Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 342 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 342 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/11/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
DOMENICO FIORDALISI NOME COGNOME
EVA TOSCANI
– Relatore –
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME NOME COGNOME nato il 14/12/1987 NOME COGNOME nato il 26/09/1988 NOME COGNOME nato il 07/07/1982
avverso la sentenza del 06/03/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
Letta la memoria del difensore, avv. NOME COGNOME che ha insistito nei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 6 marzo 2024, la Corte di appello di Palermo ha parzialmente riformato la sentenza del Giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Agrigento che, a seguito di giudizio abbreviato, aveva ritenuto NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOMEoltre che NOMECOGNOME NOME COGNOME e NOME) responsabili dei reati di cui agli artt. 110 cod. pen., 12, commi 3 lett. a), b), d), 3 bis e 3 ter lett. b) d.lgs. n. 286/98 (atti diretti a procurare l’ingresso illegale di piø di 70 cittadini extracomunitari a bordo di imbarcazione in precarie condizioni di sicurezza) e agli artt. 110, 586 e 589 cod. pen. (aver cagionato la morte di NOME COGNOME costretto a viaggiare nella stiva dell’imbarcazione); esclusa la contestata circostanza aggravante della finalità di trarre profitto e unificati i reati in concorso formale, la Corte ha rideterminato la pena loro rispettivamente inflitta in anni cinque, mesi cinque, giorni dieci di reclusione ed € 1.000.000,00 di multa.
Le condotte loro contestate sono state ritenute dimostrate dalle dichiarazioni dai migranti che avevano viaggiato sull’imbarcazione, sentiti nell’immediatezza dopo lo sbarco e alcuni di essi anche in sede di incidente probatorio.
Il 20/01/2022 la Guardia di Finanza di Lampedusa aveva intercettato a circa 9 miglia nautiche
dal porto dell’isola un’imbarcazione di legno lunga circa 10 metri con a bordo 72 migranti; la sproporzione tra le persone a bordo e le dimensioni del natante, unitamente alla scarsa gallegiabilità dello stesso, comportava oggettivamente un alto rischio di affondamento. Inoltre a bordo, avvolto in un telo, veniva rinvenuto il corpo senza vita di uno degli imbarcati, il cittadino bengalese NOME COGNOME, deceduto nel corso della traversata.
I migranti sentiti avevano riconosciuto gli imputati come componenti del gruppo che aveva gestito l’imbarcazione durante la navigazione: NOME manteneva l’ordine, spingeva le persone sotto coperta (tra queste anche il bengalese deceduto), picchiandole per impedire loro di risalire, e provvedeva ai rifornimenti di carburante, quando necessario; mansioni analoghe e comportamenti venivano descritti anche con riguardo a NOME e NOME COGNOME.
L’imbarcazione era sprovvista di mezzi per ripararsi dal freddo per tutte le persone a bordo e aveva affrontato in queste condizioni, costringendo i migranti a rimanere nella stiva, ove mancava l’aria e si propagavano le esalazioni maleodoranti del carburante, per due giorni e due notti.
Il migrante deceduto presentava ustioni di II grado in varie parti del corpo, compatibili con l’azione vulnerante degli agenti chimici, aveva un abbigliamento che non poteva preservarlo dal freddo ed era stato piø volte visto dai testimoni mentre tentava inutilmente di prendere aria uscendo dalla stiva e veniva ricacciato in stiva.
La sua morte pertanto veniva ritenuta conseguenza non voluta dell’azione illecita di traffico di esseri umani svolta in quelle condizioni proibitive.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore, NOMECOGNOME articolando i seguenti motivi.
2.1 Con il primo lamenta violazione dell’art. 606, coma 1 lett. c) in relazione agli artt. 64, 65 e 351 cod. proc. pen., eccependo l’inutilizzabilità delle dichiarazioni testimoniali rese in mancanza del difensore nominato di NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME tutti indagati di reato connesso, nonchØ la nullità ai sensi degli artt. 178, comma 1 lett. c), e 179, comma 1, cod. proc. pen.
I suddetti dichiaranti erano stati sentiti subito dopo lo sbarco nonostante il difensore d’ufficio fosse stato avvisato tardivamente e fosse impossibilitato a presenziare. La Corte di appello aveva già rigettato l’eccezione con motivazione illogica facendo riferimento alla mancata istanza di differimento avanzata dal difensore, quando invece già dalla motivazione del giudice di primo grado risultava che il difensore aveva comunicato la sua impossibilità a recarsi a Lampedusa, dove dovevano svolgersi gli interrogatori.
