Stato di Necessità nell’Immigrazione: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, offrendo importanti chiarimenti sui limiti del ricorso e sulla corretta applicazione della scriminante dello stato di necessità immigrazione. La decisione sottolinea un principio fondamentale: le difese, per essere accolte, devono essere supportate da prove concrete e non possono basarsi su mere affermazioni. Il caso in esame ha visto la Suprema Corte dichiarare inammissibile il ricorso di due imputati, confermando la loro condanna.
Il Contesto del Caso Giudiziario
Due soggetti erano stati condannati nei primi due gradi di giudizio per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, in concorso tra loro e con circostanze aggravanti. Gli imputati hanno presentato ricorso per Cassazione, basando la loro difesa principalmente su due argomenti: il presunto mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e, soprattutto, l’erronea esclusione della causa di giustificazione dello stato di necessità. Sostenevano, in pratica, di essere stati costretti a commettere il reato per salvarsi da un pericolo grave e imminente.
La Valutazione dello Stato di Necessità Immigrazione
Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella valutazione della difesa basata sullo stato di necessità immigrazione. La Corte ha rilevato che il motivo di ricorso era manifestamente infondato. I giudici di merito avevano già ampiamente e logicamente motivato l’esclusione di tale scriminante. Dalle testimonianze raccolte, infatti, non solo non emergeva alcuna prova a sostegno dello stato di necessità, ma erano emersi elementi di segno contrario.
In particolare, i migranti trasportati a bordo dell’imbarcazione avevano dichiarato che gli imputati non erano stati maltrattati dai trafficanti libici e, anzi, mantenevano con questi ultimi costanti contatti e comunicazioni. Questo comportamento differiva nettamente da quello subito dagli altri passeggeri, indebolendo radicalmente la tesi di una costrizione irresistibile. La Corte ha quindi concluso che i ricorrenti stavano, in realtà, chiedendo una nuova e diversa valutazione delle prove, attività preclusa in sede di legittimità.
I Limiti del Giudizio di Cassazione
L’ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione è giudice della legge, non del fatto. Il suo compito non è quello di riesaminare le prove e decidere se avrebbe raggiunto una conclusione diversa, ma di verificare se i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente le norme giuridiche e se la loro motivazione sia logica e priva di vizi.
Nel caso specifico, i ricorrenti, pur lamentando formalmente una violazione di legge, hanno in sostanza sollecitato la Corte a una “inammissibile differente valutazione degli elementi processuali”. Questo tipo di richiesta esula completamente dalle competenze della Cassazione e conduce, come in questo caso, a una inevitabile dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha smontato punto per punto i motivi del ricorso. Per quanto riguarda le attenuanti generiche, la doglianza è stata ritenuta “totalmente infondata” poiché, contrariamente a quanto sostenuto, le attenuanti erano già state riconosciute a entrambi gli imputati nella sentenza impugnata. Sullo stato di necessità, la motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata adeguata, esente da vizi logici e basata su elementi concreti che contraddicevano la tesi difensiva. L’assenza di prove della costrizione e la presenza di prove di una collaborazione con i trafficanti hanno reso la difesa insostenibile. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché mirava a un riesame del merito, non consentito in sede di legittimità.
Le Conclusioni
La decisione ha implicazioni pratiche rilevanti. In primo luogo, conferma che per invocare con successo una causa di giustificazione come lo stato di necessità è indispensabile fornire prove concrete e credibili. Le semplici allegazioni non sono sufficienti, specialmente se smentite dalle risultanze processuali. In secondo luogo, l’ordinanza serve da monito sulla corretta impostazione del ricorso per Cassazione: esso deve concentrarsi su specifiche questioni di diritto e non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. La dichiarazione di inammissibilità ha comportato per i ricorrenti la condanna al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma a favore della Cassa delle ammende, a riprova della serietà con cui l’ordinamento sanziona i ricorsi presentati senza fondamento.
Perché il ricorso basato sullo stato di necessità è stato respinto?
La Corte ha respinto il motivo relativo allo stato di necessità perché non era supportato da alcuna prova. Al contrario, le testimonianze dei migranti trasportati indicavano che gli imputati non erano stati maltrattati e mantenevano contatti con i trafficanti, facendo così venir meno i presupposti della costrizione e del pericolo imminente.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove o i fatti di un processo. Il suo ruolo è quello di giudice di legittimità, ovvero di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione delle sentenze precedenti. Chiedere una diversa valutazione delle prove, come nel caso di specie, rende il ricorso inammissibile.
Quali sono state le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa condanna è una conseguenza prevista dalla legge (art. 616 c.p.p.) quando un ricorso viene respinto per colpa del ricorrente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32697 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32697 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA HAMED NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/12/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
P
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati i ricorsi e la sentenza impugnata che ha confermato il giudizio di penale frioh étn n ad responsabilità nei confronti di NOME e da NOMENOME per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 12, comma 3 lett. a) e b) e comma 3-bis, d.lgs. n. 286/98;
Rilevato che i ricorsi proposti dagli imputati (che pongono le medesime questioni) sono manifestamente infondati;
Considerato, anzitutto, che le attenuanti generiche sono state riconosciute ad entrambi gli imputati, di talché il motivo con il quale si lamenta il loro diniego è totalmente infondat sentenza impugnata);
Rilevato, inoltre, che quanto al mancato riconoscimento della scriminante dello stato di necessità la Corte territoriale, con motivazione adeguata ed esente da vizi logici, ha evidenzia che mancava alcuna prova al riguardo e che, al contrario, i migranti (del Bangladesh) trasportat a bordo della imbarcazione condotta dagli odierni ricorrenti avevano riferito che gli imputati n erano stati maltrattati dai trafficanti libici con i quali avevano costanti rapporti di comunica a differenza di quanto avvenuto per tutti gli altri trasportati;
Considerato, quindi, che i ricorrenti – pur lamentando la violazione di legge ed il vizi motivazione – sollecitano a questa Corte una inammissibile differente valutazione degli elementi processuali, rispetto a quella coerentemente svolta dal giudice a quo;
Ritenuto che i ricorsi devono essere, pertanto, dichiarati inammissibili e che i ricorre devono essere condannati, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento dell spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nella presentazione del ricorso (Corte Cost. n. 186 del 2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma l’ GLYPH ettembre 2025.