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Stato di necessità: non basta dirsi indigenti

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per non aver versato una cauzione imposta da una misura di prevenzione. L’imputato aveva invocato lo stato di necessità per indigenza, ma la Corte ha ribadito che una semplice affermazione non è sufficiente. È necessario dimostrare concretamente di aver tentato di reperire le risorse, ad esempio cercando un lavoro o chiedendo una rateizzazione. Il ricorso è stato respinto in toto, confermando la condanna.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Stato di Necessità per Indigenza: Non Basta Affermarlo, Serve la Prova

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i requisiti per invocare lo stato di necessità a causa di difficoltà economiche. La Suprema Corte ha stabilito che non è sufficiente una mera dichiarazione di indigenza per giustificare il mancato adempimento di un obbligo di legge, ma è necessario fornire prove concrete dei tentativi effettuati per superare tale situazione. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado alla pena di sei mesi di arresto per aver violato le prescrizioni di una misura di prevenzione. Nello specifico, l’imputato non aveva versato la cauzione impostagli, giustificando tale inadempienza con la propria condizione di difficoltà economica.

Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali: il mancato riconoscimento dello stato di necessità, la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e, infine, il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.

I Motivi del Ricorso: una Difesa a 360 Gradi

La difesa ha articolato il suo ricorso su tre punti fondamentali, cercando di smontare la condanna sotto diversi profili giuridici.

Il Primo Motivo: lo Stato di Necessità

Il ricorrente sosteneva di trovarsi in uno stato di necessità a causa della sua indigenza, che gli avrebbe impedito materialmente di versare la cauzione. Secondo la difesa, questa condizione avrebbe dovuto escludere la sua colpevolezza.

Il Secondo e Terzo Motivo: Tenuità del Fatto e Attenuanti

In subordine, la difesa ha chiesto che il reato fosse considerato di ‘particolare tenuità’ ai sensi dell’art. 131-bis c.p., una norma che consente di non punire reati di minima offensività. Infine, ha lamentato il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, che avrebbero potuto comportare una riduzione della pena.

Le Motivazioni della Cassazione sullo Stato di Necessità

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, fornendo motivazioni chiare e in linea con la propria giurisprudenza consolidata.

La Corte ha ritenuto il primo motivo generico e manifestamente infondato. Ha sottolineato che, secondo un orientamento costante, la prova dell’impossibilità di adempiere per mancanza di risorse economiche impone un onere di allegazione specifico. Non basta una ‘apodittica affermazione di versare in uno stato di indigenza’. L’imputato deve dimostrare di aver agito per superare la difficoltà, ad esempio provando di aver cercato un lavoro (anche interno al carcere, dato il suo stato detentivo) o di aver chiesto una rateizzazione del debito. In assenza di tali prove, la scusante non può essere accolta.

Anche gli altri due motivi sono stati respinti. La Corte ha escluso la particolare tenuità del fatto, ritenendo che le caratteristiche della condotta illecita non lo consentissero. Per quanto riguarda le attenuanti generiche, i giudici hanno confermato che la decisione del giudice di merito era logica e priva di vizi, in quanto basata sulla ‘assenza di elementi positivi di valutazione’ a favore del ricorrente.

Le Conclusioni

L’ordinanza conferma un principio cruciale: nel diritto penale, le difficoltà economiche possono assumere rilevanza come causa di giustificazione, ma solo se supportate da prove concrete e specifiche. La condizione di indigenza non può essere usata come un passe-partout per eludere gli obblighi di legge. Chi invoca lo stato di necessità ha l’onere di dimostrare non solo la propria condizione di povertà, ma anche di aver fatto tutto il possibile per adempiere, attivandosi per trovare una soluzione. La decisione della Cassazione, dichiarando il ricorso inammissibile e condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda, serve da monito sulla necessità di una difesa diligente e ben argomentata.

Per invocare lo stato di necessità a causa di problemi economici è sufficiente dichiararsi indigente?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha chiarito che una semplice affermazione è ‘apodittica’ e non basta. È necessario fornire prove concrete che dimostrino non solo l’indisponibilità di risorse, ma anche i tentativi attivi per reperirle, come la richiesta di lavoro o di rateizzazione del debito.

Quando un reato può essere considerato di ‘particolare tenuità’ secondo la Corte?
La Corte ha ritenuto, in linea con i suoi precedenti, che le ‘connotazioni della condotta illecita’ in questo specifico caso non consentissero di qualificare l’offesa come di particolare tenuità. La valutazione, quindi, dipende strettamente dalle caratteristiche concrete del reato commesso e non è applicabile in modo generalizzato.

Cosa deve fare il giudice per negare le circostanze attenuanti generiche?
Il giudice non è tenuto a esaminare ogni singolo elemento a favore o sfavore dell’imputato. È sufficiente che motivi la sua decisione facendo riferimento agli elementi ritenuti decisivi. In questo caso, la ‘assenza di elementi positivi di valutazione’ è stata considerata una motivazione logica e sufficiente per negare le attenuanti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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