorre ravvisare elementi da cui dedurre il perdurante stato di necessità per causa non dipendente dal soggetto agente, come ad esempio la domanda di un alloggio legittimo o la richiesta di assistenza sociale. Nel caso di specie nulla di tutto ci appare ravvisabile, in quanto gli imputati si sono limitati ad occupare un’abitazione a causa di una situazione familiare ed economica di estremo disagio, senza tuttavia allegare fatti ulteriori in grado di integrare la scriminante in questione, come correttamente rilevato nella sentenza impugnata (si veda, in proposito, pag. 2); Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Considerato che il secondo motivo di ricorso, che contesta l’omessa
applicazione della fattispecie di particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131- cod. pen. è, non solo generico per indeterminatezza perché privo dei requisiti
prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli
elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato,
ma anche inammissibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di
merito dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso
la sentenza oggetto di ricorso;
Sul punto, sebbene la giurisprudenza di legittimità ammetta la possibilità di applicare l’art. 131
bis cod. pen. anche alla fattispecie in esame (si veda, sul punto,
Sez. 2, n. 29989 del 20/10/2020, Timpiranza, non mass.), è tuttavia sempre necessario che il giudice di merito valuti gli indici di gravità oggettiva del reato
in relazione alla modalità della condotta e al danno prodotto alla persona offesa e il grado di consapevolezza dell’imputato, non potendo addivenire ad un giudizio basato sulla mera gravità in astratto del fatto tipico. Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha fornito congrua e adeguata motivazione in ordine ad ognuna di queste circostanze (si vedano, a tal proposito, pagg. 3-4), rimanendo perciò precluso in questa sede censurare vizi ulteriori che non attengano alla completezza o logicità del provvedimento impugnato ma che, come nel ricorso in questione, si limitino a riproporre questioni di fatto già proposte, e disattese, in appello;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Il Presidente
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2025
DEPOSITATA
tensore