Agli incombenti, nonostante questo, si era ugualmente proceduto senza che fosse emesso alcun provvedimento in ordine alle ragioni di urgenza e di indifferibilità dell’attività di indagine.
Ciò aveva determinato la nullità di quegli atti, che dovevano essere necessariamente svolti con l’assistenza del difensore. I soggetti escussi erano indagati per il reato di cui all’art. 10 bis d.lgs. n. 286/98, avendo confessato la loro intenzione di entrare illegalmente in Italia, e doveva considerarsi pacifica la connessione di tale reato ex art. 12 cod. proc. pen. o comunque un collegamento probatorio ex art. 371 bis , comma 2 lett. b), cod. proc. pen. tra questo illecito e quello per cui si procede a carico degli odierni imputati.
SicchŁ dovevano trovare applicazione le norme di garanzia di cui agli artt. 63, comma 2, 197, 208 e 210 cod. proc. pen.
Erronea sarebbe anche la considerazione della Corte di appello in ordine agli effetti della scelta del rito abbreviato, che, secondo i giudici palermitani, sarebbe valsa, ai sensi dell’art. 438, comma 6 bis cod. proc. pen., quale sanatoria della nullità. La nullità denunciata dalla difesa ricade tra
quelle generali di cui all’art. 178, comma 1 lett. c), cod. proc. pen., determinando un’inutilizzabilità patologiche, che non consentiva di recuperare quegli atti istruttori nemmeno in sede di giudizio abbreviato
2.2 Con il secondo motivo la difesa di NOME COGNOME lamenta violazione dell’art. 606, coma 1 lett. c) in relazione agli artt. 213, 214 e 217 cod. proc. pen. ed eccepisce la nullità della ricognizione svolta in incidente probatorio ex art. 392 cod. proc. pen. con conseguente inutilizzabilità ex art. 181 cod. proc. pen.
Secondo la difesa, la nullità degli interrogatori svolti nel corso delle indagini preliminari si riverbera anche sulle modalità utilizzate per effettuare il riconoscimento dall’imputato da parte dei soggetti escussi in incidente probatorio all’udienza del 06/04/2022 e nel corso della quale, in particolare, NOME COGNOME ha riconosciuto NOMECOGNOME come uno di coloro che gestivano la traversata, prima su un album fotografico e poi personalmente tra le persone presenti in aula e collocate nelle gabbie.
Non erano state osservate le disposizioni di cui agli artt. 217, comma 2, e 213, comma 3, cod. proc. pen., determinando così la nullità dell’atto.
2.3 Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione all’art. 54 cod. pen. per l’illogicità della motivazione in relazione al mancato riconoscimento della scriminante di cui all’art. 54 cod. pen.
La Corte non aveva tenuto conto del fatto che erano stati dei libici armati a fornire il mezzo della traversata e a far salire tutti nelle imbarcazioni, imponendo a ciascuno un posto assegnato. L’imputato ha agito seguendo l’imposizione di terzi e il reato di pericolo in contestazione era già determinato dal concorrere delle condotte dei libici; l’organizzazione del viaggio era attribuibile a questi ultimi e tutte le condizioni della navigazione erano fuori dal controllo dell’imputato.
Da ciò deriva anche il fatto che comunque a carico di costui non dovevano essere ritenute le circostanze aggravanti a lui applicate, poichØ egli non era armato e non aveva dato alcun concreto contributo all’organizzazione del viaggio.
Avverso la sentenza anche NOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione a mezzo del medesimo difensore e con unico atto con il quale lamentano la violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen. in relazione all’art. 143 d.lgs. n. 32/2014, perchØ gli atti del procedimento di primo grado, compresa la sentenza non erano stati tradotti in lingua araba e ad essi era stato precluso il piø ampio esercizio di difesa.
Il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha depositato requisitoria scritta e ha chiesto il rigetto dei ricorsi. I difensori degli imputati ciascuno con propria memoria hanno insistito nell’accoglimento dei propri ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati e vanno pertanto respinti.
