Stato di Necessità: Quando l’Occupazione di un Immobile Non è Giustificata
L’occupazione abusiva di un immobile è un reato, ma la legge prevede una causa di non punibilità quando il fatto è commesso in stato di necessità. Tuttavia, questa scriminante non può essere invocata indiscriminatamente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 44855/2024) ha ribadito i confini rigorosi di questa esimente, chiarendo che una condotta prolungata nel tempo e la mancanza di una prova di assoluta indigenza ne impediscono l’applicazione.
I Fatti del Caso in Esame
Il caso trae origine dal ricorso presentato da una persona condannata nei primi due gradi di giudizio per l’occupazione illegale di un immobile. La difesa della ricorrente si basava principalmente su due argomenti: l’applicazione dello stato di necessità (art. 54 c.p.) e l’eccessività della pena pecuniaria inflitta. La ricorrente sosteneva di aver agito spinta da una condizione di bisogno che avrebbe dovuto giustificare la sua condotta. La Corte d’Appello aveva già respinto tali argomentazioni, confermando la condanna.
L’Analisi della Cassazione e lo Stato di Necessità
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo importanti chiarimenti sull’interpretazione dello stato di necessità. I giudici hanno sottolineato che i motivi presentati dalla ricorrente erano una mera “pedissequa reiterazione” di argomenti già esaminati e motivatamente respinti dalla Corte di merito.
La Cassazione ha evidenziato due ragioni principali per escludere la scriminante:
1. Mancanza del requisito della transitorietà: Lo stato di necessità presuppone una situazione di pericolo attuale e transitorio. L’occupazione dell’immobile, protrattasi per “svariati mesi”, non può essere considerata una risposta temporanea a un’emergenza, ma una situazione stabile e duratura, incompatibile con la natura della scusante.
2. Assenza di prova di assoluta impossidenza: La difesa non è riuscita a dimostrare una condizione di indigenza totale. Anzi, la Corte ha richiamato degli accertamenti finanziari, effettuati per la concessione del patrocinio a spese dello Stato, dai quali erano emerse fonti di reddito. Questo elemento ha smentito l’esistenza di quella “assoluta impossidenza” che è condizione imprescindibile per giustificare un’azione altrimenti illegale.
La Valutazione della Pena Pecuniaria
Anche il terzo motivo di ricorso, relativo all’eccessività della sanzione pecuniaria, è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha ribadito un principio consolidato: la determinazione della pena (la cosiddetta “graduazione”) rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito.
Finché il giudice esercita tale potere rispettando i criteri legali (artt. 132 e 133 c.p.) e fornisce una motivazione logica, la sua decisione non è sindacabile in sede di legittimità. Nel caso specifico, la pena era stata commisurata tenendo conto di elementi concreti come la durata dell’occupazione, il danno arrecato all’ente proprietario e la capacità patrimoniale, seppur limitata, dell’imputata.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione rigorosa dei presupposti dello stato di necessità e sul rispetto della discrezionalità del giudice di merito. Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché non affrontava criticamente le ragioni della sentenza d’appello, limitandosi a riproporre le stesse difese. Lo stato di necessità è stato escluso perché la condotta dell’imputata non era né transitoria né supportata da una prova di totale indigenza. La determinazione della pena, essendo stata motivata in relazione a criteri oggettivi come la durata e il danno, è stata ritenuta insindacabile.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza della Cassazione rafforza un orientamento giurisprudenziale chiaro: lo stato di necessità è un’ancora di salvezza per situazioni eccezionali e immediate, non uno strumento per legittimare condizioni di illegalità prolungate nel tempo. La decisione sottolinea che le difficoltà economiche, per quanto reali, non giustificano automaticamente la commissione di reati se non raggiungono il livello di un’assoluta e inevitabile costrizione. Per gli operatori del diritto, ciò conferma l’importanza di presentare in Cassazione motivi di ricorso specifici e critici verso la decisione impugnata, evitando la semplice ripetizione di argomenti già sconfessati. Per i cittadini, ribadisce che la legge pone limiti precisi anche alle azioni dettate dal bisogno.
Un’occupazione di un immobile che dura per molti mesi può essere giustificata dallo stato di necessità?
No. Secondo l’ordinanza, la protrazione dell’occupazione per svariati mesi esclude la transitorietà della condotta, che è un requisito fondamentale per poter invocare lo stato di necessità previsto dall’art. 54 del codice penale.
La difficoltà economica è sufficiente per provare lo stato di necessità in un caso di occupazione?
Non necessariamente. Nel caso specifico, la Corte ha evidenziato che accertamenti finanziari avevano rivelato fonti di reddito, smentendo la tesi di un’assoluta impossidenza. Pertanto, la semplice difficoltà economica non basta se non si prova un’impossibilità totale di trovare alternative.
È possibile contestare in Cassazione l’importo di una pena pecuniaria ritenuta troppo alta?
Generalmente no, se la decisione del giudice di merito è motivata. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile questo motivo di ricorso, ribadendo che la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice, il quale deve basarsi su elementi come la durata del reato e il danno causato, come previsto dagli artt. 132 e 133 del codice penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44855 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44855 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a LIVORNO il 16/06/1989
avverso la sentenza del 11/03/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME COGNOME, ritenuto che il primo e il secondo motivo di ricorso, che contestano la mancata applicazione dell’art. 54 cod. pen., sono fondati su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli, fattuali, già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, senza confrontarsi con l’effettivo tenore della motivazione (cfr. pp. 3-4, in merito alla ininterrotta protrazione dell’occupazione per svariati mesi, cosicché, esclusa la transitorietà della condotta, non può ipotizzarsi lo stato di necessità; d’altronde, gli accertamenti finanziari per il patrocinio a spese dello Stato avevano condotto alla revoca del beneficio in presenza di fonti di reddito sopra soglia, con quanto ne consegue in tema di carenza di prova dell’assoluta impossidenza);
considerato che il terzo motivo di ricorso, che contesta l’eccessività della pena pecuniaria, non è consentito dalla legge ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.;
che nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (cfr. p. 4, ove si fa riferimento alla durata dell’occupazione, al danno cagionato all’ente proprietario e alla presumibile capacità patrimoniale dell’imputata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2024
Il Consigliere COGNOME
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Il Presi ente