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Stato di necessità: no alla scriminante per occupazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per l’occupazione abusiva di un immobile. La Corte ribadisce che per invocare lo stato di necessità non è sufficiente una generica esigenza abitativa, ma è necessario provare un pericolo attuale e grave alla persona, requisiti non dimostrati nel caso di specie. L’ordinanza sottolinea come la mera ripetizione di argomentazioni già respinte in appello renda il ricorso non specifico e quindi inammissibile.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Stato di necessità e occupazione abusiva: la Cassazione fissa i paletti

L’ordinanza in esame offre un’importante occasione per approfondire i confini applicativi della scriminante dello stato di necessità, in particolare nel contesto, socialmente sensibile, dell’occupazione abusiva di immobili. La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha ribadito la necessità di un’interpretazione rigorosa dei requisiti previsti dall’art. 54 del codice penale, respingendo l’idea che una generica difficoltà abitativa possa di per sé giustificare la commissione di un reato.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dal ricorso presentato da una persona condannata nei primi due gradi di giudizio per l’occupazione arbitraria di un appartamento di proprietà di un ente di edilizia pubblica. La difesa della ricorrente aveva fondato la propria linea argomentativa sull’esistenza di uno stato di necessità, sostenendo che l’azione illecita fosse stata l’unica alternativa possibile per far fronte a una situazione di grave disagio personale e abitativo. Tuttavia, sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano rigettato tale tesi, non ritenendo provati i presupposti della causa di giustificazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda principalmente su due rilievi. In primo luogo, i motivi del ricorso sono stati considerati una mera e ‘pedissequa reiterazione’ delle argomentazioni già presentate e puntualmente disattese dalla Corte d’Appello. In secondo luogo, e nel merito della questione, i giudici di legittimità hanno confermato la correttezza della decisione impugnata, che aveva escluso la sussistenza dei requisiti dello stato di necessità.

Le Motivazioni: i rigorosi requisiti dello Stato di Necessità

Il cuore dell’ordinanza risiede nella chiara spiegazione delle ragioni per cui la scriminante non poteva essere applicata. La Corte ha sottolineato come, secondo la consolidata giurisprudenza, l’occupazione di un immobile rientra nella previsione dell’art. 54 c.p. solo a condizioni ben precise. Non è sufficiente l’esigenza di ‘reperire un alloggio e risolvere i propri problemi abitativi’. È invece indispensabile dimostrare la sussistenza di un ‘pericolo attuale di un danno grave alla persona’.

La Corte d’Appello, secondo la Cassazione, ha correttamente ritenuto non sufficientemente provati due elementi cardine:

1. L’attualità del pericolo: il pericolo non può essere futuro, potenziale o semplicemente temuto, ma deve essere imminente e concreto al momento della condotta illecita.
2. La transitorietà del pericolo: la situazione di necessità deve avere carattere temporaneo, altrimenti l’occupazione si trasformerebbe in una soluzione stabile e definitiva a un problema abitativo, snaturando la funzione della scriminante.

Il ricorso è stato quindi giudicato non specifico, poiché non ha mosso una critica argomentata alla sentenza di secondo grado, ma si è limitato a riproporre tesi già motivatamente respinte.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale molto rigoroso in materia di stato di necessità applicato all’emergenza abitativa. Le implicazioni pratiche sono significative: chi occupa un immobile invocando questa causa di giustificazione ha l’onere di fornire una prova stringente e dettagliata non solo della propria condizione di bisogno, ma soprattutto dell’esistenza di un pericolo immediato e grave per la propria incolumità fisica, che non poteva essere evitato in altro modo. La semplice mancanza di una casa, per quanto socialmente rilevante, non integra automaticamente i presupposti per la non punibilità del reato di occupazione abusiva.

L’occupazione abusiva di un immobile può essere giustificata dallo stato di necessità?
Sì, ma solo a condizioni molto rigorose. È necessario che l’occupazione sia l’unico modo per salvarsi da un pericolo attuale, non volontariamente causato, di un danno grave alla persona.

Quali sono i requisiti essenziali per invocare lo stato di necessità in caso di occupazione?
I requisiti fondamentali, la cui prova non è stata ritenuta sufficiente nel caso di specie, sono l’attualità del pericolo (deve essere imminente e non solo potenziale) e la sua transitorietà. Una necessità abitativa cronica non rientra in questa fattispecie.

La semplice difficoltà a trovare un alloggio è sufficiente per giustificare un’occupazione abusiva?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la scriminante dello stato di necessità non coincide con la generica esigenza di reperire un alloggio o di risolvere i propri problemi abitativi. È richiesto un ‘quid pluris’, ovvero un pericolo grave e concreto per la persona.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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