E’ infondato il ricorso proposto nell’interesse di NOMECOGNOME
2.1 Con il primo motivo lamenta l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dai testi sentiti al momento dello sbarco perchØ l’avviso al difensore non aveva consentito a quest’ultimo di recarsi a Lampedusa per assistere all’atto.
Tuttavia costoro erano stati sentiti ai sensi dell’art. 351, comma 1 bis , cod. proc. pen. (essendo il reato che a loro poteva essere contestato solo collegato con quello per cui si procede) e tale disposizione prevede a pena di inutilizzabilità che si rivolgano gli avvisi al soggetto interrogato e che
sia dato un avviso tempestivo al difensore. La presenza del difensore non Ł prevista a pena di nullità, limitandosi la norma ad affermare che il difensore, avvisato, ha diritto di partecipare.
La questione inerente alla tempestività dell’avviso e la possibilità per il difensore di raggiungere il luogo dove si sarebbe svolto l’interrogatorio Ł questione di fatto congruamente esaminata dai giudici di merito.
Dalla motivazione emerge che il difensore d’ufficio era stato avvisato il giorno precedente al primo interrogatorio, che si sarebbe svolto alle 9,30 del mattino, ma quelli successivi si erano svolti nel pomeriggio e poi nei giorni a seguire. Il difensore si era limitato a comunicare di non poter presenziare ma non aveva chiesto un differimento nØ aveva dedotto di volere comunque esercitare il diritto di essere presente, sottoponendo tempestivamente all’autorità che stava investigando le ragioni dell’impedimento; tanto piø che questo impedimento avrebbe potuto assumere rilievo solo per uno degli interrogatori e non per quelli che si svolgevano in tempi diversi, successivi o precedenti.
Per come Ł formulata la disposizione normativa dell’art. 351, comma 1 bis , cod. proc. pen., può trovare applicazione anche in questo caso il principio posto da Sez. 2, n. 39474 del 03/07/2014, Rv. 260785-01, per l’ipotesi di interrogatorio dinanzi al pubblico ministero: «in sede di interrogatorio dinanzi al P.M., l’assenza del difensore, ritualmente e tempestivamente avvisato, non ne determina di per sØ la nullità per difetto di assistenza all’indagato, essendo tale sanzione espressamente comminata con riferimento alle ipotesi in cui la presenza del difensore Ł obbligatoria. (Fattispecie nella quale il P.M. ha respinto l’istanza di differimento dell’interrogatorio ad altra data avanzata dal difensore di fiducia, procedendovi in assenza di quest’ultimo, senza nominare in sostituzione un difensore d’ufficio)»
A ciò si aggiunga che la censura risulta generica perchØ non deduce lo specifico interesse che la sorregge.
I verbali dei quali si sostiene l’inutilizzabilità contengono le dichiarazioni rese dai migranti NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME
NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME sono stati poi sentiti in incidente probatorio e le dichiarazioni in quella sede sono state valorizzate ai fini dell’accertamento della responsabilità di tutti gli imputati. A carico di costoro la Corte di appello valorizza solo in aggiunta le dichiarazioni di NOME COGNOME uno dei soggetti che non Ł stato escusso in incidente probatorio.
SicchŁ, anche a volere ritenere queste ultime dichiarazioni inficiate da qualche vizio, il quadro probatorio descritto nella decisione impugnata non risulterebbe in alcun modo contraddetto, nØ irrimediabilmente destrutturato.
2.2 Il secondo motivo, che eccepisce la nullità della ricognizione svolta in incidente probatorio, Ł manifestamente infondato alla luce della costante giurisprudenza: «in tema di ricognizione personale, l’inosservanza delle formalità previste dagli artt. 213 e 214 cod. proc. pen., relative alla partecipazione di persone il piø possibile somiglianti a quella sottoposta a ricognizione, al fine di garantire la genuinità e l’attendibilità della prova, non costituisce causa di nullità o inutilizzabilità dell’atto» (Sez. 2, n. 35425 del 13/07/2022, Rv. 283537 – 01; così anche sez. 2, n. 40081 del 04/07/2013, Rv. 257069 – 01; sez. 6, n. 44595 del 08/10/2008, Rv. 241655 – 01).
2.3 Il terzo motivo Ł ampiamente rivalutativo e non si confronta con la ricostruzione articolata logicamente dai giudici di merito, incompatibile con l’inquadramento della condotta degli imputati nel novero degli interventi necessitati, visto che il loro comportamento mostrava il pieno controllo delle dinamiche di gestione dell’imbarcazione nella sua precarietà e pericolosità.
Vale il principio per il quale «in tema di stato di necessità, il pericolo attuale di un danno grave alla persona, non altrimenti evitabile, non deve essere stato causato volontariamente o colposamente dal soggetto che compie l’intervento necessitato e deve, altresì, essere indipendente dalla sua volontà» (Sez. 1, n. 51159 del 12/10/2023, Rv. 285611 – 01 con riguardo alle condotte di soggetti che svolgono attività di direzione della navigazione su indicazioni impartitegli dai trafficanti libici).
La censura si basa su una ricostruzione dei fatti che non tiene conto delle dichiarazioni dei soggetti trafficati, i quali hanno riferito specifici comportamenti degli imputati indicativi della piena condivisione delle finalità di coloro che avevano predisposto l’imbarcazione presso il porto di partenza. NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME ciascuno con particolari diversi ma tutti con ricostruzioni convergenti, nell’indicare i compiti svolti dagli imputati durante la traversata, hanno riferito di loro comportamenti violenti e soggioganti, adottati senza la pressione di alcuno e al solo fine di impedire ai migranti, e in particolare anche alla vittima del reato di cui all’art. 586 cod. pen. di salire sul ponte a prendere aria, picchiandoli brutalmente.
Il comportamento di chi all’interno di una precaria imbarcazione predisposta per una pericolosa traversata in mare aperta procura lesioni ad altri migranti, li sottopone a violenza e li costringe a rimanere sottocoperta, non può essere giustificata ai sensi dell’art. 54 cod. pen.
La situazione in cui versavano gli imputati – anche a voler svalutare gli indizi valorizzati dai giudici di merito che traggono dal loro comportamento elementi dimostrativi della piena e previa adesione al programma criminoso dei trafficanti – deve considerarsi assimilabile a quella per la quale Sez. 6, n. 24225 del 16/03/2021, Rv. 281526 – 01 ha affermato: «la scriminante dello stato di necessità Ł configurabile a condizione che l’agente non abbia altra scelta all’infuori di quella di subire il conseguente danno o di porre in essere l’azione che gli si imputa come reato e sempre che tra il pregiudizio temuto e l’azione di difesa sussista un giusto rapporto di proporzione. (Fattispecie in cui Ł stata esclusa la configurabilità della scriminante di cui all’art. 54 cod. pen. con riferimento alle condotte di sevizie e di torture perpetrate da un soggetto ristretto in un campo di prigionia per migranti che, per ottenere la sua liberazione ed un miglior trattamento, aveva collaborato con i carcerieri ponendo in essere gravi condotte criminose in danno di altri prigionieri, sul presupposto della ritenuta insussistenza della mancanza di alternativa alla commissione delle crudeli vessazioni, nonchØ della sproporzione tra il pericolo paventato e le indicibili crudeltà commesse).(Conf., Sez. 4, n. 8471 del 1973, Rv. 125559-01)»
3. E’ infondato anche il ricorso degli altri due imputati, che lamentano che la Corte di Appello di Palermo non ha annullato la sentenza di primo grado, perchØ non tradotta nella lingua conosciuta dagli imputati.
Al di là del fatto che durante il processo sono stati sempre assistiti da interprete, va detto che non risulta che essi abbiano eccepito la nullità della sentenza di primo grado dinanzi alla Corte di appello. Pertanto, anche ad accedere all’orientamento che ritiene doverosa la traduzione anche se non vi Ł stata richiesta dell’imputato, deve ribadirsi che «l’omessa traduzione della sentenza di appello all’imputato alloglotto che non comprende la lingua italiana integra una nullità generale a regime intermedio, ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in quanto viola il diritto di difesa funzionale all’esercizio consapevole dell’impugnazione di legittimità, il cui termine di decorrenza rimane conseguentemente sospeso fino alla notifica all’interessato della sentenza tradotta» (Sez. 6, n. 20679 del 02/05/2024, Rv. 286480 – 01).
Tale nullità afferente il giudizio di primo grado viene fatta valere dopo la sentenza di secondo grado, quando oramai l’eventuale vizio deve intendersi sanato. E da questo deriva l’infondatezza della doglianza.
I ricorsi devono essere pertanto respinti con conseguente condanna dei ricorrenti alle spese del giudizio.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 15/11/2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
COGNOME